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mercoledì 29 luglio 2009

Denaro dal Nulla

Oggi gli iniziati e gli uomini di facciata della Confraternita Babilonese controllano la politica, le banche, gli affari, i servizi segreti, la polizia, gli eserciti, l'itruzione e i media di tutto il mondo. Forse il più importante di questi settori, in termini di controllo, è quello delle banche. La creazione e la manipolazione del denaro.

Il raggiro operato dalla Confraternita nel settore finanziario è molto semplice e abbraccia tutto il periodo di cui stiamo parlando, dal tempo dei Sumeri e dei Babilonesi fino ad oggi. Si basa sulla creazione di denaro che non esiste e che viene prestato a persone ed aziende in cambio di interessi.

Ciò crea un debito enorme per i governi, le aziende e la popolazione in generale, che sono così più facilmente controllabili.

Essenziale in tutto questo è stato permettere ai banchieri di prestare denaro di cui non sono in possesso. Funziona così: se io o voi abbiamo un milione di sterline, possiamo prestare un milione di sterline. Semplicissimo. Ma se una banca possiede un milione di sterline, può prestare dieci volte tanto e più, e gravare quei soldi di interesse. Se anche un numero esiguo di quelle persone che teoricamente hanno i "soldi" dopositati nella banche andasse oggi a ritirarli, le banche chiuderebbero i battenti in mezz'ora perchè quei soldi non ce li hanno.

Il denaro della banche è un mito, un'altra truffa.

Quando andate in banca a chiedere un prestito, la banca non stampa neanche una banconota nuova, nè conia nuove monete. Si limita a digitare la somma del vostro prestito sul vostro conto corrente. Da quel momento in poi pagate alla banca interessi su ciò che non è altro che denaro digitato su uno schermo. Eppure, se non riuscite a rimborsare il prestito che non esiste, la banca può intervenire e, in tutta legalità, espropriarvi beni che invece non esistono, come la casa, la macchina, la terra e tutto quello che possedete, per un valore pari a quello che compare sullo schermo.

Inoltre, poichè il denaro non viene messo in circolazione dai governi, ma dalle banche private che concedono prestiti ai clienti, le banche contollano la quantità di denaro in circolazione.

Più prestiti decidono di elargire, più denaro viene messo in circolazione. Qual'è la differenza tra un Boom Economico (periodo di prosperità) e una depressione economica (periodo di povertà)? Solo una: l'ammontare del denaro in circolazione. Tutto qui. E, attraverso questo sistema, le banche private, controllate da quelle stesse persone, decidono quanti soldi saranno in circolazione. Così possono creare periodi di prosperità e di crisi a loro piacimento.

Lo stesso succede con le borse, i cui agenti spostano miliardi di miliardi di dollari al giorno nell'ambito dei mercati finanziari e bancari, determinandone così l'ascesa o la caduta, lo sviluppo e il crollo. I crolli della borsa non accadono così per caso, accadono perchè qualcuno li fa accadere.

La maggior parte del "denaro" in circolazione non è denaro materiale, banconote o monete. E' costituito da cifre che passano elettronicamente da un conto corrente a un computer ad un altro, attraverso bonifici bancari, carte di credito e libretti di assegni. Più denaro, elettronico o di altra natura, è in circolazione, maggiori attività economiche possono svolgersi e, quindi, più prodotti vengono comprati e venduti, maggiore è il reddito di cui dispongono le persone, e maggiori sono i posti di lavoro disponibili. Ma la cricca finanziaria ariano-rettile ha sempre cercato di creare dei Boom elargendo molti prestiti e poi staccando la spina.

Economisti e giornalisti economici strapagati, la maggior parte dei quali non ha idea di quello che sta accadendo, vi diranno che i Boom e le crisi rientrano nel cosìddetto "ciclo economico". Balle! Si tratta invece di una manipolazione sistematica messa in piedi dalla Confraternita per appropriarsi della vera ricchezza del mondo.

Durante un Boom molte persone finiscono per indebitarsi ancora di più. Un'attività economica fiorente implica che le aziende chiedano ulteriori prestiti per comprare nuovi macchinari ed incrementare così la produzione.

La gente chiede prestiti per comprarsi una casa più grande e una macchina nuova e più cara, perchè ha fiducia nel suo futuro economico. Poi, nel momento più conveniente, i maggiori banchieri, coordinati dalla rete di società segrete, alzano i tassi di interesse per diminuire la richiesta di prestiti e iniziano a richiedere il pagamento dei prestiti già accesi. Così facendo, i prestiti diminuiscono e ciò ha come conseguenza la sparizione dalla circolazione di unità monetarie (il denaro nelle sue varie forme).

Questo fa diminuire la domanda e comporta anche una riduzione dell'occupazione perchè non ci sono abbastanza soldi in circolazione per alimentare l'attività economica.

Così le persone e le aziende non guadagnano più abbastanza da rimborsare i loro prestiti e finiscono per fallire. A questo punto le banche si appropriano delle loro vere ricchezze, le loro aziende, la casa, la terra, la macchina, in cambio del mancato pagamento di un prestito che non è mai stato niente di più che delle cifre digitate su uno schermo.

Ciò si è ripetuto a cadenze regolari nel corso dei millenni, specialmente negli ultimi secoli, e la vera ricchezza del mondo è stata sottratta alla popolazione, finendo nella mani di quelli che controllano il sistema bancario – le:
Stirpi Rettiliane.

Lo stesso vale anche per gli Stati. Invece di crearsi del denaro proprio privo di interesse, i governi lo prendono in prestito dal cartello delle banche private e rimborsano sia l'interesse che il capitale tassando la popolazione. Le somme fantastiche di denaro che pagate sotto forma di tasse vanno dritte alle banche private per rimborsare prestiti che i governi potrebbero crearsi da soli, emettendo denaro privo di interessi! Perchè non lo fanno?

Perchè la Confraternita controlla i governi tanto quanto controlla le banche.

Ciò che chiamiamo "privatizzazione" è la svendita dei beni dello Stato al fine di impedire la bancarotta causata dal debito creato dalle banche.

I paesi del terzo mondo stanno cedendo il controllo della loro terra e delle loro risorse ai banchieri internazionali poichè non sono in grando di rimborsare i grossi prestiti elargiti loro, di proposito, dalle banche proprio per intrappolarli in questa situazione.

La povertà e i conflitti non sono delle calamità inevitabili, ma sono frutto della manipolazione e rientrano nell'attuazione del'ordine del Giorno. Nel XII e XIII secolo i Cavalieri Templari si servirono della tattica che ho appena descritto per gettare le basi del moderno sistema bancario e tutto questo è chiaramente legato alla rete veneziana della Nobiltà Nera, attiva nello stesso periodo.

La manipolazione finanziaria mondiale è oggi coordinata dalle "banche centrali" di ogni paese che sembrano essere indipendenti le une dalle altre, ma che in realtà collaborano per un fine comune.

La Banca d'Inghilterra, istituita con statuto reale da quel membro della Nobiltà Nera che fu Guglielmo d'Orange, è il fulcro di questa rete, come pure lo è, sin dagli anni Trenta del Novecento, la Banca dei Regolamenti Internazionali in Svizzera.

Come la Banca d'Inghilterra, le banche centrali sono state istituite dai discendenti delle Famiglie Rettiliane di banchieri genovesi e veneziani.

Tratto da Il Segreto più Nascosto di David Icke


Fonte :



"Datemi il controllo sul denaro di una nazione e non mi preoccuperò di chi ne fa le leggi”

Barone M.A. Rothschild




Dal film " TU MI TURBI ". Benigni chiede un prestito dal direttore senza avere niente come garanzia. La conferma dello strozzinaggio/signoraggio e riserva frazionaria (quando c'è) delle banche.
Vedi anche
http://it.wikipedia.org/wiki/Riserva_frazionaria



lunedì 27 luglio 2009

Storia di una famiglia dell'elite, Illuminati doc : I Rockefeller


John Davison ROCKEFELLER

È il secondo genito di William Avery Rockefeller e Eliza Davison, il padre pare svolgesse la professione di medico ma come lo stesso John confermò era sicuramente un gran ciarlatano in quanto di pavoneggiava di avere inventato medicine capaci di curare tutte le malattie, compreso il cancro.

John fin da piccolo a causa della bizzarria del padre cambiava di continuo residenza, spostandosi dapprima a Moravia e poi a Owego nel 1851.

Nel 1853 la famiglia si sposta a Cleveland, in Ohio, qui frequenta la Central High School, e si iscrive anche alle Erie Street Baptist Church, e a soli 21 anni ne diventa amministratore fiduciario.

Nel 1855 finisce la scuola e si iscrive ad un corso di business al Folsom Mercantile College.

Il suo primo lavoro fu fare il contabile in una piccola società, la Hewitt & Tuttle.

Nel 1858 iniziò la sua carriere imprenditoriale fondando la Clark & Rockefeller, una società commerciale il cui core business era alquanto vago. Pare che operasse nei mercati della carne e del frumento. Ricordiamo inoltre che in quegli anni Cleveland era una delle cinque principali città degli USA per la raffinazione del petrolio.
Grazie al suo straordinario fiuto e sfruttando il boom del mercato petrolifero, nel 1863 investì in una raffineria di petrolio lungo la ferrovia di Cleveland. Il trasporto su rotaia era l'unico modo per trasportare il petrolio dai luoghi di estrazione ai grandi mercati dell'est.
In seguito liquidò il suo precedente socio e fondò con Andrews, Henry Flager e Stephen Harkness la Standard Oil.

La sua società andava a gonfie vele tanto che John decise di reinvestire tutti gli utili al fine di espandersi e potenziarsi, in sole sei settimane riuscì a comprare 22 raffinerie su 26 a Cleveland. Approfittò infatti del momento di sovrapproduzione delle aziende che portò ad un periodo di crisi, con conseguente calo degli introiti, dove molte imprese fallirono. Gli unici che tentarono di resistergli furono i suoi acerrimi rivali Pratt e Rogers, ma dopo breve capitolarono vendendo le loro attività segretamente al magnate, diventando suoi soci.

In quegli anni Rockefeller era talmente conosciuto nell'ambiente imprenditoriale da farsi la fama di squalo, pare infatti che se qualcuno rifiutava una sua offerta di acquisto, John riusciva a mandarlo in bancarotta prendendosi così la sua attività alle aste fallimentari.

Ingrandendosi con tali ritmi la Standard Oil acquisì il controllo della produzione e raffinazione di petrolio negli USA, tuttavia a causa di problemi legati alla legislazione presente nei vari stati della federazioni americane fu costretto a scindere la Standard Oil in tante società più piccole, ognuna delle quali operava in uno o massimo due stati degli USA.

Nel 1882 gli avvocati di Rockefeller crearono una nuova forma di partnership, a cui diedero il nome di Standard Oil Trust, questo portò vantaggi riguardanti l'abbassamento del prezzo del combustibile ma concentrarono nelle mani di un solo uomo la più importante risorsa scarsa del mondo.

Nel 1896 avvenne il grande ritiro John, oramai 59enne e malato di alopecia, decide di passare le redini a suo figlio John Davison Rockefeller jr ed agli amministratori. Egli conserva il titolo del tutto rappresentativo di presidente e le sue quote azionarie, restando di fatto il principale azionista della Standard Oil.

Nel 1911 il grande colpo per la Standard Oil, la Corte Suprema degli Stati Uniti decretò illegale il monopolio di Rockefeller (che controllava il 64% del mercato) dando quindi ragione a tutti coloro che negli anni precedenti lo avevano pesantemente contestato.

La compagnia si spaccò, nacquero così 34 compagnie tra queste ricordiamo:

  • Standard of New Jersey, (Esso, e poi Exxon)
  • Continental Oil (Conoco)
  • Standard of New York, (Mobil)
  • Standard of Indiana, (Amoco)
  • Standard of California (Chevron).

J.D. Rockefeller rimase azionista di tutte queste compagnie con quote di minoranza.

