Riina : le sue accuse contro i servizi segreti per Falcone e Borsellino
Le dichiarazioni che Riina fece al processo sono da ascoltare con attenzione. Se vere ci sarebbe la mano dei servizi segreti comandati dalla massoneria dietro a tutto. Sappiamo bene che gli schifosissimi Illuminati controllano e danno ordini alle logge massoniche e sappiamo benissimo che, uno dei loro metodi per imporre il NUOVO ORDINE MONDIALE è la strategia della tensione (vedere link). Falcone era riuscito con le sue indagini a scoprire che esisteva un governo ombra al di sopra dei governi nazionali.
CHI E' VERAMENTE IL CAPO DEI CAPI?
Di Solange Manfredi
In questa calda estate, dopo 16 anni di detenzione, Riina ha deciso di parlare, di raccontare la sua verità.
Ovviamente
sarà compito della magistratura verificare la veridicità delle
affermazioni di Riina ma, ipotizzando che il boss di Corleone dica la
verità, alcune domande possiamo, e dobbiamo, porcele.
Vediamo quali.
1. Nelle ricostruzioni operate dalle sentenze
che si sono occupate delle stragi del 1992-1993 si afferma che tra
l'agosto e il dicembre 1992 sarebbe intercorsa una sorta di “trattativa”
tra Stato e mafia che avrebbe visto da un lato il generale Mori del Ros
e dall'altro Riina. Mediatore tra le parti, Vito Ciancimino.
Oggi Riina afferma : “Io non so niente di queste cose. Da me non è venuto nessuno”.
Ipotizzando che Riina dica la verità, la prima domanda che sorge spontanea è:
Con
chi Ciancimino ha portato avanti la trattativa? Una trattativa del
genere si porta avanti con il vertice di Cosa Nostra, non con un
subalterno. Ma se nessuno è andato da Riina, allora da chi? In altri
termini: Riina era veramente il capo dei capi o, invece, era
solo il “prestanome” di qualcuno molto più potente, protagonista occulto
della mai finita strategia delle tensione?
Riina afferma anche che il giudice Borsellino non sarebbe stato ucciso dalla mafia ma, probabilmente, da uomini dello Stato.
Ipotizzando,
anche in questo caso, che Riina dica la verità, la domanda da porsi è:
Perchè? E' possibile che Borsellino sia stato ucciso perchè, come anni
prima il giudice Occorsio, aveva capito che la c.d. Trattativa in realtà
(come aveva ipotizzato un'inchiesta svolta dalla procura di Palermo,
poi archiviata per scadenza dei termini nel 2000) non era altro che un
accordo per la realizzazione di un piano eversivo di destabilizzaizone
dello stato condotta da un “sistema criminale” composto da mafia,
massoneria deviata e servizi segreti deviati?
L'ipotesi non deve
sorprendere e non rappresenterebbe certo una novità per il nostro paese;
la storia della nostra Repubblica è costellata di eventi che vedono i
vertici di cosa nostra trattare, attraverso esponenti massonici, con
“presunti” terroristi ed ideatori di progetti golpistici al fine di
alimentare la c.d. “strategia della tensione”
Ciò che sorprende,
invece, è come, analizzando gli atti delle pagine più buie della storia
del nostro paese compaiano, collegati tra loro, sempre alcuni nomi. Per
rendersi conto di ciò basta fare una semplice analisi della storia
professionale e massonica di un protagonista: Giuseppe Mandalari, il
commercialista della mafia
E' il 1954 quando Giuseppe Mandalari entra in massoneria e viene iniziato presso l' Obbedienza di Piazza del Gesù.
Punto di riferimento costante di Mandalari in ambito massonico è il principe Alliata di Monreale,
in rapporti con la destra eversiva, coinvolto anche nelle inchieste sul
Golpe Borghese, sul Golpe Sogno, sulla organizzazione eversiva
denominata “Rosa dei Venti”, il suo nome compare negli elenchi P2 di
Licio Gelli.
Unico Sovrano Gran Commendatore ad vitam nella
storia della massoneria italiana, Alliata di Monreale balza alle
cronache dei progetti golpistici già negli anni '50, accusato da Gaspare
Pisciotta (poi morto in carcere per aver bevuto un caffè alla
stricnina) di essere il mandante della strage di Portella della
Ginestra, eseguita dal boss Salvatore Giuliano.
