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Danza macabra
La danza macabra è un tema iconografico tardomedievale nel quale è rappresentata una danza fra uomini e scheletri.
Descrizione
Gli scheletri sono una personificazione della morte, mentre gli uomini sono solitamente abbigliati in modo da rappresentare le diverse categorie della società dell'epoca, dai personaggi più umili, come contadini e artigiani, ai più potenti, come l'imperatore, il papa, principi e prelati.
Il soggetto ha la funzione di memento mori ("ricordati che devi morire") e, rispetto ai soggetti apocalittici più diffusi nell'alto medioevo, come le rappresentazioni del giudizio universale, esprime una visione più individualistica della morte e talvolta anche una certa ironia nei confronti delle gerarchie sociali dell'epoca. È importante notare che con il tempo la figura della Morte come agente della volontà divina scompaia, lasciando iconograficamente soltanto i cadaveri, simboli del conturbante richiamo dell'aldilà, laicizzando l'ideale della morte stessa.
Questa parentesi però dura per poco tempo: a breve, componimenti come La Danza macabra delle donne (Martial d'Auvergne) e La Danza dei ciechi (Pietro di Michault) riconsegnano il tema della Danza Macabra al moralismo ed alla sfera religioso-sacrale cristiana.
La diffusione del tema, assieme ad un certo compiacimento nella rappresentazione di scheletri e di morti, è stata messa in relazione con la grande peste del 1348, che infuriò in tutta Europa e che rese la morte un fenomeno familiare nei vari paesi europei. Alberto Tenenti sottolinea come il "senso di pietà" per la propria sorte e l'ironia tragica, tipica di questi componimenti, siano stati passaggi fondamentali per liberare l'uomo dall'ideale cristiano della morte.
I dipinti dedicati a questo tema sono visitabili in varie località d'Europa: Italia, Croazia (Cristoglie, Vermo), Francia, Germania[1], Polonia (Cracovia), Svizzera[2], Estonia ecc.
Una delle più antiche raffigurazioni conosciute della "Danza macabra" è senza dubbio quella che venne realizzata, a Parigi, lungo una delle mura del vecchio Cimitero degli Innocenti, nel 1424. Da qui il nome venne consacrato con il suo termine latino Chorea macabæorum. Questo murale andò distrutto nel 1669, ma venne subito copiato su mura di altri cimiteri europei, come quello vicino la Cattedrale di Saint Paul, a Londra.
Iconografia
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Particolare della Danza macabra di Simone II Baschenis nella chiesa di San Vigilio a Pinzolo
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Danza macabra, raffigurazione da un manoscritto del 1850
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Particolare della danza macabra di Giovanni da Castua nella chiesa di Cristoglie / Hrastovlje.
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Giovinezza e vecchiaia dal polittico di Danza macabra del pittore Caspar Siegmund Köppe nella chiesa di san Pietro a Wolgast (1700 circa)
Nel XX secolo
In concomitanza di periodi particolarmente sanguinosi, il tema della danza macabra o della danza degli scheletri è stato talvolta riproposto dall'arte figurativa pittorica o scultorea. Un curioso esempio di danza macabra, dal valore più grottesco che didattico, è messa persino su pellicola da Woody Allen, nel film Amore e guerra.[3] Ben più drammatica è la rappresentazione della danza macabra messa in scena dal regista Ingmar Bergman nella scena finale de Il settimo sigillo.Danza macabra in musica
- La Danza macabra (Dance macabre in lingua francese) è il titolo di un breve poema sinfonico composto nel 1874 da Camille Saint-Saëns.
- Danza macabra è una composizione per pianoforte e orchestra composta tra il 1834 e il 1859 da Franz Liszt
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Danza Macabra (Saint-Saëns)
Danza Macabra | |
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Compositore | Henri Cazalis (parole) / Camille Saint-Saëns |
Tonalità | sol minore |
Tipo di composizione | chanson, strumentata in poema sinfonico |
Numero d'opera | op. 40 |
Epoca di composizione | 1874 |
Prima esecuzione | Concerts Colonne, Parigi, 25 gennaio 1874 |
Dedica | Gustave Jacquet |
Durata media | 7 minuti |
Organico |
chanson originale: voce e pianoforte
strumentazione sinfonica: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti in si♭, 2 fagotti, 2 corni in sol ordinari, 2 corni in re cromatici, 2 trombe in re cromatiche, 3 tromboni e tuba, xilofono, 3 timpani in re, la, sol, triangolo, piatti, grancassa, arpa, violino solo scordato (mi♭/la/re/sol), archi |
Movimenti | |
unico (Moderato di valzer) |
Danza Macabra op. 40 (Danse macabre) è un breve poema sinfonico composto nel 1874 da Camille Saint-Saëns che nacque come chanson (voce e pianoforte) e fu successivamente strumentata.
Storia della composizione
La Danza Macabra è stata eseguita per la prima volta il 25 gennaio 1874 ai Concerts Colonne di Parigi, dove qualche settimana prima era stato presentato il "Phaéton op. 39", il secondo lavoro del genere di Camille Saint-Saëns.
Tra le numerose fonti d'ispirazione - la danza macabra, amata dall'iconografia medievale, fu soggetto ispiratore di musiche (Totentanz di Liszt, ad esempio) e trasfigurazioni letterarie (come La maschera della morte rossa di Edgar Allan Poe) - il compositore si rivolse al poemetto grottesco scritto da Henri Cazalis sulla scorta della rinomata ballata di Goethe aveva creato una scena parodistica in cui la morte suonava un violino scordato in un cimitero.