J.D. Rockefeller inoltre era il maggiore proprietario di miniere di carbone nel Colorado a proposito delle quali ricordiamo il "massacro di Ludlow" del 20 aprile 1914 dove persero la vita venti persone a seguito della repressione degli scioperi da parte delle guardie private armate della Colorado Fuel and Iron Company, di proprietà dello stesso Rockefeller.

Morì all'età di quasi 98 anni. Fu sepolto a Cleveland. John ebbe nella sua lunga vita cinque figli con la moglie Laura Celestia Spelman.

Tra i suoi discendenti ricordiamo: Suo figlio e principale erede John Davison Rockefeller jr (1874-1960), oltre che rilevare le attività del padre, si interessò anche di politica estera simpatizzando per le teorie wilsoniane. Un suo nipote, Nelson Rockefeller, è stato Governatore dello Stato del New York e vice-presidente degli USA con Gerald Ford.

John Davison Rockefeller è stato l'uomo dei primati ineguagliabili: fu il primo uomo ad avere un patrimonio superiore al miliardo di dollari ed è tuttora considerato l'uomo più ricco della storia poiché la rivista Forbes nel 2007 ha ricalcolato il suo patrimonio valutando l'inflazione e la svalutazione del dollaro arrivando ad una stima astronomica di 305,3 miliardi. Grazie alla sua immensa fortuna J.D. Rockefeller controllava circa l' 1,53 % del Prodotto Interno Lordo americano.

Fu anche un grande filantropo, creò infatti nel 1913 insieme al figlio la Fondazione Rockefeller con lo scopo di promuovere il benessere del genere umano in tutto il mondo. La Fondazione Rockefeller opera in 52 paesi e nove isole nei sei continenti. L'attuale presidente è la Prof.ssa Judith Rodin.

In Italia la Fondazione Rockefeller ha svolto un'azione molto importante per l'eliminazione della malaria.


UNA DELLE FUTURE BASI PER IL NUOVO ORDINE MONDIALE DEI ROCKEFELLER :
IL LORO
ROCKEFELLER CENTER A NEW YORK:




John Davison Rockefeller Jr

J.D.R. Jr. era il quinto figlio di John. Visse nella casa di famiglia al 4 West 54th Street.

Nel 1889 si iscrive alla Browning School.

Nel 1893 si iscrive a Yale, ma in seguito si trasferisce alla Brown University. J.D.R. Jr. si dimostra essere uno studente modello e un appassionato di musica da cui poi il nomignolo "Johnny Rock"

Nel 1897 dopo la laurea J.D.R. Jr. inizia il suo primo lavoro, ovviamente, nella Standard Oil come direttore della compagnia. In seguito assunse anche il ruolo di direttore della U.S. Steel company di J.P. Morgan.

Nel 1910 in seguito ad uno scandalo di corruzione lascia entrambe le cariche.

Nel 1914 fu uno dei principali protagonisti della vicenda del Massacro di Ludlow.

Durante la grande depressione del 1929 Rockefeller Junior fu degno di tanto padre acquistando, sfruttando il ribasso dei prezzi, proprietà immobiliari. Diventa in quegli anni uno dei più grandi proprietari immobiliari di New York, edificando anche il celebre Rockefeller Center.

Nel 1921 ricevette da suo padre il 10% della Equitable Trust Company. In seguito questa si fuse con la Chase National Bank dando vita alla più grande banca del mondo, rimanendo l'azionista di maggioranza.

David Rockefeller e sua figlia Peggy Dulany (già fondatrice del Synergos Institute, un'associazione non profit che ha l'obiettivo di combattere la povertà e le inegueglianze sociali a livello internazionale) hanno fondato il Global Philanthropists circe. In verità l'associazione nasce come ida di Peggy Dulany come reazione alla tradizionale concezione della filantropia, quella per cui i ricchi donano fortune ad alcune fondazioni, lasciando a manager specializzati la loro gestione e la decisione sui progetti da finanziare. Il nuovo modello invece non solo coinvolge i filantropi nella scelta dei problemi da affrontare e nella gestione degli interventi, ma consente loro di condividere le esperienze con altri benefattori. Attualmente è il più elitario dei club: ospita solo membri delle 65 più ricche famiglie del mondo con una quota di iscrizione di 25 mila dollari.

Nelson Rockefeller

Nelson Rockefeller nasce l'8 luglio 1908 a Bar Harbor è il terzo figlio di Abby Aldrich e John Davison Rockefeller junior.

A otto anni frequenta la Experimental Lincoln School di New York ma con profonda delusione dei genitori i risultati, nonostante la sua spiccata intelligenza, non sono consolanti. Il problema era dovuto al fatto che Nelson soffriva di Dislessia, una malattia all'epoca non conosciuta. Per ovviare a questo il giovane Nelson impara tutto a memoria, sviluppando una capacità che gli sarà molto utile in seguito.

Al momento della scelta del college il ragazzo non presenta i numeri giusti per entrare a Princeton.

Si iscrive in un piccoo college nel New Hampshire il Dartmouth.
Agli inizi degli anni trenta Nelson entra nel consiglio di amministrazione del Museo d'arte moderna di New York.

Durante le vacanze conosce la futura moglie, Mary Todhunter Clark, figlia di una ricca famiglia di Philadelphia.

Nel 1931 subito dopo la laurea a Dartmouth, come nella tradizione, Nelson sposa Mary.

Nelson avrà da lei cinque figli dimostrandosi un padre amorevole ma spesso assente.

In seguito al suo viaggio di nozze di circa nove mesi Nelson comincia a lavorare a l maestoso progetto edilizio del Rockefeller Center.

In un suo viaggio in America Latina, scopre la sua passione per questa terra e scrive un rapporto dettagliato, che riesce a far giungere al Presidente Roosevelt.

Nelson viene nominato coordinatore delle politiche per l'America Latina della Casa Bianca.

Nel 1940, a soli 32 anni, inizia la sua ascesa politica con il primo importante incarico governativo: difendere gli interessi americani in America Latina.

Nel 1952 Rockefeller sostiene la candidatura di Dwight Eisenhower. L'ex generale diventa Presidente e lo chiama al suo fianco. Ma attraverso il suo modo di comportarsi si mette contro il Segretario di Stato John Foster Dulles, che convince Eisenhower a liberarsene.

Rockefeller torna a New York, dove gli proposto di candidarsi a governatore con il partito dei democratici.

Nel 1958 Nelson Rockefeller vince le elezioni con oltre mezzo milione di voti. Durante il suo governo promuove avanzati programmi di assistenza sociale, estende il sistema universitario pubblico rendendolo uno dei migliori d'America.

Nel frattempo Nelson conosce Margaretta Fitler Murphy(madre di quattro figli) una donna appassionata di la politica.
A causa di lei lascia sua moglie Mary nel 1961.

Nel novembre del 1961 accade una tragedia nella vita di Nelson il figlio Michael, antropologo di 23 anni, mentre è in Nuova Guinea per studiare l'arte delle tribù primitive cade in un fiume e viene trascinato fino al mare. Rockefeller si precipita sul posto. Rimane per 10 giorni rimane in Nuova Guinea a coordinare le ricerche ma invano poiché il corpo non sarà mai ritrovato.

Nel 1963 Nelson Rockefeller sposa Happy Murphy ed hanno due figli.

Nel 1968, a sessant'anni, si candida ma Il partito gli preferisce Richard Nixon.

Rockefeller torna a New York, si ripropone e viene rieletto governatore nel 1970.

Durante il suo mandato accade che nel 1971 1.200 detenuti del carcere di Attica si ribellano prendendo 31 ostaggi. Rockefeller rifiuta ogni mediazione ma gli scontri sono durissimi, il risultato fu: 30 detenuti e 10 ostaggi morti più 200 feriti.
Nel 1973 si dimette da governatore ed approfitta dello scandalo Watergate per tentare la scalata alla presidenza suo vecchio pallino. Ma la sua speranza svanisce ben presto quando Nixon si dimette e il suo vice, Gerald Ford, assunta la carica di presidente, indica come suo vice quello di Nelson Rockefeller.

Ford alla fine del suo mandato non lo riconfermerà sancendo la fine della carriera politica di Nelson.

Rockefeller ritorna alle origini e fonda un'azienda che realizza e vende riproduzioni di opere della sua collezione personale.

Già cagionevole di salute la notte del 26 gennaio 1979 ha un grave infarto e muore.

Le ceneri di Nelson Rockefeller vengono sparse lungo il fiume Hudson.

Nelson inoltre va ricordato per il suo sfrenato amore per le belle donne, che lo condizioneranno in tutte le vicende della sua vita, sia politica che imprenditoriale che familiare, pare inoltre che prima di essere colpito da infarto si trovasse in compagnia di una giovane segretaria.


NOTIZIE RECENTI

  • È storia attuale quella in cui gli eredi di Rockefeller ora soci di minoranza di Exxon vogliono riformare la compagnia. Capeggiati da Neva Goodwin Rockefeller, una economista di 63 anni, chiedono la rimozione del presidente Rex Tillerton e una inversione di rotta: la Exxon, sostengono, deve aiutare i poveri (COL CAVOLO AGGIUNGO IO) cercare fonti alternative di energia (SOPRATTTUTTO CHE FACCIANO GUADAGNARE DI PIU') e tutelare l'ambiente (A PRO SUO). Tillerson nell'assemblea tenutasi con i maggiori azionisti di Exxon è riuscito a spuntarla facendo leva sulla performance del gigante dell'oro nero.

  • A Giugno 2008 la divisione private banking della banca parigina ha comprato il 37% di Rockefeller Financial Services, gruppo che gestisce beni di gruppi facoltosi. La Rockefeller Financial Services (Rfs) è specializzata nella gestione dei patrimoni di persone facoltose (PIU' CHE ALTRO A STAMPARE DENARO COME GLI PARE E DANDOLI IL VALORE CHE VOGLIONO FACENDOSI PAGARE GLI INTERESSI DAGLI STATI), di fondazioni, trust, fondi privati e istituzionali e organizzazioni no-profit. Attualmente le masse amministrate del gruppo Rockefeller ammontano a 29 miliardi di dollari.

venerdì 24 luglio 2009

UFO SULLA LUNA FILMATO DA ASTROFILO ITALIANO


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01/10/2007
L'oggetto volante è stato individuato e filmato durante le operazioni di messa a fuoco del telescopio.
Image L'avvistamento risale al 29 aprile di quest'anno da una postazione sita in Busto Arsizio ed è stato segnalato in questi giorni al portale Meteo Live dall'autore del filmato, l'astrofilo e appassionato di meteorologia Alberto Mayer. Alberto non si è limitato a filmare accuratamente l'avvenimento, ma ha anche realizzato un video con i montaggi dei diversi spezzoni di ripresa, per far capire bene la traiettoria e la velocità dell'oggetto rispetto al nostro satellite.
Il filmato lascia veramente a bocca aperta, in particolare per la nitidezza e per la traiettoria dell'oggetto che esclude a priori un satellite o qualunque altro mezzo convenzionale.



L'astrofilo racconta le circostanze dell'avvistamento: "La sera del 29 aprile, stavo procedendo alla messa a fuoco di una videocamera applicata ad un telescopio. L'alto ingrandimento e l'elevata turbolenza atmosferica, rendevano piuttosto complicata la procedura di messa a fuoco. L'immagine della Luna appariva tremolante, ma percepii subito la presenza di un puntino nero sul lembo del nostro satellite. Al momento pensai si trattasse di sporcizia, particelle di polvere presenti sul sensore della videocamera. Ma in seguito ad un'osservazione più accurata mi resi conto che anche il puntino traslava lentamente e presentava le tipiche distorsioni prodotte dal cattivo seeing (turbolenza atmosferica). A quel punto iniziai un po' convulsamente ad avviare la ripresa, con la speranza di ottenere immagini il più nitide e stabili possibili."
"La prima ipotesi, cioè quella del satellite geostazionario,- spiega Alberto a Meteo Live - è stata scartata dopo una prima analisi dei dati, anche se in effetti l'area in esame coincideva con la traiettoria di un satellite GeoSync, ma non quadravano le dimensioni, infatti l'oggetto avrebbe dovuto avere le dimensioni di circa un chilometro e la tesi del satellite era improponibile. La seconda ipotesi, e cioè il pallone sonda, sembrava la più plausibile in un primo momento, ma anche in questo caso, in base a calcoli trigonometrici, non quadravano né le dimensioni prospettiche e tanto meno l'orario dell'avvistamento, troppo lontano dal lancio effettuato dalle basi aeroportuali."

