Eccoli in queste pitture rupestri :
Mito e mistero degli dei Wandjina
VENIVANO DALLE PLEJADI
di Alfredo Lissoni
É incredibile come delle volte si possano trovare dei preziosissimi reperti anche dietro l'angolo di casa. E così in maggio, semplicemente andando ad una mostra sull'arte degli aborigeni australiani a Gravellona di Pavia, ci siamo imbattuti nei Wandjina. Di cosa stiamo parlando, i lettori di Erich Von Daeniken lo sanno già: delle antichissime raffigurazioni rupestri degli "Dei che scesero dal cielo" in Australia.
"Le pitture rupestri australiane", ha dichiarato Von Daeniken, "sono assai curiose. Esiste una figura che non è stata ancora interpretata, con casco aureolato e con accanto una quantità di zeri, disposti su tre righe di 21, 24 e 17, che potrebbero corrispondere a numeri. Altre figure sono state scoperte nelle rocce di Alice Springs (esseri con abiti spaziali), di Laura (un uomo volante), di Ndahla Gorge (Dei con antenne), di Yarbiri Soak e di Nimingarra. Nella Terra di Arnhem e a Moon City, la città dedicata alla luna, sono state scoperte pitture che richiamano alla mente degli astronauti. Alcuni di questi visitatori dovevano essere effettivamente dei giganti, visto che Rex Gilroy, direttore del Museo di Storia Naturale di Mount Victoria ha scoperto nel maggio del 1970 l'impronta di un piede enorme di 59 cm, largo 18, impresso su una roccia. Gilroy mi disse di avere scoperto nelle montagne azzurre del New South Wales una serie di disegni primitivi che riproducono strane figure e inconsueti oggetti che oggi possono essere designati solo come astronavi, le quali evidentemente sono state viste dai primitivi abitanti dell'Australia. Quanto a Moon City, la 'leggenda' dice che essa venne distrutta dal carro di fuoco del Dio del Sole. Curiosamente la zona è completamente erosa e disseccata. Effetto della natura, dicono gli archeologi, ma tutto attorno a Moon City non c'è traccia di erosione".
Ayers Rock nel territorio di Alice Springs. Gli aborigeni le chiamano Uluru. Qui sono stato trovate alcune pitture rupestri sui Wandjina, come in altre zone.
MISTERIOSI ABORIGENI
Senza andare sino in Australia, a Gravellona a farci da guida in questo viaggio a ritroso nel tempo è la signora Ivana Malpede, una ricercatrice che ha trascorso dieci anni in Oceania e che ha condotto approfonditi studi su queste culture in parte distrutte dal contatto con i "civilizzatori" occidentali (e poi ci vengono a parlare di mancato contatto UFO...).
"La società aborigena australiana", ci racconta Ivana, "era molto curiosa e particolare. Innanzitutto non esisteva la scrittura ma il canto. Ogni luogo, ogni regione veniva riconosciuta e "mappata" abbinandole una canzone. In questo modo l'aborigeno straniero riusciva ad identificare e ad attribuire ogni elemento del paesaggio come appartenente ad una determinata tribù. Altro elemento atipico di queste culture era il fatto che non conoscessero la guerra. La casta dei guerrieri non esisteva; esisteva la morte come pena capitale, ma solo come estrema punizione per chi violava la legge naturale, che era considerata di origine divina, parola dei Wandjina. Queste punizioni non venivano messe in pratica uccidendo il colpevole, ma maledicendolo puntandogli contro un osso considerato sacro. Sembra incredibile, ma di lì a poco i condannati morivano".
Gli aborigeni australiani narrano degli antichi dei
Wandjina, descritti come esseri umani giganteschi e senza bocca, con la testa raggiata e gli occhi neri. Essi insegnarono le leggi agli uomini.
GLI DEI PADRI
"Queste ed altre tradizioni erano state insegnate agli aborigeni", prosegue la studiosa, "dai Wandjina, gli Dei che rappresentavano l'universo e che hanno lasciato molti racconti e tradizioni orali legati a particolari stelle, come Beta e le Plejadi. Secondo le tradizioni locali i Wandjina, termine che significa 'il Tutto', vissero in un tempo detto 'dei genitori', un'era in cui alcuni di questi Dei, descritti come esseri umani giganteschi e senza bocca, con la testa raggiata e gli occhi neri, insegnarono le leggi agli uomini. In un periodo indeterminato della nostra storia i Wandjina subirono una trasformazione. Crearono il mondo attraverso il canto. Provenivano dal 'tempo del sogno', un'epoca in cui gli Dei non avevano una forma ben definita, pur essendo giganteschi". Dalla mitologia locale si capisce che gli aborigeni dei Wandjina non sapessero poi molto, salvo il fatto che avessero creato il mondo e che, in un secondo tempo (e questo fa il paio con molti 'miti' occidentali e paracristiani), scesero sulla Terra per insegnare "le leggi, i precetti e le regole di comportamento". "I Wandjina introdussero i rituali e le pratiche cerimoniali che per secoli sono stati alla base del retto vivere degli aborigeni", prosegue la nostra interlocutrice. "Essi sostenevano che l'uomo è stato creato con due anime; una viene tramandata ai figli, l'altra è destinata a tornare nel luogo ove si trovava prima di incarnarsi sulla Terra, là ove vivono gli Dei, in un mondo eterno ed invisibile, che è l'indistruttibile continuazione spirituale del mondo terrestre. Gli aborigeni credevano poi in un'era passata in cui vissero sulla Terra gli Dei e gli eroi mitici (curiosamente anche la mitologia greco-romana condivide, agli antipodi del mondo, questa credenza; n.d.A.) e vi fu un tempo in cui gli uomini erano per metà animali. Gli aborigeni sostengono di essere sulla Terra da migliaia e migliaia di anni. E questo vero, pur cozzando contro l'archeologia ufficiale. La più antica raffigurazione civilizzata degli aborigeni australiani risale a 30.000 anni fa, e mostra una figura di donna. Si tratta di un indizio che ci costringe a retrodatare di molto la nascita della cultura nel continente oceanico".
