Monia Benini non è una
paranoica complottista eppure ha centrato in pieno il criterio
problema-reazione-soluzione (vedere link dell'esperto David Icke) che gli schifosissimi Illuminati hanno
sempre usato per giustificare il terrorismo. La Benini ha un
curriculum impressionante visibile a tutti sul suo sito e nel
seguente video cita un libro dove si spiega chiaramente come gli
attentati dell'undici Settembre, il caos in Libia, Egitto, Iraq e
adesso in Siria siano stati tutti programmati. Insomma una conferma
alle accuse che i complottisti sul Nuovo Ordine Mondiale fanno da
tempo, accuse confermate però da una che invece ha ben saldi i
piedi in terra.
Pubblicato il 11 set 2013
www.ilpuntotv.it - Una criminale pianificazione di attentati contro i propri cittadini, unita all'utilizzo del terrorismo su scala mondiale per giustificare le guerre di aggressione statunitensi proibite dal diritto internazionale. E ancora, le bugie di un sistema che ci schiavizza o la distrazione di massa con argomenti futili, mentre il nostro paese va a fondo. Le menzogne di un sistema dal quale possiamo liberarci solo se ci rendiamo conto di esserne prigionieri.
Questa non me l'aspettavo! Che il noto esorcista padre Amorth si intendesse, in qualche modo, del Nuovo Ordine Mondiale dichiarando pubblicamente che "la Massoneria comanda il mondo" (vero, sono l'esercito segreto che opera per conto di chi è al vertice della piramide, gli schifosissimi Illuminati) era una cosa che non sapevo. Altre importanti avvisi su come difendersi da Satana.
Lungo il suo cammino V si imbatte nella giovane Evey Hammond,
una ragazza orfana che per sopravvivere nasconde il suo odio profondo
nei confronti dell'attuale governo (i suoi genitori erano dissidenti,
mentre il fratello morì in un attacco biologico). Il primo incontro di V
con Evey avviene nella sera del 4 novembre 2019, quando V salva la ragazza da un tentativo di stupro da parte di tre membri dei Castigatori,
la polizia segreta del governo. In questa occasione V uccide i
Castigatori e invita Evey ad assistere ad un "concerto".
Pochi minuti
dopo, al suono delle campane che indicano il passaggio dal 4 al 5
novembre (in memoria della congiura delle polveri di Fawkes), V attiva le cariche da demolizione che aveva piazzato nell'Old Bailey e diffonde, tramite altoparlanti nelle strade, l'Ouverture 1812 di Pëtr Il'ič Čajkovskij."
L'INNO DELLA RESISTENZA CONTRO IL NUOVO ORDINE MONDIALE :
Prendendo le distanze dal soggetto ribelle del film, Guy Fawkes che fu storicamente un terrorista (leggere link), ritengo questo film un esempio di ribellione al Nuovo Ordine Mondiale immaginando dietro la maschera un qualsiasi cittadino che voglia uscire dalla Matrix in cui viviamo.
V per Vendetta (V for Vendetta) è un film del 2005 diretto da James McTeigue. Il film è tratto dal romanzo graficoV for Vendetta, scritto da Alan Moore e illustrato da David Lloyd, prodotto e adattato per il grande schermo dai fratelli Wachowski. La storia è ambientata in un Regno Unito futuristico e distopico, divenuto una società totalitaria e militarizzata, governata da un regime repressivo simile a quello del romanzo 1984 di George Orwell, guidato dall'Alto Cancelliere Adam Sutler. Vi si oppone un misterioso individuo, V, un rivoluzionario con il volto sempre coperto da una maschera di Guy Fawkes. L'uscita del film, originariamente prevista per il 4 novembre 2005, fu posticipata per motivi di produzione al 17 marzo 2006. Il creatore del graphic novelAlan Moore, come nel caso di altre trasposizioni cinematografiche di sue opere (La vera storia di Jack lo squartatore, La leggenda degli uomini straordinari, Constantine e Watchmen),
si è totalmente dissociato dalla produzione, ritenendosi molto deluso
dal risultato finale della pellicola. Il disegnatore di V for Vendetta, David Lloyd, si è invece dichiarato soddisfatto del film. V for Vendetta è visto da molti gruppi politici come
un'allegoria dell'oppressione da parte dei governi; libertari e
anarchici lo hanno spesso usato per promuovere le proprie idee
politiche. David Lloyd a questo proposito dichiarò che: "La maschera di
Guy Fawkes ora è diventata un marchio collettivo e un'espressione
conveniente da usare nelle proteste contro la tirannia - ed io sono
felice che le persone la usino. Sembra una cosa di unico, che un'icona
della cultura popolare sia usata in questa maniera"
Trama
« Le parole non
perderanno mai il loro potere, perché esse sono il mezzo per giungere al
significato e, per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione
della verità. »
Fra il 2005 ed il 2015 il Regno Unito
e gran parte del resto del mondo hanno attraversato una fase bellica ed
un periodo socio-politico instabile, con proteste civili che sfociavano
spesso in guerriglie urbane. Nel 2015 un partito nazionalista,
è riuscito a ottenere un largo consenso, utilizzando la paura come
catalizzatore, organizzando attentati biologici (attribuiti a sedicenti
"terroristi"), vincendo le elezioni politiche con successo; Adam Sutler
si è fatto nominare Alto Cancelliere, instaurando un regime dittatoriale e totalitario, che perseguita gli oppositori politici e le minoranze (musulmani, ebrei, neri, omosessuali, ecc.). Altri membri importanti del partito sono Peter Creedy, a capo della polizia segreta, che ambisce però a diventare il nuovo dittatore; Lewis Prothero, influente anchorman