L'astrofilo è stato coadiuvato nella ricerca di una identificazione dell'oggetto, anche dal gruppo Astrofili Sheratan, che ha entusiasticamente chiesto pareri contattando diverse strutture sparse nel mondo.
A quanto pare sono state man mano accantonate le teorie satellitari e dei palloni sonda e si propende per la più banale ipotesi di un palloncino abbandonato chissà dove da qualche ragazzino.
L'ipotesi in realtà lascia ancora aperti molti dubbi, non solo per la sua traiettoria ma anche per la nitidezza dei contorni dell'oggetto che, nel caso si trattasse di un palloncino e quindi di un oggetto così vicino all'obiettivo, risulterebbe quantomeno incoerente con la messa a fuoco del satellite lunare. Ci resta anche difficile immaginare che un palloncino di punto in bianco dopo una lunga traiettoria lineare, possa fermarsi, curvare e proseguire per un altra lunga traiettoria lineare anzichè essere sballottato dalle correnti con movimenti irregolari.

Non sarebbe comunque il primo caso di avvistamento anomalo che ha come protagonista il disco lunare:
UFO osservato e filmato durante l'eclissi del 3 marzo
Questo tra i più recenti, mentre una lunga serie di avvistamenti "storici" parte proprio dalle missioni Apollo sulla Luna, con tanto di filmati e colloqui radiofonici tra astronauti e centro controllo.


tratto da terninrete.it

La scienza conferma la profezia Maya


di Felipe Miranda

09/07/2009


L’avverarsi delle dettagliate predizioni dell’antica cultura
maya riguardo al periodo che va dal 1992 al 2012 del nostro calendario solleva un profondo mistero e una domanda inquietante: stiamo realmente vivendo la fine di un'era cosmica e vedremo fra sette anni l'alba di un'altra era molto diversa? [l'articolo è stato scritto nel 2005, N.d.R.]




Gli scienziati non sanno cosa sta accadendo al Sole . Il 30 gennaio di quest'anno una sorprendente tempesta solare ha colpito la Terra ed ha raggiunto il suo picco massimo di radiazione solo 15 minuti dopo l'inizio di una serie di esplosioni; nella normalità ciò avviene dopo 2 ore. Secondo Richard Mewaldt, del California Istitute of Technology, è stata la piú violenta degli ultimi 50 anni. Anche la più misteriosa.

Gli scienziati credevano che queste tempeste avvenissero nella corona solare a causa dello scontro di onde associate a eiezioni di plasma. Tuttavia, questa volta sembra avere avuto origine stranamente all’interno dell'astro re, secondo quanto ha affermato il professore Robert Lin, dell'Università della California.

Gli astronomi sono rimasti perplessi. Il professore Lin -principale investigatore del satellite Reuven Ramaty High Energy Solar Spectroscopic Imager (RHESSI), ha concluso la sua dichiarazione con una frase molto significativa: “Questo significa che non sappiamo realmente come funziona il Sole”. In poche parole: l'insolito fenomeno del 30 gennaio ha polverizzato i modelli predittivi della nostra scienza.

Sorge un’altra domanda: perchè si sta verificando un'attività così intensa e anomala in questo momento? Il picco massimo di attività della nostra stella - nel suo ciclo principale di 11 anni - si è verificato nel 2000. Nel 2004 i fisici solari osservarono un'assenza totale di macchie, un fatto che preannuncia sempre l'avvicinarsi di un picco minimo di attività.

Questo picco minimo doveva avvenire tra il 2005 e 2006, circa 4 anni prima del nuovo massimo, previsto per l’anno 2010 o 2011, precisamente alla vigilia della data che gli antichi Maya hanno identificato come la fine dell’era che corrisponde al “Quinto Sole” e l’inizio di un altro ciclo cosmico chiamato “Sesto Sole”.

I Maya sapevano qualcosa che la nostra scienza attuale ignora? I loro testi sacri potrebbero aiutare gli scienziati, sconcertati dallo strano e inquietante comportamento dell’astro re?

E soprattutto: per quale motivo quell’antica cultura ha prestato così tanta attenzione all’attivitá solare dei nostri giorni in tempi così antichi?

Il calendario maya termina il sabato 23 dicembre 2012, 5.125 anni dopo l’inizio dell’era del “Quinto Sole”.

Secondo le loro profezie, la causa fisica scatenante sarebbe un raggio che il Sole riceverebbe proveniente dal centro della galassia e che emanerebbe un’immensa “fiammata raggiante”, trasmettendo quella radiazione alla Terra e al resto del sistema solare.

Questo evento dovrebbe precedere l’inizio di un nuovo ciclo cosmico. Secondo il loro calcolo, stanno per completarsi 5 cicli di 5.125 anni, completando una serie di 25.625 anni, un periodo che si avvicina molto a quello della “precessione degli equinozi”, conosciuto come “Anno Platonico” o “Grande Anno Egizio” e che corrisponde a un ciclo completo formato dalle 12 ere astrologiche (25.920 anni).

Secondo i Maya , ogni ciclo di 5.125 anni la Terra è stata lo scenario dell’avventura di un’Umanità –“una razza” in questo suo concetto- e si sarebbe concluso con la propria autodistruzione, susseguita da una rigenerazione portata da un successivo ciclo o “Sole”. All’inizio del quale avviene una sincronizzazione della “respirazione” di tutte le stelle, pianeti ed esseri.

L’11 agosto del 3.113 a.C. i Maya fissarono la nascita del “Quinto Sole” - l’era attuale - che si concluderebbe nel 2012. L’era dell’Acqua si sarebbe conclusa con il Diluvio, la successiva con un diluvio di fuoco e la nostra, denominata “di Movimento”, si concluderebbe con violenti terremoti, eruzioni vulcaniche e uragani devastanti.

La mitologia delle culture antiche più diverse tramanda la memoria di inondazioni catastrofiche che sono avvenute circa 12.000 anni fa e misteriose piogge di fuoco, oltre 5.000 anni fa, che ricercatori come Maurice Cotterell associano a una grande cometa che avrebbe sfiorato l’atmosfera terrestre. La predizione maya descrive anche i 20 anni che precedono il primo giorno del “Sesto Sole” piuttosto dettagliatamente. Questo ciclo minore, che loro denominavano Katum, ha già consumato due terzi della sua durata totale.

Ciò rende possibile verificare fino a che punto si sono compiute le loro profezie fino al momento attuale e, di conseguenza, valutare se le loro predizioni esatte meritano credibilità e quindi maggior considerazione.

L’ultimo Katum, che loro hanno denominato “il tempo del non tempo”, sarebbe cominciato nel 1992 del nostro calendario, in seguito ad un eclisse di sole che questa cultura aveva pronosticato l’11 luglio 1991 e che si è compiuto puntualmente. Per i Maya si tratta di un periodo di transizione, caratterizzato da profondi cambiamenti cosmici, tellurici e storici.

È curioso osservare che a settembre del 1994 si sono verificati forti perturbazioni nel magnetismo terrestre, con alterazioni importanti nell’orientamento degli uccelli migratori e dei cetacei insieme al funzionamento dell’aviazione.

Nel 1996, la sonda spaziale Soho scoprì che il Sole non presentava più dei poli magnetici bensì un unico campo omogeneo. Nel 1997 si verificarono violente tempeste magnetiche nel Sole. E nel 1998, la NASA individuò l’emissione di un potente flusso di energia proveniente dal centro della galassia che nessuno ha saputo spiegare.

Un’altra data importante delle profezie Maya è stata l’eclisse totale di Sole dell’11 agosto del 1999, che si verificò anch’essa puntualmente. Secondo il Chilam Balam - un libro sacro maya - sette anni dopo l’inizio dell’ultimo Katum (1999), inizierebbe un’era di oscurità e le convulsioni della Terra – scosse, uragani, eruzioni vulcaniche – aumenterebbero sensibilmente.

L’ 11 settembre del 1999, solo un mese dopo questa eclisse, una misteriosa esplosione proveniente dallo spazio eclissò per ore la luminosità di alcune stelle. Le radiazioni di onde radio, raggi gamma e raggi X moltiplicarono la loro intensità di 120 volte.

Astronomi come Richard Berendzen e Bob Hjellming, dell’Osservatorio Radioastronomico del Nuovo Messico (USA), classificarono questo fenomeno come un enigma “degno di un’accurata investigazione”.

Il raggio e la fiammata raggiante
Di fronte a questi fatti sorgono alcune domande: quella misteriosa e inspiegabile radiazione del 1999 potrebbe essere il raggio proveniente dal centro della galassia che, secondo i Maya, avrebbe raggiunto il Sole prima del 2012, dando origine allo scatenarsi di fenomeni sismici? E l’altrettanto enigmatica e anomala esplosione solare del 30 gennaio del 2005”, che ha lasciato perplessi e senza risposte gli scienziati, non sembra evocare “la fiammata raggiante” che, secondo i Maya, il Sole emetterebbe dopo aver ricevuto questo “raggio”?

L’eclisse dell’11 agosto del 1999 che precedette la forte radiazione proveniente dallo spazio del 15 settembre del 2005 inauguró un periodo di cataclismi naturali.

Il giorno 7 dello stesso mese si verificò un terremoto del 5,9º (scala Richter) in Grecia, che causò 218 morti; l’8 ci furono inondazioni catastrofiche in Cina, con migliaia di morti; il 17, un terremoto del 7,4 in Turchia, con 15.000 morti; il 20, un terremoto del 7,6º a Taiwan, con 2.000 morti; il 22, una catena di terremoti meno distruttivi, tra il 2º e il 5,2º, in tutto il pianeta; il 30, un terremoto a Oaxaca (Messico), seguito da grandi incendi dovuti a esplosioni di gas, con piú di 100 morti e il 10 ottobre le piogge provocarono oltre 300 morti e 500.000 furono colpiti dal disastro in Messico.

Non si tratta di fare un elenco delle catastrofi, niente di tutto ciò, ma dimostra come alcuni fenomeni molto distruttivi sono avvenuti nei due mesi seguenti all’eclisse di agosto. Se dovessimo includere i conflitti umani esplosi in quei due mesi e altre catastrofi naturali necessiterebbe un sostanzioso volume. Inoltre bisognerebbe aggiungere altri dati riguardo l’aumento spettacolare di sismi, eruzioni vulcaniche e meteoriti violente. Se comparati questi eventi con quelli di periodi antecedenti, troviamo un incremento spettacolare in questo periodo che i Maya hanno denominato “il tempo del non tempo”.

Dopo la potente e anomala radiazione emessa dal Sole il 20 gennaio di questo anno si sono scatenate le eruzioni vulcaniche che già avevano registrato un incremento notevole dopo l’eclisse del 1999. In tutto nel 2004 sono state registrate 31 eruzioni significative.

Soltanto tra gennaio e aprile del 2005, ne sono state rilevate 21. E se aggiungiamo le informazioni sulla nuova attività dei vulcani che hanno registrato eruzioni significative dal 1999, esse sono già 43.

Oltre a questa bisogna aggiungere altre conferme alle predizioni maya.

Secondo queste profezie, a partire dell’eclisse del 1999 sarebbero aumentate le guerre e la distruzione. Il cono di ombra di questa eclisse si è proiettato precisamente sul Medio Oriente, Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan e India, indicando una zona sconvolta dai conflitti più sanguinosi e dalla minaccia permanente di un confronto tra Pakistan e India, entrambi provvisti da arsenale nucleare.

