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lunedì 21 giugno 2010

Il dio Horus dell'antico Egitto era in realtà un alieno?

Il prof. Malanga, docente di chimica organica all'università di Pisa, arriva a delle conclusioni esplosive. Tutti gli addotti (rapiti) sotto ipnosi descrivevano la stessa tipologia : una creatura alta con tanto di becco ed altre caratteristiche che assomigliano perfettamente al dio degli antichi egizi: Horus. Perché? " A quel punto le cose incominciarono a complicarsi "- spiega Malanga. 
La risposta arrivò e fu assai incredibile a credersi. 
DA VEDERE ENTRAMBI I DUE SEGUENTI VIDEO.








CHI ERA HORUS?


Figlio di Osiride e Iside, Horus era un dio potente dell'antico Egitto, conosciuto sin dai tempi predinastici. Egli era una divinità celeste che aveva la sua personificazione terrena in una forma di falco. Ha suscitato grande devozione ed i suoi seguaci hanno costruito templi in suo onore in tutto l'Egitto, espandendo il suo culto per il Mediterraneo.
Suo padre Osiride era stato ucciso da suo fratello Seth ma Iside, con l’aiuto della sorella Nefti, riportò in vita Osiride usando i suoi poteri magici e, successivamente, ha dato alla luce Horus. Dinanzi alle persecuzioni incessanti di Seth, Iside si nascose con il figlio nelle paludi del delta ed ivi lo allevò. Esortò Horus, una volta adulto, a vendicare suo padre e raccogliere l'eredità reale.
Determinato a riconquistare il trono, Horus sfidò Seth e, nella violenta battaglia, il giovane dio ha perduto un occhio. La battaglia continuò, finché l'assemblea degli dèi è intervenuta e ha proclamato Horus come unico legittimo sovrano d'Egitto.
Un'antica dottrina diceva che gli occhi di Horus erano il sole e la luna, ma i sacerdoti di Eliopoli assegnato il sole a Ra, lasciarono per l'unico l'occhio di Horus la luna. Una versione dice che, sconfitti dai giudici, Seth è stato costretto a recuperare l'occhio che Horus aveva perso in battaglia.
Il dio ha deciso di offrire l'occhio a suo padre Osiride per ripristinarne la vista ed ha coperto la ferita con un serpente divino chiamato Ureo, che poi è diventata l'emblema dei faraoni egiziani. Infine, sembra che la lotta che non è ancora finita e, quando Horus batterà  Seth, Osiride tornerà alla terra dei vivi e governerà. In altre parole, quando il bene trionferà sul male la morte verrà sconfitta.
Un'altra versione ci dice che l'occhio di Horus reimpiantato dal dio della magia Toth venne sostituito dal Udjat, un occhio magico, che diventò un amuleto popolare in Egitto; si riteneva che rafforzasse la vista, e proteggesse e curasse gli occhi. Anche oggi il Udjat simboleggia la salute, la prosperità, l'indistruttibilità del corpo e la capacità di rinascere.
Horus è diventato il nuovo re d'Egitto. Da parte sua, Seth venne a governare il deserto, simboleggiando così la lotta tra la fertilità della valle del Nilo e il deserto arido.
Horus è raffigurato con la corona doppia con testa di falco o di un falco solare alato, che serviva come simbolo di protezione delle porte e dei corridoi dei templi. Con suo padre Osiride e Iside, formò la triade più importante nella mitologia egizia.
Statua di Horus - Tempio di Edfu, Egitto




Falco Horus - Antico Egitto Musée du Louvre

Fonte : http://www.tanogabo.it/mitologia/egizia/horus.htm


Questa ragazza, vittima dei rapimenti alieni, conferma la tesi di Malanga: Horus era un alieno ed il suo simbolo era il falco.

martedì 15 giugno 2010

Meditazione e Yoga :Prânâyâma

l prânâyâma è un metodo per armonizzare non solo il respiro, ma anche i sensi e la mente