DEI EXTRATERRESTRI
Il parallelismo con i "miti" occidentali, ma anche indù, è davvero curioso. Tutti i cultori dell'archeologia misteriosa sanno che esistono centinaia di opere che rileggono in chiave aliena certe misteriose figure scese nella notte dei tempi sulla Terra e descritte per metà umane e per metà animalesche. Si pensi agli anfibi Oannes della mitologia sumera e Dogon e agli esseri "mostri" descritti ne Le Stanze di Dzyan indiane e nei Veda indù, nella Teogonia del greco Esiodo e nei Canti dell'Edda nordici. Anche nella mostra di Gravellona era presente una raffigurazione di questo tipo, proveniente questa volta dalla Nuova Guinea: un idolo ligneo di venti centimetri raffigurante un misterioso "antenato" con copricapo, opera di un indigeno del fiume Sepik. Se si toglie il copricapo-feticcio a forma di volatile (e dunque indicante la provenienza dal cielo) alla figura, appare un curioso Grigio proboscidato. Spiccano i grandi occhi ovali e scuri, laterali, e le lunghe braccia esili che raggiungono le gambe corte e tozze. Ma anche le raffigurazioni dei Wandjina esposte alla mostra tolgono il fiato. Soprattutto perché di esse non esistono prove fotografiche o filmiche, eccezion fatta per le immagini pubblicate nei libri e nei video di Erich Von Daeniken e nel film western "Carabina Quigley". I reperti qui esposti sono autentici. Fa bella mostra di sé un idolo ligneo che rappresenta uno di questi dei. Non manca nulla: il casco raggiato, la tuta aderente, la cintura. Non c'è la bocca, come se la raffigurazione del viso si riferisse in realtà ad uno scafandro. Certo, è solo un'impressione, che viene però confermata dalla foto di un secchiello Karaki, opera di un indigeno Womora (zona del Kimberey). Sul secchiello è raffigurato il volto del dio, a colori. Gli occhi sono scuri, come nei Grigi, e punteggiati, come se fossero splendenti.
Le Plejadi. I Wandjina lasciarono molti racconti agli aborigeni su di esse.
Potrebbero provenire da questa costellazione?
IL TEMPO DEL SOGNO
Quando facciamo notare alla nostra guida che questi esseri ricordano degli alieni, con sommo stupore ci sentiamo rispondere. "Sì, è vero. E non lo si può escludere. Quelle terre sono ricchissime di avvistamenti UFO. E vi sono raffigurazioni di Dei molto strani, degli umanoidi filiformi, dalle braccia molto lunghe, che ricordano il capo degli alieni del film Incontri ravvicinati del terzo tipo". A quel punto la signora Ivana ci allunga un foglio contenente una narrazione locale. Si tratta di un "mito" sull'inizio del mondo, una delle molte tradizioni orali inedite, raccolte e tradotte dalla signora Malpede. Si tratta di una preghiera intitolata "Prima che il tempo cominciasse", ed è un racconto di un uomo medicina, uno stregone aborigeno. "Prima della creazione, cioè prima della venuta di animali, pesci, uccelli o qualsiasi altra cosa vivente", riporta il testo, "il mondo era unicamente una superficie piatta che si estendeva fin dove noi credevamo fosse l'orlo dell'universo. Allora, in un tempo indeterminato, che noi chiamiamo poeticamente Tempo del Sogno, creature giganti semiumane mossero attraverso la Terra compiendo le stesse mansioni che noi portiamo a termine oggi. Improvvisamente il Tempo del Sogno finì, mistero che noi aborigeni non sappiamo spiegare. Alcuni dei creatori furono plasmati in rocce, altri occuparono il cielo per diventare corpi celesti. Essi decretarono le nostre leggi e i riti di iniziazione. I miti e i precetti sulla creazione del mondo vengono trasmessi oralmente e appartengono alla vita della tribù; mentre le storie segrete sono patrimonio esclusivo degli sciamani..."
Ci deve essere del vero in quest'ultima affermazione. Leggendo alcune delle "novelle" degli aborigeni australiani, scopriamo che essi, pur essendo "primitivi", sapevano che il ciclo delle maree era legato alle fasi della luna (se ne parla diffusamente in un mito intitolato "Alinda, l'uomo-Luna") e che essa ha un ciclo di rivoluzioni differente da quello del sole ("essa muore solo per tre giorni e torna in vita di nuovo per riprendere il suo viaggio attorno al cielo". É sufficiente pensare che lo abbiano scoperto solamente osservando il cielo?
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