Con l’avvicinarsi del 2012 un’onda di calore farebbe aumentare la temperatura del pianeta dando origine a cambiamenti climatici, geologici e sociali senza precedenti, ad un ritmo incalzante. Siamo nel bel mezzo di questa dinamica. L’accelerato scioglimento dei ghiacciai di tutto il mondo e l’apparizione di zone verdi nell’Antartide è un fatto confermato scientificamente. Hanno predetto inoltre i mutamenti inattesi dell’attività del Sole che gli scienziati stanno costatando.

Le profezie maya pronosticano la comparsa di una cometa, con un’elevata probabilità di impatto con la Terra. Curiosamente, anche nell’Apocalisse di San Giovanni si profetizza l’arrivo di questa cometa denominata “Assenzio”, un segno della “Fine dei Tempi”.

Un’altra coincidenza che chiama l’attenzione è che l’11 agosto del 1999, non solo si è verificato l’ultima eclisse totale del millennio, ma è avvenuta anche la formazione di una configurazione astrologica molto rara: la Grande Croce Cosmica, formata dai segni del Toro, Leone, Scorpione e Acquario, per il Sole, la Luna e i tre pianeti (Año/Cero, 102).

Questa croce ci riporta all’Apocalisse perché evoca i “quattro viventi custodi del Trono”. Il primo è descritto “somigliante ad un leone”, il secondo “somigliante ad un toro”, il terzo “con sembianze umane” (Acquario, l’acquaiolo) e il quarto somigliante ad un’aquila (Scorpione).

Ci troviamo di fronte ad una simbologia complessa che inquadra perfettamente con le profezie maya sull’inizio del “Sesto Sole”: una nuova era che, secondo la loro predizione, significa “la fine del tempo della paura” e un’Umanità rinnovata cosmicamente, che costruirà una civiltà superiore all’odierna.

Questa convergenza di aspettative, indipendenti l’una dell’altra, che avvallano le profezie Maya è un’altra realtà da tenere in considerazione.

È inevitabile ricordare maestri come Sri Aurobindo che, insieme alla sua compagna Madre e al suo discepolo Satprem, hanno promosso una trasformazione fisiologica, convinti che in un essere umano superiore debba avvenire “il risveglio” del corpo a livello cellulare e anche negli atomi.

Aurobindo insegnó che “la luce superiore sarebbe discesa ai livelli più inferiori della natura” e avrebbe favorito l’ascensione dell’essere umano a un livello di conoscenza più elevato di quello attuale.

Potrebbe questo cambio essere attivato o favorito da questo grande evento cosmico annunciato dalle profezie maya? Potrebbe questo salto vibrazionale dell’universo, trasmesso dall’Universo al Sole e da quest’ultimo alla Terra, alimentare “la grande trasformazione” che, secondo i Maya, raggiungerà il nostro pianeta definitivamente il sabato 23 dicembre del 2012?

In qualunque caso, tutte queste profezie sono molto eloquenti per quanto riguarda il suddetto salto qualitativo nell’evoluzione della coscienza.

Il cambio cosmico crea le condizioni, ma il mutamento interiore può solo essere frutto di una decisione libera e di un lavoro interiore individuale.

In questo tempo finale dell’ultimo Katum del calendario Maya il Cielo ci mette di fronte ad un bivio: autodistruzione o trasformazione. Ci troviamo per tanto in una specie di “terra di nessuno”: una fase definitiva che non appartiene più alla vecchia era, ma che non appartiene nemmeno all’alba della nuova era che avverrà fra sette anni, quando si aprirà “la porta” cosmica di un tempo rinnovato.

Tuttavia, ci sembra evidente che i fatti corroborano le profezie maya al punto da prenderle sul serio e studiarle senza pregiudizi alla luce delle nostre conoscenze attuali del mondo. L’evoluzione biologica e psicospirituale risponde ad una programmazione cosmica intelligente?

Questo è senza dubbio il grande mistero che ci si prospetta.
Traduzione da: atinachile.cl

Fonte: altrogiornale.org

martedì 14 luglio 2009

VIAGGI NEL FUTURO





E' possibile il viaggio nel tempo?


Mary e John Gribbin


In uno degli sviluppi più sfrenati degli ultimi decenni della scienza più seria i ricercatori dalla California a Mosca si sono messi ad investigare il viaggio nel tempo. Fino ad ora non si sono messi a costruire macchinari del tipo di TARDIS nei loro laboratori, ma hanno realizzato che secondo le equazioni della teoria generale della relatività di Albert Einstein (la migliore teoria su tempo e spazio che abbiamo), non c’è niente nelle leggi della fisica a vietare il viaggio nel tempo. Potrebbe essere estremamente difficile metterlo in pratica, ma non è impossibile.

Suona come fantascienza, ma la cosa è presa in modo così serio dai relativisti che alcuni di loro hanno proposto che ci deve essere una legge di natura per prevenire il viaggio temporale e di conseguenza prevenire i paradossi che ne conseguono, anche se nessuno ha una benché minima idea su come possa operare una tale legge. Il paradosso classico, naturalmente, accade quando una persona viaggia indietro nel tempo e fa qualche cosa per prevenire la propria nascita (uccidere la propria nonna da bambina, nell’esempio più sanguinario, o semplicemente accertandosi che i propri genitori non si mettano mai assieme, come in Ritorno al futuro). Questo va contro ogni logica, dicono gli scettici e perciò deve esserci una legge che gli si opponga. Più o meno si tratta dello stesso argomento che era usato per provare che il viaggio spaziale è impossibile.

E allora, che cosa ci dicono le equazioni di Einstein se spinte al limite? Come ci si può aspettare la possibilità del viaggio temporale coinvolge quelli che sono gli oggetti più estremi, i buchi neri. E poiché la teoria di Einstein è una teoria dello spazio e del tempo, non dovrebbe esserci sorpresa alcuna se i buchi neri offrono, in principio, un modo per viaggiare attraverso lo spazio, ma anche attraverso il tempo. Un buco nero comune, comunque, non funzionerebbe. Se un tale buco nero si fosse formato da un grumo di materiale non rotante, se ne starebbe semplicemente nello spazio ad inghiottire tutto ciò che gli arriva a tiro. Al cuore di un tale buco nero c’è un punto conosciuto come singolarità, un punto dove spazio e tempo cessano di esistere e la materia è compressa fino ad una densità infinita. Trenta anni fa Roger Penrose (attualmente alla Oxford University) ha provato che qualsiasi cosa cadesse in un buco nero di questo tipo sarebbe transitata nella singolarità dalla sua spinta gravitazionale e tolta di.

Ma negli anni ‘60 il matematico neozelandese Roy Kerr scoprì che le cose sono differenti se il buco nero è rotante. Si forma pur sempre una singolarità, ma sotto forma di anello, come la menta col buco. In principio sarebbe possibile immergersi in un buco nero di questo tipo e passare attraverso l’anello per emergere in un altro luogo ed in un altro tempo. Questa "soluzione Kerr" è stato il primo esempio matematico di macchina del tempo, ma allora nessuno la prese sul serio. A quel tempo non ci fu quasi nessuno che prendesse seriamente l’idea dei buchi neri e l’interesse nella soluzione Kerr si sviluppò solo negli anni ‘70, dopo che gli astronomi scoprirono quelli che sembravano essere dei veri buchi neri, sia nella nostra Via Lattea che nel cuore di altre galassie.

Ciò portò ad una proliferazione di pubblicazioni popolari che dichiaravano, per il disappunto dei relativisti, che il viaggio nel tempo poteva essere possibile. Negli anni’80, comunque, Kip Thorne, del CalTech (uno dei principali esperti al mondo sulla teoria generale della relatività) ed i suoi colleghi si misero a provare una volta per tutte che tali sciocchezze non erano ammesse realmente dalle equazioni di Einstein. Studiarono la situazione da tutte le parti ma furono costretti alla conclusione non tanto gradita che non c’era realmente nulla nelle equazioni che vietasse il viaggio nel tempo ammesso che si abbia la tecnologia per manipolare i buchi neri (e questa è una grossa clausola restrittiva). Accanto alla soluzione Kerr sono permessi altri tipi di macchine del tempo da buchi neri, incluse combinazioni descritte con efficace vivacità come "wormhole", in cui un buco nero in un determinato luogo e tempo è connesso ad un buco nero in un altro luogo e un altro tempo (o allo stesso luogo in un tempo differente) attraverso una "gola". Thorne ha descritto alcune di queste possibilità in un libro recente, Black Holes and Time Warps (Picador), che è stracolmo di informazioni ma tutt’altro che di facile lettura. Ora, Michio Kaku, un professore di fisica di New York, si è presentato con una variazione sul tema più accessibile col suo libro Hyperspace (Oxford UP), che (a differenza del libro di Thorne) include almeno una discussione sul contributo di ricercatori come Robert Heinlein nello studio del viaggio temporale. Il Big Bang, la teoria stringa, i buchi neri e i baby-universi, tutti trovano qui menzione, ma è il capitolo sul come costruire una macchina del tempo che fornisce la lettura più affascinante.

"La maggior parte degli scienziati, che non hanno studiato seriamente le equazioni di Einstein," afferma Kaku, "liquidano il viaggio temporale come stupidaggini". E poi continua con lo spiegare perché quei pochi scienziati che hanno studiato seriamente le equazioni di Einstein siano meno categorici. La pagina che preferiamo è quella riempita da un diagramma che mostra lo strano alberi genealogico di un individuo che cerca di essere sia il padre di se stesso/a che la madre di se stesso/a, basato sul racconto di Heinlein "All you zombies". E la descrizione di Kaku di una macchina del tempo è qualcosa che avrebbe fatto felici i fan del Dr Who e di H.G.:

…consiste di due camere con ognuna che contiene due piatti di metallo paralleli. Gli intensi campi elettrici creati tra ogni coppia di piatti (molto più grandi di qualsiasi cosa possibile con l’odierna tecnologia) lacera la trama dello spaziotempo creando un buco nello spazio che collega le due camere.

Avvantaggiandosi della teoria speciale della relatività di Einstein, che afferma che il tempo scorre lento per un oggetto in movimento, una delle due camere viene poi spedita in un lungo e veloce viaggio e poi riportata indietro: il tempo trascorrerebbe in modo diverso ai due capi del wormhole, [e] e chiunque cadrebbe in uno dei capi del wormhole verrebbe spinto istantaneamente nel passato o nel futuro [allorché emergerebbe dall’altro capo].

E tutto questo, è bene sottolineare, è stato pubblicato da scienziati seri su riviste rispettabili del calibro di Physical Review Letters (non ci credete? Controllate il volume 61, pagina 1446). Comunque, come si sarà notato, la tecnologia richiesta è sorprendente, in quanto richiede di prendere ciò che ammonta ad un buco nero per un viaggio attraverso lo spazio ad una frazione che si avvicina alla velocità della luce. Non abbiamo mai detto che sarebbe stata una cosa facile! E allora come si aggirano i paradossi? Gli scienziati hanno una risposta anche a questo. E’ ovvio se ci si pensa sopra, tutto ciò che si deve fare è di aggiungere un contributo giudizioso dalla teoria quantistica al viaggio temporale permesso dalla teoria della relatività. Fintanto che si è un esperto in entrambe le teorie si può trovare un modo per evitare i paradossi.

Funziona in questo modo. Secondo un’interpretazione della fisica quantistica (ci sono molte interpretazioni e nessuno sa qual è quella "giusta", se mai ne esista una), ogni volta che un oggetto quantistico, come un elettrone, è di fronte ad una scelta, il mondo si divide per permettergli di accettare ognuna delle possibilità offerte. Nell’esempio più semplice l’elettrone si potrebbe trovare di fronte ad una parete con due buchi, di modo che potrebbe attraversare un buco o un altro. L’Universo si divide in modo che in una delle versioni della realtà (un gruppo di dimensioni relative) attraversa il buco sulla sinistra, mentre nell’altra va attraverso il buco sulla destra. Spinta al limite questa interpretazione afferma che l’Universo è scisso in copie tendenti all’infinito di se stesso, tutte variazioni su un tema di base, in cui tutti i risultati possibili di tutti i possibili "esperimenti" devono accadere in qualche luogo del "multiverso". C’è quindi, per esempio, un Universo in cui i laburisti sono al governo da 15 anni e si trovano sotto la minaccia di un risorgente partito Tory guidato dal giovane e vibrante John Major.