soprannominato "la Voce di Londra"; Dascombe, capo redazione della più
importante emittente televisiva del Paese, e infine Eric Finch,
ispettore capo della polizia di Londra che, seppur membro di "Fuoco Norreno" da ventisette anni, non ne condivide pienamente i metodi. Nel 2019 la Gran Bretagna è dunque stabilmente governata da un regimerepressivo che tiene sotto scacco l'opinione pubblica e la vita degli individui grazie al controllo assoluto sui mass media
e ad una spietata polizia segreta. Il risultato finale è la pace civile
in cambio della perdita delle libertà individuali. Il popolo decide di
accettare questo compromesso. Poco tempo dopo tuttavia il sistema viene turbato dalle azioni di un misterioso uomo di ideologia anarchica, che si presenta solo con il nominativo di V. Egli si cela dietro la sorridente maschera di Guy Fawkes, cospiratorecattolico che nel 1605 cercò di far saltare in aria il parlamento inglese con un attentato sventato all'ultimo (congiura delle polveri). V si rivela gradualmente come un uomo-cavia miracolosamente sopravvissuto a terrificanti esperimenti biologici condotti nei campi di concentramento prima della guerra civile
(che gli hanno conferito forza e agilità fuori dal comune), rimanendo
però con il corpo orribilmente ustionato in seguito ad un incendio,
apparentemente da lui organizzato per evadere. Tali esperimenti, come lo
stesso V rivelerà, erano serviti all'allora Sotto-consigliere Sutler
per sviluppare armi biologiche (e loro antidoti) onde poter fomentare il
terrore e lucrare su di esso. Lungo il suo cammino V si imbatte nella giovane Evey Hammond,
una ragazza orfana che per sopravvivere nasconde il suo odio profondo
nei confronti dell'attuale governo (i suoi genitori erano dissidenti,
mentre il fratello morì in un attacco biologico). Il primo incontro di V
con Evey avviene nella sera del 4 novembre 2019, quando V salva la ragazza da un tentativo di stupro da parte di tre membri dei Castigatori,
la polizia segreta del governo. In questa occasione V uccide i
Castigatori e invita Evey ad assistere ad un "concerto". Pochi minuti
dopo, al suono delle campane che indicano il passaggio dal 4 al 5
novembre (in memoria della congiura delle polveri di Fawkes), V attiva le cariche da demolizione che aveva piazzato nell'Old Bailey e diffonde, tramite altoparlanti nelle strade, l'Ouverture 1812 di Pëtr Il'ič Čajkovskij. Lo stesso 5 novembre, V attacca la principale emittente televisiva
governativa BTN (British Television Network). Evey, che lavora in questo
luogo, viene coinvolta suo malgrado da V nello scontro con la polizia e
rimane ferita. V la porta quindi nel suo rifugio, la Galleria delle Ombre (Shadow Gallery),
per sottrarla all'arresto. Inizia così il complesso rapporto tra la
ragazza e il suo salvatore, il quale non esita ad uccidere spietatamente
i suoi nemici per raggiungere i propri obiettivi. Nel frattempo il governo incarica l'ispettore capo Eric Finch di
scovare il pericoloso terrorista e assicurarlo alla giustizia, anche a
seguito di una misteriosa catena di omicidi rivendicati da V. Tuttavia,
poco a poco, il poliziotto capisce che varie cose non quadrano e,
indirizzato suo malgrado dagli indizi lasciati da V, arriva vicino ad
intuire l'inquietante verità riguardo alla presa del potere da parte del
Fuoco Norreno. Una volta che Sutler capisce quanto Finch sia vicino alla verità, egli viene sollevato dal caso.
Il simbolo di V. (sulla sinistra) richiama la grafica del più famoso simbolo anarchico, la A cerchiata (sulla destra).
Contemporaneamente alle indagini di Finch, V continua la sua vendetta
personale contro coloro che, anni prima, lo avevano rinchiuso e
torturato nel campo di concentramento di Larkhill. La sua prima vittima è
Lewis Prothero, la "Voce di Londra",
ufficiale dell'esercito al tempo di Larkhill (e Comandante del corpo di
guardia del campo stesso) che fece strage di innocenti, che viene
ucciso da V in casa sua. La sua morte verrà poi giustificata dai media
come un attacco cardiaco. La sua seconda vittima è il vescovo pedofilo James Lilliman, prete al tempo di Larkhill. V si serve di Evey, facendola passare per una quindicenne, per
entrare nella stanza dove il vescovo riceve le minorenni e lo uccide. La
terza vittima di V è il medico legale Delia Surridge, dottoressa al
tempo di Larkhill. È l'unica persona dei tre a cui V concede una morte
indolore tramite veleno poiché ella si era pentita di ciò che aveva
fatto al campo di Larkhill. Ogni volta che uccide un suo nemico, V
lascia una rosa rossa Scarlet Carson sul luogo. Nel frattempo
Evey riesce a fuggire dal controllo di V e si rifugia in casa del suo
amico Gordon Deitrich, conduttore di una popolare trasmissione
televisiva. Egli accetta di ospitare la ragazza in casa sua e le mostra una
stanza segreta in cui sono contenuti una gran quantità di oggetti
proibiti dal partito, come il Corano e un ritratto satirico di Adam Sutler con il corpo della regina Elisabetta II.
Gordon, che è inoltre "fuorilegge" essendo omosessuale, viene però
arrestato e crudelmente picchiato qualche giorno dopo dai Castigatori,
comandati da Creedy, per aver mandato in onda una puntata del suo show
in cui prendeva in giro in modo satirico il Cancelliere Adam Sutler.
Anche Evey viene apparentemente catturata dai Castigatori e rinchiusa in
una cella.