Nello stesso anno
del suo ingresso in massoneria il giovane ragioniere Giuseppe Mandalari
diviene dipendente dell'assessorato regionale ai Lavori Pubblici. Sono
gli anni dell'ascesa di Luciano Liggio, il boss di Corleone che, grazie
al legame con Vito Ciancimino, assessore ai Lavori Pubblici, si arricchisce a Palermo con l'abusivismo edilizio.
Oggetto di richieste di rinvio a giudizio sin dal 1964, Luciano Liggio
(che, secondo quanto testimoniato da Tommaso Buscetta, e confermato
dallo stesso Liggio, avrebbe preso parte alle riunioni tenutesi con la
massoneria deviata e pezzi delle istituzioni per partecipare al Golpe
Borghese e al Golpe Sogno) si dà alla latitanza nel 1969, riuscendo a
scappare, mezz'ora prima di essere arrestato, da una clinica romana
presso cui era ricoverato.
Luciano Liggio, durante la sua
latitanza, si dedica ai sequestri di persona (Anonima Sequestri) i cui
proventi, come vedremo poi, si sospetta vengano riciclati in società cui
era commercialista Giuseppe Mandalari.
Durante la latitanza
accanto a Luciano Liggio troviamo Carlo Fumagalli, anche lui pare dedito
ai sequestri di persona e sospettato di aver chiesto un riscatto di
mezzo milione di dollari per il sequestro dell'industriale Aldo
Cannavale.
Carlo Fumagalli è un personaggio
ambiguo. “Estremista di centro” come lui stesso si definiva, seppur noto
come leader del movimento di destra MAR (Movimento di Azione
Rivoluzionaria), secondo alcune testimonianze sarebbe stato in realtà
legato alle vicende della c.d. “strategia della tensione”, ai servizi
segreti e, in rapporti con Giangiacomo Feltrinelli (morto a Segrate a
200 metri dalla carrozzeria DIA di Fumagalli), avrebbe dato vita al
gruppo Brigate Rosse, preparando l'attentato alla pista di collaudo
della Pirelli del 1971 (questo dato risulta particolarmente interessante
proprio in considerazione del fatto che sul volantino di rivendicazione
MAR del 13 aprile 1970 compare il simbolo della stella a cinque punte,
simbolo poi adottato dalle Brigate rosse).
Principale finanziatore di Fumagalli risulta essere Jordan Vessellinoff, consuocero di Igor Markevitch,
il direttore d' orchestra coinvolto nel rapimento dell'onorevole Aldo
Moro. Anche lui personaggio ambiguo, che alcune informative indicano
avere legami con faccendieri, trafficanti di armi ed appartenenti a vari
servizi segreti, Jordan Vessellinoff aveva fondato nel 1958 a Santa
Margherita Ligure, insieme al generale Giovanni Allavena (a capo del
servizio segreto trafugherà alcuni fascicoli per consegnarli a Licio
Gelli) la Loggia C.A.M.E.A. (Centro Attività Massoniche Esoteriche
Accettate). Tale loggia risulta collegata con le logge cameine
siciliane, nei cui elenchi compare il nome di Giuseppe Mandalari,
e i cui vertici furono inquisiti nel 1979, dalla magistratura milanese,
per avere aiutato Sindona (coinvolto nel Golpe Sogno) nel suo finto
sequestro.
Fallito il golpe del '74 per Luciano Liggio, Michele Sindona e Giuseppe Mandalari
iniziano i guai. Luciano Liggio viene arrestato a Milano e tra le sue
carte viene rinvenuto un numero di telefono riservato di Ugo De Luca, al
vertice della Banca Privata Finanziaria di Milano di Michele Sindona.
E' l'inizio del crollo dell'impero finanziario di Sindona.
Passano pochi mesi e il 14 agosto del 1974 il giornale della Sicilia titola: “Anonima sequestri - Si indaga sulla personalità di Giuseppe Mandalari. Specialista nell'amministrare società costituite da mafiosi”.
Secondo l'articolo gli investigatori sospettavano che alcune società di
cui Mandalari era amministratore, considerate paravento di grossi
mafiosi (Liggio, Riina e Bagarella), servissero a ripulire il denaro
proveniente dai sequestri di persona.