E come risolve tutto ciò i paradossi? Così. Si supponga qualcuno che torna indietro nel tempo per uccidere la propria nonna da bambina. In questo quadro del multiverso si è recato ad un punto di biforcazione della storia. Dopo aver ucciso la nonna torna in avanti nel tempo, ma in un diverso ramo del multiverso. In Questo ramo della realtà non è mai nato, ma non c’è nessun paradosso in quanto nell’universo della porta accanto la nonna è viva e vegeta cosicché l’assassino è potuto nascere ed è potuto andare indietro nel tempo per commettere il suo misfatto!

Ancora una volta sembra fantascienza e ancora una volta gli scrittori di fantascienza sono arrivati per primi. Ma questa idea degli universi paralleli e delle storie alternate come soluzione ai paradossi del viaggio del tempo si sta prendendo in modo serio da alcuni (anche se non molti) ricercatori, incluso David Deutsch, ad Oxford. La loro ricerca riguarda sia il tempo che le dimensioni relative nello spazio. Non è che se ne potrebbe ricavare un simpatico acronimo: TARDIS (time and relative dimensions in space)?


fonte : http://www.intercom.publinet.it/time/gribbin2.htm



sabato 11 luglio 2009

CONTROSTORIA : PEARL HARBOR

L'attacco di Pearl Harbor fu il frutto di una provocazione studiata a tavolino. Pur sapendo in anticipo l'attacco giapponese quei soldati furono mandati letteralmente al macello. La storia ufficiale però che l'elite dall'occhio che tutto vede racconta tutto il contrario.
“ …e mentre sto parlando a voi, madri e padri, vi do un’altra assicurazione. L’ho già detto altre volte, ma lo ripeterò all’infinito. I vostri ragazzi non verranno mandati a combattere nessuna guerra straniera... potete quindi definire qualsiasi discorso sull’invio di eserciti in Europa come pura menzogna”.

F.D. Roosevelt

Image Riguardo allo storico attacco di Pearl Harbor, i libri di scuola, i film, i documentari e tutti i reportage storici allineati alle versioni ufficiali ci hanno raccontato solo una verità di comodo. Attraverso i canali d’informazione istituzionali è stato ripetuto fino alla nausea che nel 1941 un brutale attacco aereo giapponese a sorpresa annientò la flotta americana del pacifico, lasciando sul campo migliaia di vittime innocenti. Tale versione dei fatti venne diramata dalla Casa Bianca allo scopo di scatenare l’indignazione del popolo americano. Da qui, a legittimare la sua chiamata al fronte come un dovere morale, il passo è stato molto breve.

Sono passati molti anni da quel drammatico 7 dicembre 1941, ma la storia continua a riemergere inquietante, come il cadavere di un omicidio che non vuole affondare. Le numerose inchieste pubbliche e private condotte su Pearl Harbor sembrano infatti avere raccolto ormai sufficiente materiale probatorio per ricostruire una volta per tutte, il vero corso degli eventi in questione.


La censura della storia

Il Giappone, contrariamente a quanto viene convenzionalmente accettato nella letteratura istituzionale didattica mondiale, venne deliberatamente provocato a reagire militarmente da F. D. Roosevelt in tutti i modi possibili. Tale strategia d’azione fu definita nero su bianco nel riservatissimo piano McCollum [34], uno scottante documento che alcuni ricercatori storici sono riusciti a rendere di pubblico dominio.

Nel corso del tempo, sono infatti emerse numerose prove che dimostrano come i servizi dell’intelligence americana riuscirono a decriptare tempestivamente tutti i piani dell’imminente attacco giapponese. La strage di Pearl Harbor quindi, poteva essere evitata e con essa naturalmente, anche la partecipazione dell’America alla guerra. A confermarlo, ci sono persino le testimonianze rese da alti ufficiali della marina americana (come ad es. quella dell’ammiraglio Husband Kimmel o del tenente generale Richardson).

Ed è proprio da questi ultimi infatti che è partita la “prima pietra dello scandalo”. Le loro versioni sulla vicenda, sono oggi disponibili in molte dettagliatissime pubblicazioni, a cominciare, da “Il giorno dell'inganno” di Robert B. Stinnet (pluridecorato USA per il valore militare 42'- 46').

Image Pertanto, le fonti delle informazioni che sono alla base delle accuse contro Roosevelt, non sono costituite (come qualcuno potrebbe pensare) dalle malsane elucubrazioni di estremisti anti-americani, ma come anzidetto, provengono direttamente dagli archivi militari USA e/o dagli stessi ufficiali della marina che prestarono servizio durante la guerra del Pacifico.

Le ragione di questa situazione per così dire “anomala” è in realtà molto semplice da spiegare. Il piano McCollum caldeggiato da Roosevelt, ha rappresentato un crimine commesso contro tutte le nazioni che poi sono state chiamate alle armi. Quindi la prima vittima di questa tipologia di complotti è sempre stata il popolo, non da ultimo, proprio quello americano, ammiragli compresi.

Ecco perché tra i cosiddetti “anti-americani” che si oppongono alla versione ufficiale su Pearl Harbor compaiono anche i nomi “ingombranti” di autorevoli studiosi e testimoni a stelle e strisce. Molti di loro infatti, compresero perfettamente che il vero nemico della pace non veniva dal lontano Pacifico ma si annidava invece nella stessa America, tra i membre della Casa Bianca e quelli dei lussuosi uffici di Wall street. Di conseguenza, le generiche accuse di anti-americanismo rivolte contro chiunque cerchi di portare a galla la verità su Pearl Harbor risultano essere veramente fuori luogo.

Viceversa, le prove contro il governo Roosevelt, pesano come un macigno che nessun perito della commissione ufficiale d’inchiesta è riuscito a smuovere di un millimetro.

La flotta USA, avrebbe potuto tranquillamente essere messa in salvo, ma si fece l’esatto opposto, affinché migliaia di soldati americani trovassero la morte sotto le bombe giapponesi. Perché? La risposta è tanto chiara quanto scandalosa. Il vero obiettivo di Roosevelt era quello di creare il roboante casus belli di cui avevano bisogno i poteri forti per coinvolgere la nazione americana nel conflitto.

Image E dallo stesso momento in cui venne deciso che le navi da guerra USA, con tutto il loro carico umano sarebbero serviti da esca, la base di Pearl Harbor venne deputata a questa funzione sacrificale. Quello che accadde dopo fu solo la cronaca di una strage annunciata.....

Il Giappone quindi non solo si trovò a dover sopportare le gravi azioni di provocazione messe in atto con il piano McCollum, ma venne anche “indotto in tentazione” dallo stesso Roosevelt che “suggeriva” ai generali nipponici la soluzione della crisi con un colpo di mano. Come? Semplicemente “porgendo il fianco” della sua flotta al nemico. Le navi da guerra americane infatti vennero costantemente mantenute in zona di pericolo per ordine diretto del Presidente. Il comando giapponese fu così spinto a credere di dover approfittare di un occasione irripetibile per cercare di vincere una guerra ormai inevitabile contro il gigante americano. Ma cadde solo nella trappola…



Una regia occulta

Come verrà illustrato nel prosieguo, dietro le dinamiche degli eventi bellici è sempre possibile intravedere l'ombra cupa dei poteri forti, una realtà che emerge sconcertante tutte le volte che si effettuano dei reali approfondimenti. In pochi ne parlano apertamente, ma sono solo questi a manipolare tanto il corso della storia quanto il mondo dell’informazione. Sono talmente potenti che possono permettersi il lusso di insabbiare tutti i loro crimini senza mai apparire come primi attori. E le grandi inchieste ufficiali troppo spesso servono solo a manipolare l’opinione pubblica, mentre al contempo, le fonti d’informazione non controllate (come le piccole case editrici o i siti internet) vengono demonizzate e messe alla berlina nel circolo mediatico di più larga diffusione.

Come è cambiata l’America dopo Pearl Harbor

Prima del fatidico 7 dicembre 1941, l’88% della popolazione americana (sondaggio realizzato in America nel settembre 1940) era contraria a mandare i propri figli a morire per una guerra lontana [31] e il signor F. D. Roosevelt, proprio come il signor W. Wilson, venne eletto Presidente grazie alla promessa che non avrebbe mai trascinato la nazione in un conflitto.

Ecco infatti, cosa dichiarò pubblicamente ai suoi elettori F.D. Roosevelt: “… e mentre sto parlando a voi, madri e padri, vi do un’altra assicurazione. L’ho già detto altre volte, ma lo ripeterò all’infinito. I vostri ragazzi non verranno mandati a combattere nessuna guerra straniera...[1]

Ma nonostante queste buone dichiarazioni d’intenti volte solo ad accattivarsi il consenso di un America pacifista, il procurato attacco giapponese e il conseguente bagno di sangue di Pearl Harbor, provocarono una ondata emotiva tale che l’opinione pubblica americana mutò repentinamente atteggiamento, optando, come cinicamente previsto, a favore dell’intervento militare. In sostanza, senza un episodio come quello di Pearl Harbor, l’amministrazione americana non avrebbe mai potuto trascinare il paese in guerra e il Presidente Roosevelt avrebbe dovuto, “suo malgrado”, mantenere le promesse fatte alla nazione.

Il piano McCollum

Grazie al Freedom of Information Act promosso dal parlamentare USA John Moss, molti ricercatori indipendenti hanno potuto trovare accesso ad uno straordinario numero di documenti sulla guerra del Pacifico. Dallo studio accurato di questi è poi emersa tutta la verità sconcertante;

Si viene così a sapere che già il 7 ottobre del 1940, nel quartier generale della Marina di Washington, circolò un bollettino destinato a compromettere per sempre l’amministrazione Roosevelt nella premeditazione della guerra. Il dispaccio proveniva dall’ufficio dei servizi informativi ed era indirizzato a due dei più fidati consiglieri del Presidente, i capitani della Marina Walter S. Anderson e Dudley W. Knox. Al suo interno recava la sottoscrizione in calce del capitano di corvetta Arthur H. McCollum, un militare esperto dei costumi del “sol levante”. Quest’ultimo infatti, aveva trascorso diversi anni della sua vita in Giappone e ne conosceva perfettamente la cultura. Si poneva quindi come l’uomo adatto per studiare una strategia di provocazione.

McCollum elaborò così un piano che prevedeva otto diverse modalità d’azione per ingaggiare una guerra con il Giappone. Il documento si componeva di cinque pagine e in esso si faceva esplicito riferimento alla creazione di quelle condizioni che avrebbero costretto i giapponesi ad una reazione armata contro gli USA.

Una volta che questa si fosse verificata, la nazione americana si sarebbe ritrovata automaticamente impelagata nell’intero conflitto mondiale. Proprio ciò che volevano gli oscuri signori della guerra in doppiopetto e bombetta. La stipula del famoso patto tripartito (siglato a Berlino il 27 Settembre 1940), garantiva infatti alle forze dell’asse (Germania, Italia, Giappone) mutuo soccorso reciproco durante tutto il conflitto.

Le operazioni da seguire per raggiungere questo obiettivo sono qui di seguito sinteticamente elencate:


1. Accordarsi con la Gran Bretagna per l’utilizzo delle basi inglesi nel Pacifico, soprattutto Singapore.

2. Accordarsi con l’Olanda per utilizzare le attrezzature della base e poter ottenere provviste nelle Indie orientali olandesi (l’attuale Indonesia).

3. Fornire tutto l’aiuto possibile al governo cinese di Chiang Kai-Shek.

4. Inviare in Oriente, nelle Filippine o Singapore, una divisione di incrociatori pesanti a lungo raggio.

5. Spostare le due divisioni di sottomarini in Oriente.

6. Tenere la flotta principale degli Stati Uniti, attualmente nel Pacifico, nei pressi delle isole Hawaii.

7. Insistere con gli olandesi affinché rifiutino di garantire al Giappone le richieste per concessioni economiche non dovute, soprattutto riguardo al petrolio.