Il termine sanscrito prâna (dalla radice "an" - «respirare») può assumere molteplici significati, indica «energia», «soffio vitale», «forza» e «dinamismo»; è spesso usato al plurale per descrivere i respiri vitali.
Ayama d'altro canto significa «prolungamento», «espansione», «controllo»: il prânâyâma quindi è, ad un primo livello, l'arte dell'estensione del respiro e del suo controllo cosciente, ma più profondamente è la capacità di controllare quell'energia sottile contenuta non solo nel respiro, ma anche nell'aria, nell'acqua, negli alimenti.
I saggi indiani affermano che questa energia, il prâna, può essere immagazzinata nel sistema nervoso e che l'adepto, grazie alle tecniche yoga, può apprendere a dirigerla mediante il pensiero.
Il prânâyâma pertanto è un metodo per armonizzare non solo il respiro, ma anche i sensi e la mente.
Attraverso la pratica del prânâyâma, il corpo diventa forte e sano. Con la pratica del prânâyâma, gli apici dei polmoni riceveranno un apporto adeguato di ossigeno, come di solito non accade e ne conseguirà un miglioramento nella quantità e qualità di sangue nell'organismo.
di redazione yoga.it


venerdì 11 giugno 2010

EVP : Voci dell'aldilà

Gli EVP sono fenomeni di registrazione tramite registratori,magnetofoni, radio, di voci presenti nell'aldilà. Di seguito sono riportati alcuni video sulle presunte voci.
 



SE NE SCONSIGLIA LA VISIONE AI MINORI ED AI SOGGETTI FACILMENTE IMPRESSIONABILI.



Tramite una tavoletta Oujia, la EVP risponde SI o NO ad alcune domande:






Il direttore dell'albergo Mount Washington sente strani rumori da una sala quindi ingaggia i cacciatori di fantasmi, i GHOST HUNTERS che registrano una voce femminile.
Forse una principessa che vi alloggiò non ha mai lasciato la stanza?





In una scena del film WHITE NOISE inerente l'argomento, viene detto esplicitamente di stare attenti nella ricerca delle persone care perchè non tutte le EVP sono "buone" ma altre sono minacciose e si rischia di imbattersi in esse. 
Si tratta solo di una battuta cinematografica? Non proprio:
http://www.youtube.com/watch?v=bThML0CCWLQ&feature=related





In una vecchia chiesa abbandonata in Essex una squadra sta girando delle riprese. All'improvviso nella registrazione si sente una voce che chiede aiuto, ansimante come in difficoltà. Chi c'era oltre al gruppo? Secondo l'autore del video non è probabile uno scherzo di qualcuno dato che conosce bene i colleghi e mai avrebbero manomesso il microfono:

giovedì 3 giugno 2010

I "Grigi" australiani : i Wandjina

Gli aborigeni australiani venerano tuttora certi misteriosi dei giganti e aureolati, in tuta e casco, che scesero sulla Terra nella notte dei tempi, provenendo dal Mondo del Sogno, i Wandjina, gli attuali Grigi.
Eccoli in queste pitture rupestri :









Mito e mistero degli dei Wandjina
VENIVANO DALLE PLEJADI
  di Alfredo Lissoni


É incredibile come delle volte si possano trovare dei preziosissimi reperti anche dietro l'angolo di casa. E così in maggio, semplicemente andando ad una mostra sull'arte degli aborigeni australiani a Gravellona di Pavia, ci siamo imbattuti nei Wandjina. Di cosa stiamo parlando, i lettori di Erich Von Daeniken lo sanno già: delle antichissime raffigurazioni rupestri degli "Dei che scesero dal cielo" in Australia.
"Le pitture rupestri australiane", ha dichiarato Von Daeniken, "sono assai curiose. Esiste una figura che non è stata ancora interpretata, con casco aureolato e con accanto una quantità di zeri, disposti su tre righe di 21, 24 e 17, che potrebbero corrispondere a numeri. Altre figure sono state scoperte nelle rocce di Alice Springs (esseri con abiti spaziali), di Laura (un uomo volante), di Ndahla Gorge (Dei con antenne), di Yarbiri Soak e di Nimingarra. Nella Terra di Arnhem e a Moon City, la città dedicata alla luna, sono state scoperte pitture che richiamano alla mente degli astronauti. Alcuni di questi visitatori dovevano essere effettivamente dei giganti, visto che Rex Gilroy, direttore del Museo di Storia Naturale di Mount Victoria ha scoperto nel maggio del 1970 l'impronta di un piede enorme di 59 cm, largo 18, impresso su una roccia. Gilroy mi disse di avere scoperto nelle montagne azzurre del New South Wales una serie di disegni primitivi che riproducono strane figure e inconsueti oggetti che oggi possono essere designati solo come astronavi, le quali evidentemente sono state viste dai primitivi abitanti dell'Australia. Quanto a Moon City, la 'leggenda' dice che essa venne distrutta dal carro di fuoco del Dio del Sole. Curiosamente la zona è completamente erosa e disseccata. Effetto della natura, dicono gli archeologi, ma tutto attorno a Moon City non c'è traccia di erosione".