La donna verrà tenuta per giorni segregata all'interno della
ridotta stanza, torturata, costretta a privazioni e in condizioni
igieniche pessime per costringerla a rivelare identità e ubicazione del
terrorista V (in quanto lei viene ormai vista come sua complice). Il suo
unico conforto è una lettera scritta su carta igienica e lasciata in un
buco del muro da Valerie Page, una donna incarcerata perché lesbica che
sembra aver occupato la cella adiacente. A seguito dell'ennesimo rifiuto della ragazza di rivelare qualcosa,
anche sotto minaccia di morte, il suo aguzzino dichiara che è libera e
può andarsene. Evey, stupita, imbocca un corridoio che la porta nella Galleria delle Ombre,
dove scopre che il suo torturatore non era altro che V stesso, che
voleva renderla una persona più forte caratterialmente e farle passare
la paura della morte. In questa occasione V confessa alla donna il suo
passato a Larkhill e le spiega che tutto ciò che ha passato lei in
quegli ultimi giorni lo ha passato anche lui allora. Le rivela inoltre
che la lettera che lei aveva trovato gli era stata data dalla vera
Valerie, sua vicina di cella al tempo di Larkhill. V la informa anche
con rammarico della morte di Gordon, ucciso dagli uomini di Creedy a
seguito della beffa nei confronti dell'Alto Cancelliere durante la
trasmissione televisiva. Finalmente giunge il 5 novembre 2020;
ad un anno dalla sua prima, clamorosa azione dimostrativa, V è pronto
per il suo atto finale. La conclusione della sua grandiosa opera
teatrale sarà la distruzione del Parlamento, simbolo supremo del marcio
che si è insediato nel paese, lanciando un treno carico di esplosivi
sotto al palazzo. Prima di fare ciò V ricatta astutamente il crudele
Creedy, portandolo a tradire Sutler. V fa uccidere Sutler da Creedy,
dopo avergli messo una rosa all'occhiello, e riesce poi, dopo un duro
scontro, ad uccidere da solo anche lo stesso Creedy e i suoi uomini,
rimanendo tuttavia gravemente ferito durante lo scontro con questi
ultimi. Ormai morente, V dichiara il suo amore per Evey, con la speranza di
non essere mai dimenticato. La ragazza, dopo avere dato l'addio al suo
mentore, aziona il treno imbottito di esplosivo diretto verso il
Parlamento, con il cadavere di V posizionato al suo interno come in una
tomba. L'ispettore Eric Finch giunge sul posto prima che Evey azioni la
leva ma non la ostacola, comprendendo l'importanza del gesto che sta per
compiere. Quella notte tutta Londra si mobilita ed indossa la maschera
di Guy Fawkes che V stesso aveva spedito giorni prima ad ogni cittadino. L'esercito, in assenza di ordini, rimane passivo e il popolo prende
pacificamente il controllo della zona, e mentre il Parlamento esplode
tra i fuochi d'artificio, i cittadini, che avevano rinunciato
simbolicamente alla loro identità indossando le maschere di V (da lui
stesso inviate a tutti i cittadini di Londra), riacquistano la propria
individualità levandosi la maschera (tra la folla mascherata sono
presenti non solo cittadini, ma anche membri dell'equipe del governo
ormai caduto e, simbolicamente, le vittime delle violenze di quegli
anni: Valerie e Ruth, Gordon, la bambina con gli occhiali). Infine,
Evey, alla domanda di Finch circa l'identità di V, risponde «Era Edmond Dantès. Ed era mio padre e mia madre, mio fratello, un mio amico, era lei, ero io, era tutti noi».
La lettera V e il numero 5
« Ma in questa notte
estremamente fausta, permettimi dunque in luogo del più consueto
nomignolo di accennare al carattere di questa "Dramatis Persona".
Voilà! Alla Vista un umile Veterano del Vaudeville, chiamato a fare le Veci sia della Vittima che del Violento dalle Vicissitudini del fato. Questo Viso non è Vacuo Vessillo di Vanità,
ma semplice Vestigia della Vox populi, ora Vuota, ora Vana. Tuttavia
questa Visita alla Vessazione passata acquista Vigore ed è Votata alla
Vittoria sui Vampiri Virulenti che aprono al Vizio, garanti della
Violazione Vessatrice e Vorace della Volontà. L'unico Verdetto è
Vendicarsi... Vendetta... E diventa un Voto non mai Vano poiché il suo
Valore e la sua Veridicità Vendicheranno un giorno coloro che sono
Vigili e Virtuosi. In Verità questa Vichyssoise Verbale Vira Verso il
Verboso, quindi permettimi di aggiungere che è un grande onore per me
conoscerti e che puoi chiamarmi V. »
Il club Bildelberg è il centro odierno di reclutamento da parte degli Illuminati fra tutte le personalità più potenti ed in vista a livello mondiale.
Daniel Estulin riuscì ad infiltrarsi come un sorcio in perfetto stile Arsenio Lupin in una loro riunione rischiando grosso.
Hanno provato a farlo tacere prima cercando di assassinarlo ma fallendo nel loro piano, poi cercarono di rapirlo ed anche qui andarono a vuoto, infine gli fu offerto un assegno in bianco ma lui prontamente rifiutò.
In sostanza è riuscito a fregare gli schifosissimi Illuminati facendogli una pernacchia come Alberto Sordi nel film I VITELLONI (vedere link).
Cos’è il Gruppo Bilderberg
La conferenza del gruppo Bilderberg è un incontro annuale al quale partecipano circa 130 persone, tramite invito, la maggior parte delle quali sono personalità influenti
nel campo economico, politico e bancario. Il gruppo si riunisce
annualmente in hotel o resort di lusso in varie parti del mondo,
solitamente in Europa, ma una volta ogni quattro anni organizza
l’incontro negli Stati Uniti o in Canada. L’Italia ha ospitato tre
vertici (Cernobbio nel 1965 e nel 1987 e Stresa nel 2004) mentre tra gli
invitati ci sono stati Mario Draghi, IgnazioVisco, Romano Prodi, EnricoLetta, Carlo De Benedetti e Gianni Agnelli. I nomi dei partecipanti sono resi pubblici attraverso la stampa, ma
la conferenza è chiusa al pubblico e ai media. Proprio perché le
discussioni non sono mai registrate o riportate all’esterno, questi
incontri sono stati oggetto di critiche e di varie teorie del complotto, come ad esempio quella sostenuta da Daniel Estulin, scrittore russo, nel libro Il Club Bilderberg.
Gli organizzatori della conferenza, tuttavia, spiegano questa loro
scelta con l’esigenza di garantire ai partecipanti maggior libertà di
esprimere la propria opinione senza la preoccupazione che le loro parole
possano essere travisate dai media.
La prima conferenza è nata per iniziativa di David Rockefeller (ti pareva! Ed ecco una famiglia degli Illuminati fare capolino! - NB).
Si tenne il 29 maggio 1954 nell’hotel de Bilderberg a Oosterbeek, vicino Arnhem, nei Paesi Bassi. Tra gli organizzatori c’era anche il politico polacco Józef Retinger. Il suo obiettivo era favorire la cooperazione tra Europa e Stati Uniti in campo politico ed economico. Per la prima conferenza furono contattati il principe olandese Bernhard van Lippe-Biesterfeld, il primo ministro belga Paul Van Zeeland e l’allora capo della multinazionale Unilever, l’olandese Paul Rijkens. Il principe Bernhard van Lippe-Biesterfeld a sua volta coinvolse Walter Bedell Smith,
capo della Cia. La lista degli ospiti fu redatta invitando due
partecipanti per ogni nazione, uno per la parte liberale e l’altro per
l’opposta parte conservatrice. In tutto furono 61 le persone invitate:
cinquanta da undici paesi europei e undici dagli Stati Uniti.