8. Dichiarare l’embargo per tutti i commerci con il Giappone, parallelamente all’embargo dell’impero Britannico.


Image - Il bollettino McCollum delle otto azioni è stato scoperto da Robert B. Stinnet t il 24 gennaio 1995 nella scatola n.6 di una speciale raccolta della Marina degli Stati Uniti, RG 38, Modern Military Record Branch degli Archives II. - [34]


Le altre prove del complotto

Ciò premesso, la versione ufficiale ha escluso comunque qualsiasi tipo di coinvolgimento del Presidente Roosevelt in un complotto contro le nazioni. Una conclusione “politica” che però non trova alcun fondamento nella storia. Roosevelt venne infatti complessivamente informato del “pericolo” di un imminente attacco giapponese da almeno ben otto fonti diverse [2]. Inoltre, il 27 e il 28 novembre 1941, gli alti ufficiali americani ricevettero un ordine che la dice lunga sulle vere intenzioni del governo Roosevelt : “Gli Stati Uniti desiderano che il Giappone compia il primo atto diretto” [3]. Un comunicato questo che, stando alla testimonianza del ministro della guerra Henry L. Stimson venne emanato direttamente da Roosevelt (anche se in realtà, come verrà chiarito in seguito, Stimson cercò solo di scaricare tutti i dubbi e le ombre di cospirazione sul Presidente).

Eclatante a tal proposito anche il messaggio scritto al Segretario di Stato Cordell Hull dall'ambasciatore americano a Tokyo, Joseph Grew il 27 gennaio 1941. Nella riservatissima missiva che C. Hull si affrettò a distribuire ai servizi informativi (e quindi anche direttamente al Presidente) si leggeva infatti a chiare lettere che in caso di guerra, Pearl Harbor sarebbe stato il primo bersaglio [4].

Ma ecco cosa affermava esattamente il testo del cablogramma in questione [5]: “Un collega peruviano ha rivelato a un membro del mio staff di aver sentito diverse fonti, compresa una fonte giapponese, che le forze militari giapponesi hanno progettato, in caso di problemi con gli Stati Uniti, di tentare un attacco a sorpresa su Pearl Harbor impiegando tutte le strutture militari a loro disposizione. Ha aggiunto inoltre che, sebbene il piano possa sembrare una fantasia, il fatto che lo abbia sentito da più parti lo ha indotto a passare l’informazione. - Grew”

E se come anticipato, l’intelligence USA era in grado di decriptare i messaggi in codice giapponesi già molto tempo prima di Pearl Harbor, il Presidente deve necessariamente avere conosciuto con largo anticipo, le modalità con cui sarebbe avvenuto l’attacco a “sorpresa” giapponese.

Al contrario, i comandanti del contingente americano direttamente interessato, e cioè l’ammiraglio Husband Kimmel e il tenente generale Walter Short, vennero tenuti completamente all’oscuro di quanto stava realmente accadendo, onde evitare che potessero adottare le opportune contromisure (come ad es. reclamare uno spostamento della flotta in una zona più sicura). Il giorno dell’attacco infatti, nella base di Pearl Harbor non era stato neppure proclamato lo stato d’allerta e le perdite umane furono spaventose. Si verificò così, proprio quella strage degli innocenti che serviva all’amministrazione americana per mobilitare l’indignazione del popolo americano. Il bollettino di guerra fu straziante, sette navi da guerra affondate all’ancora, 2273 morti (tra civili e militari) e 1119 feriti.

Quando vennero aperte le prime indagini nella commissione d’inchiesta del 1946, fu esclusa ufficialmente qualsiasi responsabilità diretta di D. F. Rosevelt sulla base dell’assunto che il Presidente non sarebbe mai venuto a conoscenza del piano McCollum. Tuttavia, esiste ormai un castello di prove che dimostra l’esatto opposto. E per fare maggiore chiarezza, basti dire che le perizie scientifiche svolte sul famoso protocollo hanno accertato la presenza delle sue impronte digitali su ognuna delle cinque pagine del piano [3]. In un processo “normale”, tale materiale probatorio, sarebbe stato sufficiente a far condannare chiunque oltre ogni ragionevole dubbio.

Roosevelt peraltro, ordinò di spostare buona parte della flotta USA alle Hawaii proprio il giorno successivo alla divulgazione del suddetto bollettino e quindi in completa ottemperanza al piano McCollum. Tale disposizione della casa bianca infatti, non poteva essere connessa ad alcun altra strategia militare razionale se non quella della provocazione.

Le proteste degli alti ufficiali

Il trasferimento di preziose unità navali americane nelle acque del Pacifico risultò quindi talmente incomprensibile agli alti ufficiali di marina che prima di essere accettato dovette scontrarsi con le animose proteste dell’ammiraglio Richardson qui di seguito riportate testualmente: “Signor Presidente, gli ufficiali più anziani della Marina non hanno la fiducia nella guida civile di questo paese…” [6].

Richardson dimostrò risolutamente tutto il proprio disappunto, in quanto da buon ufficiale di marina, sapeva bene che stanziare la flotta nelle acque delle Hawaii sarebbe stato interpretato dal comando giapponese come un chiaro atto di ostilità, o meglio come i preparativi per un’aggressione. Proprio ciò che Richardson, per lealtà al suo paese avrebbe voluto evitare.

Il documento programmatico di McCollum del resto, non lasciava dubbi di sorta circa le sue reali finalità provocatorie. E in particolar modo alla lettera D, dove contemplava addirittura l’invio di navi da guerra americane nelle acque territoriali giapponesi o appena fuori di esse.

Durante i riservatissimi briefing militari che si tennero alla Casa Bianca, Roosevelt infatti, si dimostrò irremovibile sulla necessità di porre in atto simili azioni. Non accettò mai alcuna obiezione o variazione del piano. E dopo avere programmato gli sconfinamenti della flotta americana sotto l’appellativo di “missioni a sorpresa” dichiarò espressamente: “Voglio semplicemente che sbuchino qua e là e che i giapponesi continuino a chiedersene la ragione… [7].

Affermazioni queste che incontrarono anche le obiezioni degli altri alti ufficiali. L’ammiraglio Husband Kimmel ad esempio, quando venne posto di fronte all’ordine di condurre “missioni a sorpresa” per provocare i giapponesi si lasciò scappare la seguente affermazione: “E’ una mossa sconsiderata e compierla porterà alla guerra” [8].

Ma quando l’ammiraglio Kimmel si rese conto che Roosevelt non aveva alcuna intenzione di tornare sui propri passi, preferì scendere a compromessi e offrì la sua collaborazione all’unica condizione che fosse stato tempestivamente informato delle contromosse giapponesi.

Il “dietro-front” di Kimmel venne quindi premiato con una promozione al grado di ammiraglio e con la nomina di comandante in capo della flotta del Pacifico. Chi invece, come l’ammiraglio Richardson, mantenne coraggiosamente la sua posizione, venne rimosso il 1 febbraio 1941 durante una importante riorganizzazione della Marina.

Roosevelt ordinò infatti la suddivisione delle forze navali in due contingenti distinti, una flotta per l’Atlantico e l’altra per il Pacifico. Un’escamotage che gli consentì di liberarsi agevolmente degli ufficiali non allineati ai suoi programmi, e di prepararsi nello stesso tempo, ad affrontare un conflitto allargato alla Germania.

La registrazione degli ordini emanati direttamente da Roosevelt nel periodo a cavallo tra marzo e luglio 1941 dimostra ancora più dettagliatamente quanto egli fosse realmente immischiato nel piano McCollum. Il Presidente diede disposizioni di sua iniziativa e persino contro il parere dei suoi più alti ufficiali per violare reiteratamente il diritto internazionale. Vennero quindi dispiegati gruppi navali militari operativi (in pieno assetto di guerra) al confine delle acque territoriali giapponesi allo scopo di compiere tre “missioni a sorpresa” [9].

Altri indizi inquietanti riguardo un diretto coinvolgimento del Presidente in una cospirazione provengono dallo stesso modo in cui vennero organizzati i servizi informativi. Le traduzioni dei messaggi in codice giapponesi ad esempio, dovevano pervenire direttamente nelle sue mani o in quelle di soggetti da lui autorizzati. Tutte le intercettazioni militari e diplomatiche giapponesi gia decodificate arrivarono quindi alla casa bianca baipassando l’ammiraglio Kimmel, il comandante in capo della flotta nel Pacifico. In questo modo venne garantita la massima segretezza possibile sulle reazioni di Yamamoto alle provocazioni americane. Persino nei confronti dello stesso stato maggiore USA.

E appena le “missioni a sorpresa” ebbero inizio, le navi guerra americane cominciarono a scorazzare intorno alle acque territoriali giapponesi arrivando ad insidiare perfino lo stretto di Bungo, ovvero l’accesso principale al Mar del Giappone. Ne scaturì una crisi diplomatica che culminò con le proteste ufficiali del ministero della Marina giapponese. La lettera venne consegnata all’ambasciatore Grew di Tokyo, per denunciare quanto segue: “Nella notte del 31 luglio 1941, le unità della flotta giapponese ancorate nella Baia di Sukumo (stretto di Bungo) hanno captato il suono di eliche che si avvicinavano da est. I cacciatorpediniere della Marina giapponese hanno avvistato due incrociatori che sono scomparsi in direzione sud dietro la cortina di fumo accesa dopo che gli era stato intimato il chi va là…..Gli ufficiali della Marina ritengono che le imbarcazioni fossero incrociatori degli Stati Uniti”.

L’ombra dell’alta finanza dietro la programmazione della guerra

L’amministrazione americana non è mai stato il vero attore delle guerre più recenti, ma solo una pallida comparsa. Il soggetto pubblico su cui riversare tutte le colpe.

Le reali motivazioni che spinsero il Presidente Roosevelt a catapultare il popolo americano in guerra, conducono inequivocabilmente ad alcuni dei retroscena meno divulgati del secondo conflitto mondiale.

Ecco ad esempio cosa è clamorosamente “sfuggito” agli storici della versione ufficiale:

Nell’estate del 1940 (prima dell’emanazione del protocollo McCollum), Roosevelt elaborò un piano di politica estera volto ad isolare economicamente il Giappone e le forze dell’asse con una serie di embarghi. Ma la circostanza quantomeno “anomala”, è che la Casa Bianca stava riservatamente operando al contempo per garantire a questi stessi paesi nemici la scorta di risorse energetiche a loro necessarie per intraprendere una lunga guerra proprio contro gli Stati Uniti e i suoi alleati. Roosevelt scelse infatti di dare corso alle vere provocazioni (del protocollo McCollum) solo quando il Giappone venne ritenuto in grado di sostenere il conflitto. Pertanto, i giapponesi ricevettero tutto l’approvvigionamento di materie prime (in particolare il petrolio) di cui avevano bisogno persino durante il proclamato embargo.

Nei mesi di luglio e ottobre del 1940, in pieno regime di apparente isolamento economico del Giappone, il Call Bullettin di San Francisco fotografò degli operai sul molo del porto cittadino mentre stavano tranquillamente provvedendo allo stoccaggio di numerosi container nelle stive di due navi da trasporto nipponiche. Si trattava della “Tasukawa Maru” e della “Bordeau Maru”, entrambe, vennero caricate con ingenti quantità di quel materiale ferroso di cui aveva fortemente bisogno l’industria pesante Giapponese, un paese ritenuto ufficialmente ostile. Una volta terminate le operazioni di carico, il naviglio prese il largo e fece rotta verso la madrepatria. Ma non si trattò solo di un caso isolato perché la scena era destinata a ripetersi in modo quasi surreale per tutto il 1940 e il 1941 persino dopo lo scoppio del conflitto [10].

La vicenda in questione non era certo sfuggita ai servizi segreti americani che annotarono tutti gli spostamenti delle navi da trasporto giapponesi (ibid). E anche per quanto concerneva i rifornimenti di petrolio, la violazione delle restrizioni avvenne in modo sistematico e del tutto evidente. L’embargo infatti non fu mai applicato alle raffinerie ubicate sulla costa occidentale degli Stati Uniti (ibid p.36), pertanto è lecito concludere che l’osannato isolamento del Giappone fosse solo una manovra politica di facciata.