Ayers Rock nel territorio di Alice Springs. Gli aborigeni le chiamano Uluru. Qui sono stato trovate alcune pitture rupestri sui Wandjina, come in altre zone.


 

MISTERIOSI ABORIGENI
Senza andare sino in Australia, a Gravellona a farci da guida in questo viaggio a ritroso nel tempo è la signora Ivana Malpede, una ricercatrice che ha trascorso dieci anni in Oceania e che ha condotto approfonditi studi su queste culture in parte distrutte dal contatto con i "civilizzatori" occidentali (e poi ci vengono a parlare di mancato contatto UFO...).
"La società aborigena australiana", ci racconta Ivana, "era molto curiosa e particolare. Innanzitutto non esisteva la scrittura ma il canto. Ogni luogo, ogni regione veniva riconosciuta e "mappata" abbinandole una canzone. In questo modo l'aborigeno straniero riusciva ad identificare e ad attribuire ogni elemento del paesaggio come appartenente ad una determinata tribù. Altro elemento atipico di queste culture era il fatto che non conoscessero la guerra. La casta dei guerrieri non esisteva; esisteva la morte come pena capitale, ma solo come estrema punizione per chi violava la legge naturale, che era considerata di origine divina, parola dei Wandjina. Queste punizioni non venivano messe in pratica uccidendo il colpevole, ma maledicendolo puntandogli contro un osso considerato sacro. Sembra incredibile, ma di lì a poco i condannati morivano".




 Gli aborigeni australiani narrano degli antichi dei
Wandjina, descritti come esseri umani giganteschi e senza bocca, con la testa raggiata e gli occhi neri. Essi insegnarono le leggi agli uomini. 

 

GLI DEI PADRI
"Queste ed altre tradizioni erano state insegnate agli aborigeni", prosegue la studiosa, "dai Wandjina, gli Dei che rappresentavano l'universo e che hanno lasciato molti racconti e tradizioni orali legati a particolari stelle, come Beta e le Plejadi. Secondo le tradizioni locali i Wandjina, termine che significa 'il Tutto', vissero in un tempo detto 'dei genitori', un'era in cui alcuni di questi Dei, descritti come esseri umani giganteschi e senza bocca, con la testa raggiata e gli occhi neri, insegnarono le leggi agli uomini. In un periodo indeterminato della nostra storia i Wandjina subirono una trasformazione. Crearono il mondo attraverso il canto. Provenivano dal 'tempo del sogno', un'epoca in cui gli Dei non avevano una forma ben definita, pur essendo giganteschi". Dalla mitologia locale si capisce che gli aborigeni dei Wandjina non sapessero poi molto, salvo il fatto che avessero creato il mondo e che, in un secondo tempo (e questo fa il paio con molti 'miti' occidentali e paracristiani), scesero sulla Terra per insegnare "le leggi, i precetti e le regole di comportamento". "I Wandjina introdussero i rituali e le pratiche cerimoniali che per secoli sono stati alla base del retto vivere degli aborigeni", prosegue la nostra interlocutrice. "Essi sostenevano che l'uomo è stato creato con due anime; una viene tramandata ai figli, l'altra è destinata a tornare nel luogo ove si trovava prima di incarnarsi sulla Terra, là ove vivono gli Dei, in un mondo eterno ed invisibile, che è l'indistruttibile continuazione spirituale del mondo terrestre. Gli aborigeni credevano poi in un'era passata in cui vissero sulla Terra gli Dei e gli eroi mitici (curiosamente anche la mitologia greco-romana condivide, agli antipodi del mondo, questa credenza; n.d.A.) e vi fu un tempo in cui gli uomini erano per metà animali. Gli aborigeni sostengono di essere sulla Terra da migliaia e migliaia di anni. E questo vero, pur cozzando contro l'archeologia ufficiale. La più antica raffigurazione civilizzata degli aborigeni australiani risale a 30.000 anni fa, e mostra una figura di donna. Si tratta di un indizio che ci costringe a retrodatare di molto la nascita della cultura nel continente oceanico".