Il successo di questo primo incontro spinse gli organizzatori a
pianificare delle conferenze annuali e fu istituita una commissione
permanente. I presidenti sono stati Bernhard van Lippe-Biesterfeld
(1954–1975), Walter Scheel (1975–1977), Alec Douglas-Home (1977–1980), Eric Roll (1986–1989), Peter Carington (1990–1998) ed Étienne Davignon (1998-2001). Il gruppo è guidato dal 2001 da Henri de Castries, imprenditore francese, ex amministratore delegato di Axa.
“L’impero invisibile”, una nuova analisi sulle verità nascoste È uscito “L’impero invisibile”, l’ultima opera di Daniel Estulin, già autore di diversi libri riguardanti il Club Bilderberg ed i suoi membri. Russia, Kosovo, traffico di stupefacenti, mercanti d’armi internazionali, attentati nucleari. Il giornalista russo cerca di mettere in relazioni tutte queste tematiche, accomunate da un aspetto: la manipolazione della verità. di Francesco Bevilacqua - 13 Dicembre 2012
A circa tre anni di distanza dalla pubblicazione in Italia del suo libro “Il Club Bilderberg” (Arianna Editrice, 2009), il giornalista investigativo Daniel Estulin torna nel nostro paese con una seconda opera, “L’impero invisibile”, edito da Castelvecchi.
Il sottotitolo della pubblicazione – “La vera cospirazione di chi governa il mondo” – comunica con immediata chiarezza al lettore l’intento dell’autore: denunciare la trama dei “grandi burattinai” che da anni, lontano dalle luci della ribalta, influenzano in maniera decisiva le politiche dei governi e degli organismi sopranazionali di tutto il pianeta.
Il compito tuttavia è molto rischioso: l’autore si deve muovere mantenendo un delicato equilibrio, in bilico fra una denuncia credibile e documentata dell’operato di questi “governanti ombra” e lo sconfinamento nel territorio dei “teorici della cospirazione”, visionari interessati più al sensazionalismo gratuito che alla ricerca della verità, inevitabilmente funzionali ai poteri forti.
Estulin in realtà ha sempre arricchito in suo lavoro editoriale con una robusta mole di documenti comprovanti le sue teorie: inviti e verbali dei meeting bilderberghiani, ordinanze e mandati d’arresto, comunicati, rassegne stampa e fotografie da lui stesso scattate.
Così come “Il Club Bilderberg” infatti, anche “L’impero invisibile” può contare su un’ampia appendice con la documentazione da lui raccolta in merito agli argomenti trattati.
Entrando nel merito però, rispetto al suo lavoro precedente e all’incessante opera di sensibilizzazione e divulgazione da lui portata avanti nel corso degli ultimi anni, si nota una variazione sul tema, che rende il percorso del lettore più tortuoso e bisognoso di un attento lavoro di approfondimento e analisi, anche dopo la conclusione del libro. Questo è forse dovuto alla volontà, da parte di Estulin, di ampliare il raggio d’azione della sua ricerca.
Dopo aver seguito le mosse degli organizzatori e dei frequentatori del Club Bilderberg per diversi anni, infiltrandosi ai meeting, raccogliendo materiale documentale e scattando fotografie, il giornalista di origini russe ha ritenuto opportuno arricchire la sua attività investigativa con un’analisi che sconfina nella geopolitica, nello spionaggio e nel terrorismo internazionali, nella storia politica e addirittura nelle tecniche di guerra di massa.
Naturalmente il terreno da esplorare è vastissimo e insidioso: grazie anche alle premesse, appare chiaro a tutti come le vicende della storia moderna che sono state influenzate – se non indotte o provocate – da questo gruppo paragovernativo sono innumerevoli.
La difficoltà sta proprio nel provare a tracciare un filo logico che le unisca, costruendo un quadro coerente dal punto di vista storico, politico, militare e giudiziario. Per fare questo, Estulin individua alcuni temi chiave, ai quali dedica i diversi capitoli del suo libro: si va quindi dalla transizione dal comunismo al capitalismo della Russia alla guerra in Kosovo, dalle vicende del presunto trafficante di armi Viktor Bout alle tecniche di guerra nucleare. Minimo comune denominatore è la verità dietro la verità, ciò che non è mai stato detto riguardante gli scopi, le modalità d’azione, le persone e i governi coinvolti, a volte addirittura le conseguenze in termini di vite umane, di questa politica parallela e occulta.
A dirla tutta, l’analisi si apre con alcune affermazioni non propriamente condivisibili. Mentre è da sposare in toto la posizione di Estulin in merito alla sovranità monetaria – “qualunque nazione incapace di controllare la propria moneta non può essere sovrana e qualunque nazione che non sia sovrana è vulnerabile agli assalti e ai sovvertimenti messi in atto da questa oligarchia”, osserva nell’introduzione –, non convince l’ostilità nei confronti dell’idea di decrescita e della necessità di porre un limite allo sviluppo, così come sembra riduttiva l’etichetta attribuita a tematiche quali scarsità delle risorse, inquinamento, surriscaldamento globale, visti come specchietti per le allodole utilizzati per frenare il progresso tecnologico e controllare le popolazioni.
È forse anche sottovalutato il ruolo di paesi come la Russia o l’Iran che, pur caratterizzati da grandi contraddizioni interne, rappresentano un argine fondamentale al dilagare degli interessi delle elite globali, quantomeno dal punto di vista geopolitico e militare.
Sarebbe coerente con questa visione anche l’analisi proposta da Estulin in merito alla trasformazione dell’ex Unione Sovietica in un polo capitalistico. È interessante l’accento posto sulle storture che caratterizzano gli apparati interni della nomenklatura russa, corrotta e spesso funzionale agli interessi occidentali.