La musica di Saint-Saëns non accoglie le ordinarie suggestioni demoniache ma prende le mosse dall'originale rilettura per cercare il "caratteristico" in una strumentazione ammiccante e spiritosa.
Testo
Qui è la traduzione italiana del testo di Henri Cazalis.« I raggi della luna filtrano a intervalli fra nuvole a brandelli.
Dodici cupi rintocchi risuonano dal campanile della chiesa. Svanito
l'ultimo di essi, si odono strani rumori dall'attiguo cimitero, e la
luce della luna investe una fantomatica figura: la Morte, che suona il
violino, seduta su una pietra tombale. Si odono strida dai sepolcri
circostanti e il vento ulula fra le cime degli alberi spogli.
Le note sinistre dello scordato violino della Morte chiamano i morti fuori dalle tombe; e questi, avvolti in bianchi sudari, volteggiano attorno in una danza infernale. La quiete del sacro recinto è distrutta da grida sorde e risa orribili. La ridda degli scheletri, col rumore secco delle ossa, diviene sempre più selvaggia, e la Morte, nel mezzo, batte il tempo col suo piede scricchiolante di scheletro. Improvvisamente, come presi da un sospetto terribile, i morti si arrestano. Nel vento gelido si sentono le note della Morte. Un fremito percorre i ranghi dei trapassati: i teschi sogghignanti si rivolgono in ascolto verso la pallida luna. Ma le note stridenti della Morte di nuovo rompono il silenzio, e i morti riprendono a danzare più selvaggiamente di prima. L'ululo del vento si unisce al coro dei fantasmi, gemendo fra i rami nudi dei tigli. D'improvviso la Morte smette di suonare, e nel silenzio che segue si ode il canto del gallo. I morti si affrettano verso le tombe e la fatale visione svanisce nella luce dell'alba. » |
Analisi della composizione
I dodici rintocchi della mezzanotte sono eseguiti pizzicando una corda d'arpa (quella del Re).
Si odono strani passi nel cimitero, riprodotti da un contrabbasso pizzicato e allora appare la Morte che suona il violino. Il violino della Morte, oltre ad avere la corda più alta "scordata" appositamente, suona anche in tonalità diversa: infatti esegue degli accordi di Mi minore, mentre il brano è in Mi maggiore. Questo tema, il tema del richiamo, rappresenta la Morte che accorda il violino ed è costituito da tre suoni: Re, Mi♭ e Sol.
Il tema A rappresenta i corpi dei defunti che si levano dalle tombe. Tutta la melodia si svolge sulla successione cromatica di sei semitoni: Sol, La♭, La, Si♭, Si e Do. Inizia con un'introduzione "spettrale" del flauto accompagnato dall'arpa per poi passare agli archi. Una terzina di timpani e riappare la Morte che comincia a suonare la sua lamentosa melodia con il suo violino scordato. Gli scheletri escono dalle tombe: sono rappresentati dal flauto e dopo la loro introduzione sulla scena riappare il violino della Morte. Avvolti in bianchi sudari si mettono a ballare forsennatamente: questa scena è descritta dal violino e dall'orchestra, sotto i rintocchi cadenzati del triangolo e dei timpani, tutti in fortissimo.
La danza vera e propria è formata da contrabbassi e violoncelli (sempre in fortissimo) che ripropongono il tema B inframmezzati da suoni "animaleschi" degli ottoni: le grida e le risa dei defunti. Nel quadro successivo riappare il tema A suonato dal violino scordato della Morte e a intervalli si presenta lo xilofono, una rappresentazione comica del rumore secco delle ossa degli scheletri che danzano. Il tema B diventa una fuga, una variazione sul famoso tema del Dies irae, suonato da tutta l'orchestra e poi presentato prima dai legni e poi dai tromboni.
Un'altra variazione sul tema B: introduzione del violino, passaggio ai legni, ritorno al violino e ripresa da tutti gli archi. Il silenzio è rotto dalla Morte che riprende a suonare prima il tema A e poi il tema B, sotto forma di canone, presentato da violino, trombe e xilofoni. A questo segue un breve tema di passaggio eseguito dall'orchestra al completo, poi decrescere in un pianissimo: l'orchestra ripropone frammenti del tema A interrotti dal rullare in crescendo dei timpani. Il tema passa poi alle trombe.
Inizia un folle crescendo: gli archi imitano le folate del vento mentre il violino scordato suona di nuovo il tema A e il tema B (quest'ultimo variato): il crescendo arriva a un fortissimo, fatto dalla sovrapposizione del tema A suonato dagli archi e del tema B, riproposto dagli ottoni, il tutto scandito dall'assordante esplodere degli archi. Persino il vento (rappresentato ancora dagli archi) si unisce al coro degli spiriti (orchestra).
Improvvisamente si arresta tutto. Si sente solo un oboe, che rappresenta il canto del gallo, ovvero l'alba. Un rabbioso colpo di timpani e il tremolo d'archi segna la fine della ridda e la Morte, vinta dall'arrivo dell'alba, suona il tema conclusivo con il suo scordato violino. La scena (e la composizione) si conclude con un pizzicato d'archi.
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