A dispetto dei proclami formali, la Casa Bianca si adoperò dietro le luci dei cronisti per sostenere le capacità belliche Giapponesi. Lo scopo era quello di prepararlo all’imminente conflitto già in agenda dei poteri forti. Un assunto questo che, per quanto possa apparire assurdo a chi ha sempre creduto alla favola dell’imperialismo americano (o viceversa, ha riposto la massima fiducia nei metodi democratici dell’amministrazione USA), non solo risponde al vero, ma dimostra come l’opinione pubblica sia stata sempre spudoratamente manipolata.

Il console generale giapponese rassicurò infatti il suo governo che al di là dei proclami formali, Roosevelt e il suo esecutivo, stavano chiudendo un occhio sui rifornimenti “americani” affermando letteralmente: “Tutti i nostri permessi di esportazione sono stati garantiti. Le agenzie americane da cui acquistiamo il petrolio procedono e stabiliscono accordi soddisfacenti con le autorità governative di Washington” [11]

L’alto funzionario diplomatico giapponese specificò inoltre che era riuscito ad acquistare una miscela speciale di petrolio greggio eludendo facilmente i divieti imposti con l'embargo. Nel messaggio segreto poi cifrato, compare dettagliatamente la portata dell’acquisto; 44.000 tonnellate (ben 321.000 barili) dall’Associated Oil Company. Peraltro il dispaccio diplomatico terminava concludendo: “I rivenditori di petrolio americano della zona di San Francisco che vendono alla Mitsui e alla Mitsubishi, dei quali il principale è l’Associated Oil Company, credono che non ci sarà alcuna difficoltà nel continuare la spedizione di comune carburante al Giappone” (ibidem).

Allo storico cablogramma diplomatico, fanno poi da inquietante contorno le registrazioni militari USA a proposito delle rotte di carico e scarico regolarmente effettuate dalle petroliere dirette in Giappone. E poiché, i servizi informativi americani monitorarono costantemente i movimenti delle navi da trasporto nipponiche su esplicito ordine della Casa Bianca, è legittimo supporre che Roosevelt, non poteva non sapere cosa stava realmente accadendo.

Le navi con il prezioso carico di oro nero americano erano dirette verso il deposito petrolifero di Tokuyama. E solo nel periodo compreso tra il luglio 1940 e l’aprile 1941 risulta accertato che i rifornimenti petroliferi “americani” ammontarono a quasi 9.200.000 barili.

Tutte le rotte degli approvvigionamenti giapponesi vennero intercettati e schedati dai radiogoniometri militari americani dalla Stazione SAIL, il centro di controllo del Navy’s West Communication Intelligence Network (sistema dei servizi informativi di comunicazione della costa occidentale della Marina USA, WCCI) ubicata vicino Seattle. Gli impianti radio della Mackay Radio & Telegraph, Pan American Airways, RCA Communications e Globe Wireless fornirono ulteriori preziose informazioni.

L’ampio ed efficientissimo sistema di monitoraggio USA si estendeva lungo tutta la costa occidentale, da Imperial Beach in California sino a Dutch Harbor in Alaska [32].

In conclusione quindi, i servizi informativi e il Presidente dovevano sapere perfettamente che la maggior parte del petrolio giapponese proveniva dall’impianto di raffinazione californiano della Associated Oil Company di Port Company. Un continuo andirivieni di navi da trasporto portò infatti il prezioso carburante direttamente a Tokuyama, la principale base di rifornimento della flotta militare giapponese.

Qualcuno però si accorse per tempo di quanto stava effetivamente avvenendo dietro le verità ufficiali e denunciò il fatto pubblicamente. Così, accadde che proprio mentre Roosevelt si dava affanno nell’apparire un Presidente pacifista dinanzi alla Nazione, il deputato del Missouri Philip Bennet rilasciò la seguente eloquente dichiarazione: “…..Ma i nostri ragazzi non verranno mandati all’estero, dice il Presidente. Sciocchezze, signor Presidente; Già ora si sta provvedendo a preparargli le cuccette sulle nostre navi da trasporto. Gia ora i cartellini per l’identificazione di morti e feriti vengono stampati dalla ditta di William C. Ballatyne & Co. di Washington” [12].

E anche se all’epoca dei fatti tale affermazione “fuori dal coro” di P. Bennet passò quasi completamente inosservata, le indagini storiche del dopoguerra gli hanno conferito pienamente ragione. Roosevelt, come tutti i politici a cui è stato consentito l'accesso alle “stanze dei bottoni”, non fece altro che obbedire alle direttive dell’alta finanza, ovvero, ottemperò scrupolosamente agli ordini degli “invisibili” magnati a cui i popoli pagano il debito pubblico attraverso le tasse. Illuminante in tal senso, l’amara considerazione personale di Curtis Dall, il genero di F.D. Roosevelt,: “Per molto tempo pensai che (Roosevelt)...avesse nutrito molti pensieri e progetti a beneficio del suo paese, gli USA. Ma non era così. La maggior parte dei suoi pensieri, le sue “cartucce” politiche, per così dire, erano state attentamente fabbricate per lui dal Consiglio sulle relazioni estere/Gruppo finanziario per un mondo unito (CFR= Rockfeller, Rothschild & co – specificaz. Dell'autore.). Brillantemente e con grande slancio, come fossero un bel pezzo d'artiglieria, egli sparò quelle “cartucce” prefabbricate in mezzo a un bersaglio inaspettato, il popolo americano, e così comprò e confermò il suo rapporto politico internazionalista” [13].

E a dispetto di ciò che continua ad affermare la storia patinata della versione ufficiale, non rimane quindi che svelare chi erano e che intenzioni avevano i potenti “consiglieri” di F.D.R. che tanto ascendente avevano su di lui….

Un accenno alla regia occulta

Dietro i protagonisti ufficiali della storia che abbiamo studiato nelle c.d. “scuole” dell’obbligo, operano senza mai apparire, i membri e i programmi della vera casta di comando, i c.d. “poteri forti”. Una elite di persone che gestisce il potere da padre in figlio e che da secoli tiene letteralmente sotto controllo l’economia (e quindi anche la politica) delle nazioni. Sono i proprietari esclusivi delle banche centrali, delle assicurazioni, dei monopoli energetici, dell’industria e dei grandi canali d’informazione. I suoi rappresentanti non si riconoscono realmente in alcuna specifica nazionalità poiché si ritengono al di sopra di qualunque di essa, considerandosi a tutti gli effetti i veri signori del mondo. Ed ecco a tal proposito cosa ebbe a dichiarare già nel lontano 1733, un illustre esponente dei grandi casati finanziari che oggi possiedono letteralmente le banche centrali, il finanziere Amschel Mayer Bauer Rothschild (capostipite dell’impero Rothschild): “La nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo conferenze di pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa ottenere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre più nel loro debito e, quindi, sempre più sotto il nostro potere” [14].

Dal quel remoto 1733 però, il tempo non sembra essere passato invano e gli strumenti dei manipolatori sono stati affinati. Nella storia contemporanea sono sorte infatti vere e proprie istituzioni paragovernative che lavorano a porte chiuse per realizzare i programmi di dominio dell’alta finanza. E come intuito da Curtis Dall, una di queste moderne organizzazioni che maggiormente diresse l’operato di Roosevelt è il CFR (Council on Foreign Relations). Una sedicente organizzazione “filantropica” fondata nel 1921, con il finanziamento della famiglia Rockefeller. Alla costituzione del CFR parteciparono 650 “eletti”, “il Gotha del mondo degli affari" [15] e suoi membri di spicco furono sempre all’ombra del Presidente americano di turno. Ed è quindi proprio a costoro che si deve attribuire la vera paternità del protocollo McCollum. In qualità di ministro della guerra di Roosevelt ad esempio, agiva in “prima linea” Henry Stymson, un personaggio che “guarda caso” era anche uno dei membri fondatori del CFR. Il suo coinvolgimento nel piano di provocazione, emerge chiaramente dalle righe del suo stesso diario: “Affrontiamo la delicata questione di come realizzare una schermaglia diplomatica che faccia apparire il Giappone dalla parte del torto e gli faccia compiere, scopertamente, il primo passo falso” [16]. E sempre a tal proposito, lo scrittore George Morgenstern, ha pubblicato il libro “Pearl Harbor, The Story Of The Secret War” in cui è stato esaustivamente documentato come il Giappone venne trascinato in guerra dalla strategia d'azione dei membri del CFR.

Poiché come noto, a molte guerre corrispondono molti soldi e infinito potere per gli oscuri signori dell'alta finanza. Una volta conclusi i conflitti, saranno infatti sempre loro a decidere le condizioni di riparazione della nazione di turno che è stata messa in ginocchio. Ai popoli di entrambe le parti belligeranti invece, non resterà che l’amaro compito di leccarsi le ferite tra un camposanto e l'altro, aspettando di sapere quanto dovranno pagare per le spese di guerra (“vinta” o persa che sia). Con l’ingresso dell’America nel secondo conflitto mondiale avvenne infatti un colossale trasferimento di ricchezza dalla casse pubbliche a quelle private; Il bilancio federale USA a cavallo del decennio 1930-1939 era di “appena” 8 miliardi di dollari l’anno, nel 1945 invece, il debito per sostenere la guerra fece impennare i grafici contabili fino 303 miliardi di quota. Il costo globale del conflitto (nei soli termini economici) sostenuto dagli americani, fu ufficialmente di 321 miliardi di dollari, più del doppio di quanto il governo federale aveva “scucito” ai contribuenti nei 152 anni di storia che vanno dal 1789 al 1941 [17]. Gli eventi bellici peraltro, non rappresentano solo il grande business dei banchieri, ma sono anche un subdolo ed efficacissimo strumento di azione politica. Vengono infatti concepiti a tavolino come formidabile pretesto per instaurare a guerra finita, gli assetti politici e sociali a loro più congeniali. Si muovono a piccoli passi per realizzare il progetto secolare del “nuovo ordine mondiale”. Uno scopo che del resto trapela esaustivamente dalle stesse parole pronunciate da James Warburg (insigne esponente dei poteri forti) solo pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale:

"Che vi piaccia o no, avremo un governo mondiale, o col consenso o con la forza".[18]

Tra gli altri invisibili personaggi della storia che “suggerirono” a Roosevelt gli obiettivi da raggiungere durante la sua presidenza, compare il nome eccellente di Bernard M. Baruch. Un illustre membro dell’alta finanza e del CFR che presiedette al Comitato delle industrie belliche durante la Prima guerra mondiale e che poi negoziò anche le condizioni delle riparazioni tedesche nel trattato di Versailles [19]. La sua autorevolissima voce venne sempre e perentoriamente ascoltata dai presidenti americani.



Nato in Texas nel 1870 da un agiatissimo esponente del Ku Klux Klan, l'ultra miliardario Bernard Mannes Baruch divenne il “consigliere” di ben sei presidenti USA. Dal massone [20] Woodrow Wilson (1912) al massone Eisenhower (1950), fu sempre lui ad esempio a “persuadere” il Presidente Wilson circa la necessità di coinvolgere l’America nella prima guerra mondiale. E persino la creazione di un organo governativo volto esclusivamente a sostenere lo sforzo bellico americano fu una sua idea. Nulla di strano quindi se al nuovo ente vennero conferiti ampi poteri speciali nella pianificazione della produzione industriale. Come del resto è naturale, che a capo di esso finì per essere nominato proprio lui, Bernard Baruch, il mentore del Presidente.

Una volta al comando del “War Industry Board”, tutte le commesse relative al materiale bellico e logistico passarono nelle sue mani, dagli stivali ai mezzi corazzati. Affari d’oro che non si limitarono agli approvvigionamenti americani ma che si estesero in buona misura anche agli ordinativi degli altri eserciti alleati. E come denunciò nel 1919 dalla Commissione Investigativa del Congresso (guidata dal senatore W. J. Graham) che indagò sui profitti che quell’organo rese possibili, si trattò di: “un governo segreto…sette uomini scelti dal Presidente hanno concepito l’intero sistema di acquisti militari, programmato la censura sulla stampa, creato un sistema di controllo alimentare…dietro porte chiuse, mesi prima che la guerra fosse dichiarata” [21].