Si tratta di un aspetto che è molto utile soprattutto nel chiarire al lettore che i vari attori in gioco – i governi occidentali, gli organismi sopranazionali, le elite finanziarie, i cosiddetti “stati canaglia”, i terroristi buoni e cattivi, le opposizioni e i regimi – non rappresentano due schieramenti contrapposti e ben distinti, ma spesso si mescolano, anche in maniera trasversale. Interpretare la situazione in bianco e nero, senza saperne cogliere le sfumature, sarebbe riduttivo e fuorviante. Al tempo stesso, è sempre più difficile raccapezzarsi e individuare i reali interessi in gioco e chi li rappresenta.
Nel capitolo successivo, l’obiettivo si sposta sul Kosovo, località di fondamentale importanza strategica per via del suo posizionamento. Crocevia del passaggio dei flussi di risorse naturali, elemento potenzialmente destabilizzante in una zona dalle forti tensioni etniche e culturali, rifugio per ricchi e influenti delinquenti internazionali, negli anni novanta questo paese è stato al centro di una sanguinosa guerra, che rappresenta anche una delle operazioni mediatiche meglio riuscite mai attuate dalle potenze occidentali. Estulin è abile nell’evidenziare le contraddizioni che spesso smentiscono le versioni ufficiali, proposte dai media del mainstream e finalizzate a strumentalizzare avvenimenti comunque tragici dal punto di vista umano e civile.
Grande attenzione, nel prosieguo del libro, viene rivolta a Viktor Bout, presunto trafficante di armi internazionale, accusato dagli Stati Uniti di essere coinvolto nell’organizzazione di un attentato nucleare pianificato dalle FARC.
Oltre che sulla sua vita, l’analisi dell’autore si concentra sulla ricostruzione della vicenda giudiziaria di Bout, la cui posizione sembra chiarita da un suo vecchio compagno nei servizi segreti sovietici al quale Estulin rivolge un’ampia intervista. In realtà, al di là della denuncia dell’ennesimo episodio al limite della legittimità e della legalità internazionali, che vede coinvolti gli Stati Uniti, non viene fornita una chiave di lettura chiara della vicenda Bout e il lettore viene come lasciato in sospeso, con il compito di collocare lui stesso questo episodio nel contesto storico e politico globale.
Molto più interessante è la parte conclusiva, dedicata alle tecniche di guerra nucleare.
Estulin ricorre opportunamente a spiegazioni tecniche il più precise possibile, analizzando cinque grossi attentati della storia recente: quello del 1995 a Oklahoma City, quello alla discoteca di Bali del 2002, quello del 2005 di Beirut, quando venne assassinato l’ex Primo Ministro libanese Rafiq Hariri, quello di Dharhan, Arabia Saudita, del 1996, e infine quello del 2006 al parcheggio dell’aeroporto di Madrid.
Sulla base dei danni causati alle cose e alle persone, dei segni lasciati sul terreno, delle dinamiche dell’azione e confrontando i dati disponibili con le versioni fornite dai media e dalle istituzioni, Estulin conclude che in nessuno di questi episodi la verità ufficiale corrisponde a quella effettiva. Infatti, i danni provocati non sono attribuibili agli esplosivi che – è stato stabilito – sono stati utilizzati, ma secondo l’autore sono compatibili solo con ordigni atomici, per la precisione mini bombe nucleari.
Ancora una volta dunque, viene svelata una versione dei fatti che non corrisponde a quella contrabbandata come veritiera. E ancora una volta, tocca al lettore il compito di collocare queste nuove informazioni nello scenario storico e politico e fornire loro una chiave di lettura.
Il recente atto terroristico compiuto a Parigi (vedere link) riporta alla ribalta
uno dei gruppi islamici sunniti più estremisti in circolazione, lo Stato
Islamico dell’Iraq e del Levante, noto anche con la sigla “ISIS”. Molto
probabilmente tutto questo casino serve ai soliti noti (da cui forse
vengono finanziati) per fare scoppiare la terza guerra mondiale, uno dei
loro obbiettivi.
Di Salvatore Santoru
In una recente intervista rilasciata a Luke Rudkowski, ex giornalista BBC e fondatore di “We Are Change”,lo scrittore e ricercatore David Icke ha spiegato che il mondo si sta dirigendo sempre di più verso una nuova guerra su scala globale, e l'avanzata dei fondamentalisti dell' ISIS aggiunge un'ulteriore tassello a tutto ciò. Nell'intervista
Icke ripercorre l'ascesa del gruppo terrorista, avvenuta in pochissimo
tempo e ricorda che tale gruppo è "incredibilmente" ben armato e
finanziato, con oltre 2 miliardi di dollari, cosa che può risultare
alquanto "strana" per un gruppo del genere. Tale questione era stata già ricordata tra l'altro da un articolo
di Maurizio Molinari su "la Stampa" del 21 settembre scorso, in cui si
affermava anche che i maggiori finanziamenti a ISIS derivano dal Quatar e
dal Kuwait, paesi che "paradossalmente" risultano alleati degli Stati Uniti che combattono la stessa ISIS, paesi che hanno anche finanziato la cosiddetta "rivoluzione" in Siria, da dove i terroristi ISIS hanno iniziato la loro sanguinaria conquista del Medio Oriente. Continuando
nell'intervista Icke afferma che sia l'avanzata di ISIS che l'eventuale
prossima Terza Guerra Mondiale servano all'instaurazione del cosiddetto "Nuovo Ordine Mondiale", ovvero la costruzione di un'unico stato globale di stampo presumibilmente totalitario, a cui aspirano diverse lobby di potere internazionali. Secondo il ricercatore inglese sia la guerra in Libia
che l'attuale situazione siriana sono parte di tale piano, e la Terza
Guerra Mondiale coinvolgerà anche Cina e Russia, quest'ultima sempre di
più in pessimi rapporti con gli States e l'UE a causa della questione ucraina. Nell'intervista
Icke cita anche il probabile ruolo che avrà Israele in tale situazione,
ipotizzando che a causa di un'eventuale attacco ISIS allo stato
ebraico, ciò risulterebbe come casus belli della guerra vera e propria. Su
quest'ultimo punto, c'è anche da dire che la questione
israelo/palestinese risulta indubbiamente importante in tale "piano",
come avevo anche ricordato in un articolo di luglio. Interessante su tale tematica è la descrizione della Terza Guerra Mondiale fatta in un carteggio ( sulla cui autenticità non si è del tutto certi), nel 1871 da Albert Pike
, un generale e avvocato statunitense nonché gran maestro massone di
grado 33º del Rito Scozzese Antico ed Accettato, e Giuseppe Mazzini,
rivoluzionario italiano e membro della società segreta "Carboneria" :
"La
Terza Guerra Mondiale dovrà essere fomentata approfittando delle
divergenze suscitate dagli agenti degli Illuminati fra sionismo politico
e dirigenti del mondo islamico. La guerra dovrà essere orientata in
modo che Islam (mondo arabo e quello musulmano) e sionismo politico
(incluso lo Stato d'Israele) si distruggano a vicenda, mentre nello
stesso tempo le nazioni rimanenti, una volta di più divise e
contrapposte fra loro, saranno in tal frangente forzate a combattersi
fra loro fino al completo esaurimento fisico, mentale, spirituale ed
economico ".