E' il giudice Occorsio, che
negli anni aveva indagato sul Golpe Borghese, sul Piano Solo, sullo
scandalo Sifar, che, per primo, sospetta che molti sequestri avvengano,
in realtà, per finanziare attentati e disegni eversivi, e confida al
giudice Imposimato: "Sono certo che dietro i sequestri ci siano
delle organizzazioni massoniche deviate e naturalmente esponenti del
mondo politico. Tutto questo rientra nella strategia della tensione”.
Il
09 luglio 1976, Occorsio viene assassinato e la sua borsa, contenente
documenti della sua indagine, viene trafugata (esattamente come accaduto
per le agende dei giudici Falcone e Borsellino). L’autore materiale del
suo assassinio è un neofascista, Pierluigi Concutelli, nella cui
abitazione vengono rinvenuti dei soldi provenienti dal sequestro di
Emanuela Trapani e la cui scheda, con l’indicazione della tessera n.
11.070, verrà ritrovata anni dopo da Giovanni Falcone a Palermo, nella
sede della Loggia massonica Camea.
Ma, mentre per Liggio e
Sindona (quest'ultimo morirà nel carcere di Voghera dopo aver bevuto un
caffè avvelenato, esattamente come Gaspare Pisciotta, grande accusatore
del Principe Alliata di Monreale) è la fine, Giuseppe Mandalari
pare divenire ancora più forte e, nel 1978, riunisce diverse logge
massoniche sotto la denominazione profana di Accademia di Alta Cultura
(identico nome di una comunione massonica creata anni prima proprio dal
principe Alliata di Monreale), cui fa seguire un collegamento operativo
con altre logge presenti a Trapani. Collegati alle logge massoniche
trapanesi troviamo i mafiosi Asaro e Calabrò, boss che gestiscono ad
Alcamo il laboratorio di morfina-base più grande d’Europa, un miliardo
di proventi al giorno, scoperto solo nel 1985. Tra i fornitori di droga
del laboratorio di Alcamo vi era l'organizzazione di cui faceva parte il
killer Alì Agca che, poco prima di attentare alla vita di Papa Giovanni Paolo II, soggiornerà per alcuni giorni in quelle località.
Coordinatore
dei fratelli di Piazza del Gesù in Sicilia, l'importanza di Mandalari
in seno alla massoneria, viene alla luce, per la prima volta, solo
durante le indagini che hanno ad oggetto le logge trapanesi che si
nascondevano dietro il Centro studi Scontrino, logge massoniche
all'obbedienza di Giuseppe Mandalari, cui risultavano
affiliati mafiosi, politici, funzionari dei servizi segreti, e presso la
cui sede era presente l’Associazione musulmani d’Italia, sponsorizzata
da Gheddafi (secondo il giudice Palermo affiliato nel 1969 a Londra alla loggia massonica dei Senussi) e facente capo a Michele Papa, capofila per la Sicilia del Supersismi di Santovito e Musumeci, al quale era partecipe anche Pazienza.
Ma
neppure questo ennesimo “incidente” ferma Mandalari, la sua carriera
continua sino al periodo stragista del 92 -'93 e all'appoggio dato alla
neonata formazione politica: Forza Italia.
Come si può notare,
seguendo la storia professionale e massonica di un solo protagonista si
possono ripercorrere 40 anni di c.d. “misteri” italiani.
Per
concludere, e ritornando alla prima domanda con cui abbiamo aperto
l'articolo: se Riina dice la verità, Ciancimino con chi potrebbe aver
trattato? Forse con Giuseppe Mandalari? Giuseppe Mandalari viene
indicato, oltre che come il commericalista della mafia, anche come
prestanome di Riina ma, vista la sua storia professionale e massonica,
non potrebbe essere vero il contrario?
Ed ancora, se Borsellino
non è stato ucciso dalla mafia, è possibile che la sua morte sia stata
decisa perché aveva capito, esattamente come anni prima il giudice
Occorsio, che la "trattativa" altro non era che un accordo, tra i soliti
noti, che rientrava nella mai finita strategia della tensione?
Non
lo sappiamo. Noi, basandoci su dati di fatto acquisiti, non possiamo
che porci delle domande ed avanzare delle probabili ipotesi, il resto è
compito della magistratura.
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