In seguito, fu possibile ripetere tale collaudato “modus operandi” grazie ai “consigli” che Baruch diede al presidente F. D. Roosevelt, nella guerra contro Hitler: questa volta però l’organo pianificatore si chiamò War Production Board. A dirigerlo venne nominato Harry Hopkins, un uomo di fiducia del signor Baruch, (ibidem).

La decriptazione dei codici giapponesi

Tornando alle circostanze militari che condussero all’attacco di Pearl Harbor, già a partire dall’ultima settimana del settembre 1940, un esperto team di crittografi americani riuscì a decodificare entrambi i principali codici segreti utilizzati dai Giapponesi. Tutte le comunicazioni diplomatiche riservate vennero quindi tradotte con il “codice Purple” mentre i dispacci militari nipponici segreti poterono essere interpretati con il codice “Kaigun Ango” in tempi sufficientemente brevi. La riuscita decodificazione dei codici però, venne mantenuta nel massimo riserbo anche tra le stesse autorità militari USA, in quanto, come anzidetto, si fece in modo che i dispacci dei servizi informativi giungessero direttamente al Presidente [22].

Le reali potenzialità dell’intelligence USA vennero “a galla” solo più tardi, grazie alle rivelazioni del contrammiraglio Royal Ingersoll, assistente capo delle operazioni navali. Egli spiegò infatti che già prima di Pearl Harbor i servizi informativi americani erano in grado di scoprire in anticipo la strategia navale di guerra e le operazioni tattiche del Giappone [33]. Una verità esplosiva documentata da una lettera scritta il 4 ottobre 1940 e indirizzata da Ingersoll ai due ammiragli James Richardson e Thomas Hart. La missiva, estremamente chiara e dettagliata, precisava che la marina americana iniziò il rilevamento dei movimenti e delle posizioni delle navi da guerra giapponesi nell’ottobre 1940: “Ogni spostamento rilevante della flotta dell’Orange (che nel codice USA significava Giappone) è stato previsto ed è disponibile un flusso continuo di informazioni riguardanti le attività diplomatiche dell’Orange” [23].

Peraltro come vedremo, i giapponesi, furono protagonisti di talmente tanti errori madornali nell’effettuare le loro comunicazioni riservate, che diventa davvero difficile poi riuscire a credere nella versione ufficiale dell'attacco a “sorpresa”.

L'ammiraglio giapponese Yamamoto infatti, ruppe imprudentemente il silenzio radio il 25 novembre 1941. I messaggi in questione ordinavano alla 1° flotta aerea di prendere il volo il 26 novembre dalla base di Hitokappu per dirigersi in acque Hawaiiane e attaccare così la flotta americana all'ancora di Pearl Harbor. Precisò addirittura latitudine e longitudine della rotta da percorrere [24].

Come noto, l’attacco venne poi rimandato al 7 dicembre, ma ciò non toglie che i servizi informativi americani sapessero ormai quali fossero le reali intenzioni giapponesi. E come minimo, la base di Pearl Harbor avrebbe dovuta essere stata posta in stato di allerta. Ma ecco qui di seguito riprodotto il testo letterale dei due messaggi intercettati dai sevizi informativi americani:

1) “Il 26 novembre l'unità operativa, mantenendo strettamente riservati i suoi movimenti, deve lasciare di Hitokappu e giungere al 42° di latitudine nord per 170° di longitudine est nel pomeriggio del 3 dicembre e completare velocemente il rifornimento” [25].

2) “L'unità operativa, mantenendo strettamente riservati i suoi movimenti e ponendo estrema attenzione a sottomarini e velivoli, deve avanzare in acque Hawaiiane e alla vera apertura delle ostilità attaccare la forza principale degli Stati Uniti alle Hawaii infiggendole un colpo mortale (neretto dell’autore). Il primo attacco aereo è previsto per l'alba del giorno X. La data esatta sarà fornita in un ordine successivo. Una volta completato l'attacco aereo, la forza operativa, mantenendo una stretta collaborazione e prestando attenzione al contrattacco nemico, dovrà abbandonare velocemente le acque nemiche e fare rotta verso il Giappone. Se i negoziati con gli Stati Uniti avranno esito positivo, l'unità operativa dovrà essere pronta a tornare immediatamente a radunarsi”.

Paradossalmente però, solo gli uomini di fiducia del Presidente erano stati autorizzati a seguire l’ evoluzione della crisi con il Giappone. Ed è probabilmente proprio per tale motivo che quel fatidico 7 dicembre 1941, il “miracolato” ammiraglio Anderson (ex direttore dei servizi informativi e stretto collaboratore di Roosevelt) sopravvisse indenne all’attacco. Egli infatti, al momento dell’incursione aerea non si trovava a bordo di nessuna delle sue navi da guerra, ma al sicuro nella sua tranquilla residenza di Diamod Head.

Per un’altra “strana” ironia della sorte, la stazione di monitoraggio americano delle Hawaii (la c.d. stazione cinque) era proprio uno dei principali centri d’intercettazione dei messaggi in codice Purple giapponesi. E ciononostante, la strage non poté essere evitata, poiché, come già ampiamente chiarito, i messaggi giapponesi, una volta decriptati venivano inviati direttamente al Presidente, senza passare quindi per l’alto comando locale. Una circostanza per così dire “anomala” che fece da preludio al sacrificio umano di migliaia di americani.

A denunciare le “stranezze” della catena informativa ci sono le proteste documentate e archiviate dell’ammiraglio Kimmel. Il quale, al sopraggiungere della primavera del 1940, si rese conto di essere stato tagliato fuori dal servizio informativo. A provarlo c’è la sua richiesta del 18 febbraio 1940 rivolta all’ammiraglio Stark per ottenere che venisse nominato un responsabile dei servizi a cui fare capo per risolvere la “confusione”. Lo scopo di Kimmel naturalmente, era quello di ottenere che qualche ufficiale qualificato gli facesse pervenire i rapporti di natura segreta [26] senza “malintesi”.

La risposta di Stark però, arrivò solo dopo un mese circa, esattamente il 22 marzo. In essa veniva perentoriamente affermato quanto segue: “I servizi segreti della Marina sono pienamente consapevoli della loro responsabilità di tenervi adeguatamente informato” [27]. Ma siccome Kimmel fino a quel momento non aveva mai ricevuto alcuna informazione “sensibile”, dovette prendere atto che si trattava solo di rassicurazioni del tutto formali. In sostanza era stato totalmente escluso dal circuito informativo per ordini che potevano provenire solo dalla Casa Bianca. Tuttavia, cosciente della gravità del pericolo che correva la sua flotta, decise comunque di esercitare nuove pressioni ufficiali. E dopo aver atteso invano un cambiamento della situazione fino al 26 maggio 1940, inviò una ulteriore richiesta direttamente ai servizi informativi. Il messaggio recitava quanto segue: “Informare immediatamente il comandante in capo della flotta del Pacifico di tutti gli sviluppi importanti attraverso i mezzi più rapidi a disposizione (ibidem).

Nel cablogramma, l’ammiraglio sottolineò persino che la sua esigenza di essere tempestivamente informato, era da ritenersi un “principio militare cardine” (ibid p.58). Ma anche quest’ultimo tentativo si rivelò vano, e al termine del luglio 1941 Kimmel poté constatare amaramente, di essere stato ormai definitivamente escluso dall’intelligence.

Alla fine della guerra Kimmel dichiarerà infatti: “Non comprendo e non comprenderò mai perché io sia stato privato delle informazioni disponibili a Washington” (ibid p.57).

Dalla testimonianza dell’ammiraglio che fu il comandante in capo della flotta nel Pacifico, si può quindi ragionevolmente concludere che il popolo americano e la maggior parte dei suoi alti ufficiali venne tenuta completamente all'oscuro dei reali retroscena che determinarono la guerra. Le registrazioni, le testimonianze e i documenti che lo rivelano vennero tutte “incredibilmente” ignorate dalle varie indagini che si svolsero tra il 1941 e il 1946 fino agli accertamenti congressuali del 1995. Ma le prove di una cospirazione a danno delle nazioni ci sono e aspettano solo di trovare udienza nei circoli mediatici di massa. Ambedue i messaggi di Yamamoto che ordinarono l’attacco su Pearl Harbor ad esempio, sono riportati testualmente nei libri scritti da alcuni ufficiali della Marina americana come: “Pearl Harbor” del vice-ammiraglio Homer N. Wallin e in “The Campaigns of The Pacific War” redatto dalla Divisione analisi navali del rilevamento bombardamenti strategici degli Stati Uniti.

Peraltro la stazione "H" dei servizi americani, intercettò e decriptò almeno altri 13 messaggi "sensibili" di Yamamoto, il cui testo è curiosamente risultato mancante dagli archivi della Marina. Sappiamo comunque per certo che furono trasmessi con il segnale di radio-chiamata RO SE 22 tra le 13.00 del 24 novembre e le 15.54 del 26 novembre, appena una decina di giorni prima dell’attacco giapponese (ibid p.66). Tutti i documenti originali in questione erano stati ceduti nel 1979 agli archivi nazionali del Presidente Jimmy Carter [28].

L'indagine ufficiale del Congresso, concluse invece che i servizi di spionaggio americano, “persero contatto” con le navi giapponesi nei giorni precedenti all’attacco (ibid p.67), in quanto queste, avevano scrupolosamente mantenuto il silenzio radio…

Ma a smentire la versione ufficiale esistono anche altre prove schiaccianti come le registrazioni dei servizi informativi olandesi. Dalla disamina di queste infatti, è stato appurato che gli ammiragli al comando delle navi da guerra giapponesi, violarono il silenzio radio rimanendo costantemente in contatto con Tokyo (ibid p.67). E quindi, tanto la loro posizione quanto le loro intenzioni furono necessariamente captate durante tutti i 25 giorni che vanno dal 12 novembre al 7 dicembre 1941, cioè sino alla data del fantomatico attacco a “sorpresa”. Peraltro uno dei messaggi intercettati il 18 novembre venne addirittura inviato “in chiaro” e in caratteri latini, quindi interpretabile anche senza codici.

Pertanto, la testimonianza del generale olandese Hein ter Poorten, smentì palesemente la versione ufficiale della commissione d’inchiesta. Egli, infatti non esitò a confermare che anche i suoi crittografi della “Kamer 14” (ibidem) possedevano prove che dimostravano una minacciosa concentrazione di navi giapponesi nei pressi delle isole Curili già alcuni giorni prima dell'attacco di Pearl Harbor.

Il resoconto rilasciato dall’ammiraglio Harold Stark davanti alla Commissione congressuale del 1945-6 attesta poi inequivocabilmente che quest’utlimo, al contrario dell’ammiraglio Kimmel, era stato informato del massiccio raduno giapponese nella baia di Hottokappu prima del 7 dicembre 1941 [29]. E come accertò ancora una indagine congressuale del 1945, il 3 dicembre 1941 (quindi 4 giorni prima dell'attacco giapponese), furono intercettati e decifrati altri messaggi che svelavano ( a chi ancora non lo avesse capito) la decisione giapponese di dichiarare la guerra agli Stati Uniti con un colpo di mano [30].

Anche le registrazioni originali di questi messaggi però, “sparirono misteriosamente” dagli archivi della Marina (ibidem): in ultima analisi, la commissione unica congressuale d'indagine sull'attacco a Pearl Harbor cercò solo di insabbiare le prove del complotto contro le nazioni.



"Ieri, 7 Dicembre, data che resterà simbolo di infamia, gli Stati Uniti d'America sono stati improvvisamente e deliberatamente attaccati da forze aeree e navali dell'impero giapponese...".

F.D.Roosevelt nel discorso alla Nazione dell'8 dicembre 1941