L'occhio onniveggente degli schifosissimi Illuminati accanto ai terroristi ISIS. Un binomio più che probabile conoscendo i soggetti. Hanno già fatto scaturire le due guerre mondiali e potrebbero essere già pronti a dare fuoco alle polveri finanziando il neo califfato del terrore da dietro le quinte secondo il loro stile.
ISIS o Iside, un gioco degli illuminati?
ISIS, i terroristi islamici col nome di Satana. – Angelo Iervolino– 12 ottobre 2014 – Isidein lingua egizia Aset, è anche chiamata, Is, Isis, Iset. Il caso vuole che i nomi usati dai terroristi islamici IS, ISIS, finanziati e armati fino a pochi mesi fa da un illuminato, siano uguali ai nomi della dea dell’antico Egitto. Iside era la dea della maternità, della magia e della fertilità. Non solo ma ISIS è anche il nome di Diana. – Divinità femminile italica. Diana era venerata dalle donne come dea dei parti e della fecondità, parificata in ciò a un’altra dea molto onorata dai Romani, Giunone Lucina, così detta sia perché dea della luce, sia perché preposta a dare la luce ai nuovi nati, quindi Diana, veniva chiamata anche Diana Lucifera. La statua della libertàrappresenta Semiramide, ISIS, Astarte,Astaroth, Diana Lucifera, tanti nomi diversi…lo stesso culto.
E’ importante ricordare che Parigi é una citta fortemente massonica, dove viveva il culto alla dèa pagana ISIS, PARIS – PAR ISIS: si giurava infatti PER ISIDE: PAR ISIS. ISIS era il nome della Magna Mater Lucifera, la “Grande Madre” velata. L’iscrizione sulla presunta tomba di ISIS dice: “IO SONO tutto ciò che è, che è stato e che sarà, e nessun mortale m’ha ancora TOLTO IL VELO, che mi copre“. Frédéric-Auguste Bartholdi, conosciuto anche con lo pseudonimo Amilcar Hasenfratz (Colmar, 2 agosto 1834 – Parigi, 4 ottobre 1904) sculture francese autore della statua della libertàfu iniziato alla massoneria nel 1875, presso la loggia parigina “Alsace-Lorraine” e divenne maestro massone nel 1880. Ricordo a tutti che l’angelo della luce, ossia Lucifero è Satana. I
terroristi islamici che si stanno macchiando di delitti atroci,
decapitazioni, stragi di massa, quindi portano un nome che li lega sia
agli illuminati che a Satana, una coincidenza? In ogni caso vi propongo
la visione del video: “Katy Perry e gli illuminati – Dark Horse“, un analisi al dettaglio del video di Katy Perry nei panni della DeaIside. fonte: http://lenewsdiangeloiervolino.altervista.org/blog/3539
Una
guida per chi vuole capire una volta per tutte chi sono i miliziani che
stanno conquistando l'Iraq: c'entrano qualcosa con al Qaida? E
soprattutto, come hanno fatto?
Questo articolo è del giugno del 2014: sebbene la
ricostruzione della nascita e dell’ascesa dell’ISIS sia ancora attuale e
corretta, da allora a oggi molte cose sono cambiate nell’assetto dello
Stato Islamico e nei territori di Iraq e Siria che controlla.
Informazioni più aggiornate si possono trovare in questi altri articoli: – L’ISIS sta perdendo o sta vincendo? (settembre 2015) – Chi combatte chi in Siria, e perché (ottobre 2015) – A che punto è la guerra in Siria (settembre 2015)
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Negli ultimi dieci giorni l’Iraq – paese a maggioranza sciita con una storia recente complicata e violenta – è stato conquistato
per circa un terzo del suo territorio da uno dei gruppi islamici
sunniti più estremisti in circolazione, lo Stato Islamico dell’Iraq e
del Levante, noto anche con la sigla “ISIS”.
Non è la prima volta che in Occidente si sente parlare di ISIS: da
più di due anni l’ISIS combatte nella guerra civile siriana contro il
presidente sciita Bashar al Assad, e da circa un anno ha cominciato
a combattere non solo le forze governative siriane ma anche i ribelli
più moderati, creando di fatto un secondo fronte di guerra. L’ISIS è
un’organizzazione molto particolare: definisce se stesso come “stato” e
non come “gruppo”. Usa metodi così violenti che anche al Qaida di
recente se ne è distanziata. Controlla tra Iraq e Siria un territorio
esteso approssimativamente come il Belgio, e lo amministra in autonomia,
ricavando dalle sue attività i soldi che gli servono per sopravvivere.
Teorizza una guerra totale e interna all’Islam, oltre che contro
l’Occidente, e vuole istituire un califfato non si sa bene dove: ma i
suoi capi sono molto ambiziosi.
Oggi l’ISIS è arrivato
a meno di 100 chilometri dalla capitale irachena Baghdad. La sua
avanzata, rapida e inaspettata, ha fatto emergere i moltissimi problemi
dello stato iracheno e ha intensificato le tensioni settarie tra sciiti e
sunniti, alimentate negli ultimi anni dal pessimo governo del primo
ministro sciita iracheno Nuri al-Maliki. Per capire l’ISIS – da dove
viene, che strategia ha, dove può arrivare – abbiamo messo in ordine
alcune cose essenziali da sapere. Che tornano utili per capire che
diavolo sta succedendo in Medioriente, e non solo in Iraq e in Siria.
Da dove viene l’ISIS? Che c’entra al Qaida?