DEI EXTRATERRESTRI
Il parallelismo con i "miti" occidentali, ma anche indù, è davvero curioso. Tutti i cultori dell'archeologia misteriosa sanno che esistono centinaia di opere che rileggono in chiave aliena certe misteriose figure scese nella notte dei tempi sulla Terra e descritte per metà umane e per metà animalesche. Si pensi agli anfibi Oannes della mitologia sumera e Dogon e agli esseri "mostri" descritti ne Le Stanze di Dzyan indiane e nei Veda indù, nella Teogonia del greco Esiodo e nei Canti dell'Edda nordici. Anche nella mostra di Gravellona era presente una raffigurazione di questo tipo, proveniente questa volta dalla Nuova Guinea: un idolo ligneo di venti centimetri raffigurante un misterioso "antenato" con copricapo, opera di un indigeno del fiume Sepik. Se si toglie il copricapo-feticcio a forma di volatile (e dunque indicante la provenienza dal cielo) alla figura, appare un curioso Grigio proboscidato. Spiccano i grandi occhi ovali e scuri, laterali, e le lunghe braccia esili che raggiungono le gambe corte e tozze. Ma anche le raffigurazioni dei Wandjina esposte alla mostra tolgono il fiato. Soprattutto perché di esse non esistono prove fotografiche o filmiche, eccezion fatta per le immagini pubblicate nei libri e nei video di Erich Von Daeniken e nel film western "Carabina Quigley". I reperti qui esposti sono autentici. Fa bella mostra di sé un idolo ligneo che rappresenta uno di questi dei. Non manca nulla: il casco raggiato, la tuta aderente, la cintura. Non c'è la bocca, come se la raffigurazione del viso si riferisse in realtà ad uno scafandro. Certo, è solo un'impressione, che viene però confermata dalla foto di un secchiello Karaki, opera di un indigeno Womora (zona del Kimberey). Sul secchiello è raffigurato il volto del dio, a colori. Gli occhi sono scuri, come nei Grigi, e punteggiati, come se fossero splendenti.




Le Plejadi. I Wandjina lasciarono molti racconti agli aborigeni su di esse. 
Potrebbero provenire da questa costellazione?


IL TEMPO DEL SOGNO
Quando facciamo notare alla nostra guida che questi esseri ricordano degli alieni, con sommo stupore ci sentiamo rispondere. "Sì, è vero. E non lo si può escludere. Quelle terre sono ricchissime di avvistamenti UFO. E vi sono raffigurazioni di Dei molto strani, degli umanoidi filiformi, dalle braccia molto lunghe, che ricordano il capo degli alieni del film Incontri ravvicinati del terzo tipo". A quel punto la signora Ivana ci allunga un foglio contenente una narrazione locale. Si tratta di un "mito" sull'inizio del mondo, una delle molte tradizioni orali inedite, raccolte e tradotte dalla signora Malpede. Si tratta di una preghiera intitolata "Prima che il tempo cominciasse", ed è un racconto di un uomo medicina, uno stregone aborigeno. "Prima della creazione, cioè prima della venuta di animali, pesci, uccelli o qualsiasi altra cosa vivente", riporta il testo, "il mondo era unicamente una superficie piatta che si estendeva fin dove noi credevamo fosse l'orlo dell'universo. Allora, in un tempo indeterminato, che noi chiamiamo poeticamente Tempo del Sogno, creature giganti semiumane mossero attraverso la Terra compiendo le stesse mansioni che noi portiamo a termine oggi. Improvvisamente il Tempo del Sogno finì, mistero che noi aborigeni non sappiamo spiegare. Alcuni dei creatori furono plasmati in rocce, altri occuparono il cielo per diventare corpi celesti. Essi decretarono le nostre leggi e i riti di iniziazione. I miti e i precetti sulla creazione del mondo vengono trasmessi oralmente e appartengono alla vita della tribù; mentre le storie segrete sono patrimonio esclusivo degli sciamani..."
Ci deve essere del vero in quest'ultima affermazione. Leggendo alcune delle "novelle" degli aborigeni australiani, scopriamo che essi, pur essendo "primitivi", sapevano che il ciclo delle maree era legato alle fasi della luna (se ne parla diffusamente in un mito intitolato "Alinda, l'uomo-Luna") e che essa ha un ciclo di rivoluzioni differente da quello del sole ("essa muore solo per tre giorni e torna in vita di nuovo per riprendere il suo viaggio attorno al cielo". É sufficiente pensare che lo abbiano scoperto solamente osservando il cielo?

