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domenica 3 ottobre 2010

Film e mistero : SCONTRO TRA TITANI




  Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sopra la faccia della terra e nacquero loro delle figliole, avvenne che i figli di Dio videro che le figliole degli uomini erano piacevoli e se ne presero per mogli tra tutte quelle che più loro piacquero. Allora il Signore disse: "il mio spirito non durerà per sempre nell'uomo, perché egli non è che carne, e i suoi giorni saranno di centovent'anni". C'erano i giganti sulla terra a quei tempi, e anche dopo, quando i figli di Dio s'accostarono alle figliole dell'uomo e queste partorirono loro dei figli. Sono questi i famosi eroi dell'antichità.(Gn 6,1-4)

Perseo, figlio dello stesso Zeus e di Danae era per metà umano e per metà divino. Lo stesso che successe nella notte dei tempi ai Nefilim.  I Figli di Dio, o Nefilim, sono secondo la tradizione biblica degli angeli caduti sulla terra e non più puri. Giunti sulla terra si sarebbero uniti agli uomini e avrebbero così dato origine ad una nuova razza: la razza dei serpenti. Gli eroi della Mitologia sono davvero i Nefilim?

"Tu vuoi combattere da uomo ma non lo sei. Accetta le armi che ti vengono mandate da tuo padre Zeus dall'Olimpo. Solo tu le puoi usare"

 dal film Scontro tra Titani



La civiltà dei Nefilim

di Alessandro Greco


Nefilim, Annunaki, Vigilanti, Jedi; quattro diversi nomi, per indicare la medesima razza a cui è attribuita l'origine della nostra e di cui perfino la bibbia parla. Nella bibbia il loro nome è figli di Dio, e dai rapporti con donne umane si sarebbe generata una nuova razza, quella dei giganti. Ma andando con ordine cerchiamo di capire un po' di più chi erano in realtà questi Nefilim, come i testi antichi ci hanno tramandato la loro civiltà e quale ruolo hanno avuto nello sviluppo della nostra.
Nella Bibbia (Gn 6,1-4) così si legge:

Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sopra la faccia della terra e nacquero loro delle figliole, avvenne che i figli di Dio videro che le figliole degli uomini erano piacevoli e se ne presero per mogli tra tutte quelle che più loro piacquero. Allora il Signore disse: "il mio spirito non durerà per sempre nell'uomo, perché egli non è che carne, e i suoi giorni saranno di centovent'anni". C'erano i giganti sulla terra a quei tempi, e anche dopo, quando i figli di Dio s'accostarono alle figliole dell'uomo e queste partorirono loro dei figli. Sono questi i famosi eroi dell'antichità.