Per capire la storia dell’ISIS serve anzitutto introdurre tre personaggi
molto noti tra chi si occupa di terrorismo e jihad: il primo,
conosciuto da tutto il mondo per gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001,
è Osama bin Laden, uomo di origine saudita che per lungo tempo è stato a
capo di al Qaida; il secondo è un medico egiziano, Ayman al-Zawahiri,
che ha preso il posto di bin Laden dopo la sua uccisione
in un raid americano ad Abbottabad, in Pakistan, il 2 maggio 2011; il
terzo è Abu Musab al-Zarqawi, un giordano che dagli anni Ottanta e poi
Novanta – cioè fin dai tempi della guerra che molti afghani combatterono
contro i sovietici che avevano occupato il territorio dell’Afghanistan –
era stato uno dei rivali di bin Laden all’interno del movimento dei mujaheddin, e poi anche di al Qaida.
Nel 2000 Zarqawi decise di fondare un suo proprio gruppo con
obiettivi diversi da quelli di al Qaida “tradizionale”, diciamo. Al
Qaida era nata sull’idea di sviluppare una specie di legione straniera
sunnita, che avrebbe dovuto difendere i territori abitati dai musulmani
dall’occupazione occidentale (bin Laden aveva invocato come punto di
partenza della sua guerra santa il dispiegamento di mezzo milione di
soldati statunitensi nella Prima Guerra del Golfo, nel 1990, intervenuti
per ricacciare in Iraq l’esercito di Saddam Hussein che aveva invaso il
Kuwait). Ma Zarqawi aveva altro in testa: voleva provocare una guerra
civile su larga scala e per farlo voleva sfruttare la complicata
situazione religiosa dell’Iraq, paese a maggioranza sciita ma con una
minoranza sunnita al potere da molti anni con Saddam Hussein.
L’ideologia e la strategia di Zarqawi
L’obiettivo di Zarqawi, che si è definito meglio anche con l’intervento
successivo di diversi ideologi jihadisti, era creare un califfato
islamico esclusivamente sunnita. Questo punto è molto importante, perché
definisce anche oggi la strategia dell’ISIS e ne determina le sue
alleanze in Iraq. In un libro pubblicato nel 2004, e scritto dallo
stratega jihadista Abu Bakr Naji, è spiegata piuttosto bene la strategia
di Zarqawi: portare avanti una campagna di sabotaggi continui e
costanti a siti turistici e centri economici di stati musulmani, per
creare una rete di “regioni della violenza” in cui le forze statali si
ritirassero sfinite dagli attacchi e in cui la popolazione locale si
sottomettesse alle forze islamiste occupanti.
Nella pratica le cose sono andate così. Nel 2003, solo cinque mesi
dopo l’invasione statunitense in Iraq, il gruppo di Zarqawi fece
esplodere un’autobomba in una moschea nella città irachena di Najaf
durante la preghiera del venerdì: rimasero uccisi 125 musulmani sciiti,
tra cui l’ayatollah Muhammad Bakr al-Hakim, che avrebbe potuto garantire
una leadership moderata al paese. Fu un attacco violentissimo. Negli
anni gli attentati andarono avanti e nel 2004 Zarqawi sancì la sua
vicinanza con al Qaida chiamando il suo gruppo Al Qaida in Iraq (AQI):
nonostante la differenza di vedute, l’affiliazione garantiva vantaggi a
entrambe le parti, per esempio permetteva a bin Laden di avere una forte
presenza in Iraq, paese allora occupato dalle forze americane. Nel
frattempo, nel 2006, Zarqawi era stato ucciso da una bomba americana, e
il suo posto era stato preso da Abu Omar al-Baghdadi (fu ucciso poi nel
2010, e il suo posto fu a sua volta preso da Abu Bakr al-Baghdadi).
L’ISIS di al-Baghdadi e il califfato islamico
Il gruppo di al-Baghdadi subì un notevole indebolimento nel 2007 a seguito del parziale successo
della strategia di controinsurrezione attuata nel 2007 in Iraq dal
generale statunitense Petraeus, che prevedeva una maggiore vicinanza e
solidarietà delle truppe con la popolazione e che contribuì a ridurre le
violenze settarie e il ruolo di al Qaida per almeno due anni. La
strategia di Petraeus si basava su una collaborazione con le tribù
sunnite locali, che mal sopportavano l’estremismo di al Qaida: questa
strategia oggi sembra inapplicabile, a causa delle politiche violente e
settarie che il primo ministro sciita Nuri al-Maliki ha attuato contro i
sunniti negli ultimi quattro anni, compromettendo per il momento
qualsiasi possibilità di collaborazione.
Nel 2011 il gruppo ricominciò a rafforzarsi,
riuscendo tra le altre cose a liberare un certo numero di prigionieri
detenuti dal governo iracheno. Nell’aprile del 2013 AQI cambiò il suo
nome in Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), dopo che la
guerra in Siria gli diede nuove possibilità di espansione anche in
territorio siriano. Il fatto di includere la regione del Levante nel
nome del gruppo (cioè l’area del Mediterraneo orientale: Siria,
Giordania, Palestina, Libano, Israele e Cipro) era l’indicazione di
un’espansione delle ambizioni dell’ISIS, ma non ne spiegava del tutto
gli obiettivi finali. Zack Beauchamp ha scritto una lunga e precisa
analisi dell’ISIS sul sito di Vox, e tra le altre cose ha
provato a capire in quali territori il gruppo ha intenzione di istituire
un califfato islamico: con l’aiuto di alcune mappe, Beauchamp ha mostrato
come gli obiettivi dell’ISIS siano confusi, mutabili nel tempo ma
estremamente ambiziosi (in una, per esempio, tra i territori su cui
l’ISIS ambisce a imporre il suo controllo c’è anche il Nordafrica).
Quanti sono, quanto sono cattivi e cosa vogliono, quelli dell’ISIS?
Charles Lister, uno dei più esperti analisti di jihadismo in Siria e Iraq, ha scritto su CNN
che l’ISIS in Iraq è formato da circa 8mila uomini, un numero di
combattenti insufficienti di per sé a prendere il controllo delle città
conquistate negli ultimi dieci giorni nel nord e nell’est dell’Iraq.