mercoledì 2 giugno 2010

2 Giugno : commemorazione musicale

In occasione della celebrazione odierna per la proclamazione della della Repubblica, ho pensato bene di commemorarla tramite il seguente video ben fatto sulle nostre forze armate tramite la bella marcia militare  
PARATA DI EROI :




...ed un omaggio a mio nonno, eroe della prima guerra mondiale (vedi link) :





martedì 1 giugno 2010

Misteri di una città conosciuta in tutto il mondo : Venezia



Venezia misteriosa


Venezia e i suoi segreti misteriosi antichi e moderni

L'insieme delle storie (più o meno vere) e dei misteri (pìù o meno paurosi) che emergono dalla Laguna è vasto almeno quanto l'intreccio di calli e canali che fa di Venezia una città unica al mondo. Diamo un'occhiata ad alcune delle più interessanti e inquietanti.Una leggenda piuttosto macabra è quella legata a Ca' Dario, un palazzo quattrocentesco un po' sbilenco che si affaccia sul Canal Grande. Se non aderite al classico luogo comune “Venezia è bellissima, ma non so se ci vivrei” e il costo di un palazzo rinascimentale non vi spaventa, forse prima di acquistare Ca' Dario dovreste sapere che molti dei suoi proprietari sono morti suicidi.
L'elenco è lungo e parte dalla morte della figlia del costruttore, il dalmata Giovanni Dario, passa attraverso la tragica fine di alcuni uomini d'affari padroni della palazzina negli ultimi quattro secoli e arriva fino a Raul Gardini, armatore del Moro di Venezia, che si tolse la vita nel 1993. Bisogna ammettere che la serie di eventi tragici è consistente, anche se uno scettico potrebbe legittimamente affermare che qualche suicidio nella stessa casa in un periodo così lungo (più di cinquecento anni) è solo un'anomalia statistica.
Un'altra storiella misteriosa, ma al tempo stesso buffa, riguarda i giardini della Biennale. Si racconta che nel 1921, vicino alla statua di Garibaldi che c'è nei giardini, ci furono manifestazioni di un fantasma in camicia rossa che molestava i passanti con strattoni e sgambetti. Successive apparizioni permisero di identificare l'ectoplasma nel fu Giuseppe Zolli, classe 1838, garibaldino che aveva giurato di guardare le spalle all'Eroe dei due Mondi anche da morto. In onore di tanta fedeltà al capo, dietro alla statua di Garibaldi fu posta una guardia del corpo bronzea con le fattezze dello Zolli. Coincidenza o meno, da allora nessun cittadino fu più preso di mira da figure sfuggenti nei giardini della Biennale.
Da sempre simbolo della città, anche la basilica di San Marco è luogo legato a un mistero del passato. La tradizione vuole che un giorno un certo Piero Tasca, di professione fornaio (“fornareto” nel veneziano del Cinquecento), trovasse un morto pugnalato per strada e che fosse incolpato dell'omicidio. Dopo crudeli torture volte a farlo confessare, il fornareto fu giustiziato davanti al lato sud della Basilica, poco prima che si scoprisse che era del tutto innocente. Da allora (era il 1507), due lumini rossi (oggi sono lampadine) sono accesi tutte le notti fra due archi della Basilica, di fronte al punto in cui c'era il patibolo: una perenne richiesta di scuse che la città rivolge ad una vittima innocente.
C'è chi giura che tutte queste storie sono vere, ma la documentazione storica langue o, se c'è, è ambigua. Meglio allora lasciare ad ognuno di noi la libertà di crederci o meno... e anzi, perché non approfittarne per un'indagine personale fra le stradine di Venezia?
Alessandro Diegoli


 
Luci in ricordo del Fornareto
La temuta Ca' Dario
La guardia del corpo fantasma dietro Garibaldi



FONTE : http://www.deagostiniedicola.it