Venezia misteriosa
Venezia e i suoi segreti misteriosi antichi e moderni
L'insieme delle storie (più o meno vere) e dei misteri (pìù o meno paurosi) che emergono dalla Laguna è vasto almeno quanto l'intreccio di calli e canali che fa di Venezia una città unica al mondo. Diamo un'occhiata ad alcune delle più interessanti e inquietanti.Una leggenda piuttosto macabra è quella legata a Ca' Dario, un palazzo quattrocentesco un po' sbilenco che si affaccia sul Canal Grande. Se non aderite al classico luogo comune “Venezia è bellissima, ma non so se ci vivrei” e il costo di un palazzo rinascimentale non vi spaventa, forse prima di acquistare Ca' Dario dovreste sapere che molti dei suoi proprietari sono morti suicidi.
L'elenco è lungo e parte dalla morte della figlia del costruttore, il dalmata Giovanni Dario, passa attraverso la tragica fine di alcuni uomini d'affari padroni della palazzina negli ultimi quattro secoli e arriva fino a Raul Gardini, armatore del Moro di Venezia, che si tolse la vita nel 1993. Bisogna ammettere che la serie di eventi tragici è consistente, anche se uno scettico potrebbe legittimamente affermare che qualche suicidio nella stessa casa in un periodo così lungo (più di cinquecento anni) è solo un'anomalia statistica.
Un'altra storiella misteriosa, ma al tempo stesso buffa, riguarda i giardini della Biennale. Si racconta che nel 1921, vicino alla statua di Garibaldi che c'è nei giardini, ci furono manifestazioni di un fantasma in camicia rossa che molestava i passanti con strattoni e sgambetti. Successive apparizioni permisero di identificare l'ectoplasma nel fu Giuseppe Zolli, classe 1838, garibaldino che aveva giurato di guardare le spalle all'Eroe dei due Mondi anche da morto. In onore di tanta fedeltà al capo, dietro alla statua di Garibaldi fu posta una guardia del corpo bronzea con le fattezze dello Zolli. Coincidenza o meno, da allora nessun cittadino fu più preso di mira da figure sfuggenti nei giardini della Biennale.
Da sempre simbolo della città, anche la basilica di San Marco è luogo legato a un mistero del passato. La tradizione vuole che un giorno un certo Piero Tasca, di professione fornaio (“fornareto” nel veneziano del Cinquecento), trovasse un morto pugnalato per strada e che fosse incolpato dell'omicidio. Dopo crudeli torture volte a farlo confessare, il fornareto fu giustiziato davanti al lato sud della Basilica, poco prima che si scoprisse che era del tutto innocente. Da allora (era il 1507), due lumini rossi (oggi sono lampadine) sono accesi tutte le notti fra due archi della Basilica, di fronte al punto in cui c'era il patibolo: una perenne richiesta di scuse che la città rivolge ad una vittima innocente.
C'è chi giura che tutte queste storie sono vere, ma la documentazione storica langue o, se c'è, è ambigua. Meglio allora lasciare ad ognuno di noi la libertà di crederci o meno... e anzi, perché non approfittarne per un'indagine personale fra le stradine di Venezia?
Alessandro Diegoli
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