Infatti l’ISIS non ha fatto tutto da solo, ma si è alleato con le tribù
sunnite e con gruppi baathisti (cioè sostenitori del partito Baath, lo
stessa cui apparteneva Saddam Hussein) dell’Iraq, che hanno un solo
obiettivo in comune con il gruppo di al-Baghdadi: rimuovere dal potere
il primo ministro sciita iracheno Nuri al-Maliki. Come ha sintetizzato chiaramente il Washington Post, le città ora sotto il controllo dei ribelli sunniti sono 27.
Lister ha scritto che normalmente alleanze di questo genere – formate
da gruppi così diversi – non possono stare insieme a lungo, a meno che
non si mantenga un clima di contrapposizione totale. In Iraq questo
clima è alimentato, tra le altre cose, anche da una delle
caratteristiche distintive dell’offensiva dell’ISIS: la brutalità dei
suoi attacchi. La guerra dell’ISIS sembra una “guerra totale” – come
dimostra il
massacro di soldati sciiti a Tikrit, la città natale di Saddam Hussein.
Sul New Yorker Lawrence Wright ha descritto così il modus operandi del gruppo:
«Bin Laden e Zawahiri avevano sicuramente una certa
familiarità con l’uso della violenza contro i civili, ma quello che non
riuscirono a capire fu che per Zarqawi e la sua rete la brutalità –
particolarmente quando diretta verso altri musulmani – era il punto
centrale dell’azione. L’idea di questo movimento era l’istituzione di un
califfato che avrebbe portato alla purificazione del mondo musulmano»
La brutalità dell’ISIS era già stata notata da al Qaida nella guerra
in Siria: dalla fine del 2013 il capo di al Qaida, Zawahiri, cominciò a
chiedere all’ISIS di rimanere fuori dalla guerra (in Siria al Qaida era
già “rappresentata” dal gruppo estremista Jabhat al-Nusra). Al-Baghdadi
però si rifiutò e nel febbraio del 2014 Zawahiri “espulse” l’ISIS da al
Qaida («Fu la prima volta che un leader di un gruppo affiliato ad al
Qaida disubbidiva pubblicamente», ha detto un
esponente qaedista). In altre parole l’ISIS si era dimostrata troppo
violenta anche per al Qaida, soprattutto perché prendeva di mira non
solo le truppe di Assad ma anche altri gruppi dello schieramento dei
ribelli sunniti. Alla fine del 2013 l’ISIS, rafforzato dalle vittorie
militari in Siria, tornò in Iraq e conquistò le città irachene di
Falluja e Ramadi. E poi le altre, negli ultimi dieci giorni.
Come si mantiene l’ISIS? E che possibilità ha di vincere?
A differenza di altri gruppi islamisti che combattono in Siria, l’ISIS
non dipende per la sua sopravvivenza da aiuti di paesi stranieri, perché
nel territorio che controlla di fatto ha istituito un mini-stato che è
grande approssimativamente come il Belgio: ha organizzato una raccolta
di soldi che può essere paragonata al pagamento delle tasse; ha
cominciato a vendere l’elettricità
al governo siriano a cui aveva precedentemente conquistato le centrali
elettriche; e ha messo in piedi un sistema per esportare il petrolio
siriano conquistato durante le offensive militari. I soldi raccolti li
usa, tra le altre cose, per gli stipendi dei suoi miliziani, che sono
meglio pagati dei ribelli siriani moderati o dei militari
professionisti, sia iracheni che siriani: questo gli permette
di beneficiare di una migliore coesione interna rispetto a qualsiasi
suo nemico statale o non-statale che sia. Come mostra una mappa
risalente al 2006 trovata da Aaron Zelin, ricercatore al Washington
Institute for Near East Policy, non si può dire che l’ISIS sia privo di
una strategia economica precisa: già diversi anni fa aveva pensato a
come sfruttare i giacimenti petroliferi per sostenersi finanziariamente.
In pratica l’ISIS è riuscito finora a massimizzare ciò che gli ha
offerto la guerra in Siria. La stessa cosa potrebbe però non ripetersi
in Iraq, per almeno due motivi. Il primo è che l’ISIS potrebbe
in qualche maniera “fallire” economicamente, perché le sue entrate –
che derivano soprattutto da attività illegali a Mosul – potrebbero non
essere più sufficienti a sostenere la rapida espansione territoriale di
questi ultimi giorni. Una possibilità è che l’ISIS riuscisse a sfruttare
il petrolio iracheno come già fa in Siria nelle aree sotto il suo
controllo: in Iraq tuttavia le zone che potrebbe plausibilmente
conquistare non hanno giacimenti estensive di petrolio, e le
infrastrutture necessarie per il suo sfruttamento non sono sviluppate
come quelle siriane.
Il secondo è che l’aggravarsi della crisi irachena ha spinto
il governo iraniano a organizzare le proprie forze e intervenire.
L’Iran ha già mandato in Iraq circa 500 uomini delle forze Quds, il suo
più temibile corpo d’élite appartenente alla Guardia Rivoluzionarie
(forza militare istituita dopo la rivoluzione del 1979), specializzato
in missioni all’estero e già attivo da tempo in Iraq.
Le forze Quds sono probabilmente il corpo militare più efficiente
dell’intero Medioriente, molto diverse dal disorganizzato esercito
iracheno che è scappato da Mosul per non affrontare l’avanzata
dell’ISIS. Con l’intervento dell’Iran e di altre milizie sciite che
fanno riferimento a potenti leader religiosi sciiti locali, è difficile
pensare che l’ISIS possa avanzare ulteriormente verso Baghdad – che tra
l’altro è una città a grandissima maggioranza sciita – mentre è più
facile che provi a rafforzare il controllo sulle parti di territorio
iracheno a prevalenza sunnita che è già riuscito a conquistare (i rischi
di un massiccio intervento iraniano in Iraq ci sono eccome, comunque,
ne avevamo parlato qui).
NEL SEGUENTE LINK IL FAMOSO ESPERTO DEL NUOVO ORDINE MONDIALE-ILLUMINATI DAVIDE ICKE RILASCIA UNA INTERVISTA SULL'ISIS. NON INCORPORO IL VIDEO MA FORNISCO SOLO IL LINK. ATTENZIONE! SCENE FORTI! https://www.youtube.com/watch?v=GtRAW0b0EwQ