Non nascondo che la prima volta che lessi questo passo non poche domande mi balenarono nella mente: chi erano i figli di Dio? Chi ha creato i giganti? Chi erano i famosi eroi dell'antichità? Che vuole dire che i giorni degli uomini saranno di 120 anni?
Partiamo rispondendo all'ultima domanda; è lecito sapere che prima di quella "sentenza divina", gli uomini erano molto longevi, infatti in Gn 5,5 si può leggere che Adamo prima di morire visse ben 930 anni! Dio quindi, per punire gli uomini decide di abbassare il tetto dell'età degli uomini. Tutti sanno che è davvero improbabile che un uomo sia vissuto tanto e forse, l'abbassamento dell'età imposta da Dio potrebbe trattarsi di una correzione da parte degli "scrittori" della bibbia, che avrebbero così sanato l'incompatibilità vita reale. Per ora teniamo buona questa ipotesi.
I Figli di Dio, o Nefilim, sono secondo la tradizione biblica degli angeli caduti sulla terra e non più puri. Giunti sulla terra si sarebbero uniti agli uomini e avrebbero così dato origine ad una nuova razza: la razza dei serpenti. 
I giganti e gli eroi erano i figli degli angeli caduti? 
Sì, basti pensare alla mitologia classica: il figlio di un dio e di un uomo è generalmente un essere straordinario dotato di una forza sovraumana (Eracle) o immortali (Achille) o con conoscenze superiori all'uomo (Prometeo era un titano); erano insomma dei giganti, ossia più grandi degli uomini, dove quindi il termine gigante non sta per uomini dalle dimensioni spropositate, ma per uomini con qualità superiori a quelle degli uomini. Come tutti sanno Achille, Eracle e Prometeo, oltre ad avere doti straordinarie che li rendevano giganti tra gli uomini, vennero poi ritenuti dei veri e propri eroi, dopo tutto che titolo attribuire ad  uno che contro il volere degli dèi insegna all'uomo il potere del fuoco, se non quello di eroe? 
Ecco quindi chi erano i giganti e gli eroi di cui si parla in quel passo della genesi: "ibridi" nati dall'unione di uomini e Nefilim, la razza dei serpenti. 
Mi si potrebbe obbiettare: "ma dal passo si intuisce che i giganti vivevano sulla terra già prima della venuta dei figli di Dio". 
Ad una tale obbiezione non potrei che rispondere che è vero, i giganti vivevano sulla terra prima della venuta dei figli di Dio. Il fatto è che quella non fu l'unica volta in cui i figli di Dio si unirono con le "figliole degli uomini".  Fin dalla sua creazione, l'uomo ha avuto a che fare con i Nefilim. Questa razza non è comparsa a sorpresa nella vita della nostra civiltà, ma da sempre sembra accompagnarci. Ma prima di addentrarci in questa, proviamo a dare una ipotetica descrizione di questi Nefilm.
L'antica letteratura giudaica attribuisce ai Vigilanti (Nefilim, Jedi, Annunaki, tutti sinonimi di una stessa civiltà) specifici tratti somatici: vengono descritti come esseri molto alti, di pelle bianca, con capelli bianchi lanosi, carnagione arrossata, occhi penetranti e volti di serpente; anche i testi mesopotamici ed altri racconti mediorientali sembrano confermare questa descrizione, arricchendola con altri particolari come "razze di giganti" e confermando che le divinità, antenate della civiltà, erano anch'essi di statura "gigante". 
Dalla descrizione che i popoli antichi ci danno di questi strani uomini, possiamo azzardare l'ipotesi che non si tratti di esseri disumani. 
La descrizione sembra combaciare con quella di un occidentale, che mediamente è più alto rispetto ad uno asiatico o ad un mediorientale (pensando al XI millennio a.C.). 
Si tratta quindi, di una civiltà differente da quelle che abitavano la mezzaluna fertile, una civiltà di cui non ci è rimasta traccia se non nei racconti di questi popoli, se non nei miti e nelle leggende che narrano di questi Nefilim
Le caratteristiche fisiche venivano poi accentuate per mettere in evidenza l'importanza che rivestivano questi uomini. Infatti nelle culture primitive, i re e gli uomini che ricoprivano incarichi di alto rango (aristocratici etc.), venivano raffigurati con dimensioni sproporzionate, rispetto agli altri uomini (comuni) quasi ad evidenziarne una sorta di divinazione. Tanto è vero che, ad esempio, l'unico documento per ora in nostro possesso sul mitico Re Scorpione, è una testa di mazza in cui il sovrano (il cui nome è scritto attraverso un pittogramma rappresentante uno scorpione) è riprodotto in dimensione eroica, proprio a testimoniarne l'importanza (a lui viene attribuita l'unificazione dei due Egitti).
Il libro di Enoch racconta che gli Angeli caduti rivelarono all'uomo i segreti proibiti del cielo. Azazel "insegnò agli uomini a fare spade, coltelli, scudi e corazze e fece conoscere all'uomo l'arte di lavorare i metalli". Altri Vigilanti sono accusati di aver addestrato i mortali in campi scientifici, quali l'astronomia e la geografia, l'arte di abbellire il corpo, addirittura insegnarono all'uomo come "abortire". Penemu, infine, istruì l'uomo sull'uso di "inchiostro e carta". Dunque, più che una razza proveniente dal cielo, gli Annunaki (così erano conosciuti tra i Sumeri) sembrano essere una civiltà evoluta (a sostegno della nostra tesi), che esporta la sua conoscenza verso popoli  meno evoluti, civilizzandoli e creando quindi un rapporto si subordinazione tra i due popoli. Prometeo è un esempio di questo rapporto, che esisteva tra le due diverse civiltà: mosso da compassione per la condizione primitiva delle popolazioni della mezzaluna, decide di rilevare ad alcuni popoli determinate conoscenze (rappresentate dal fuoco, che è stato indubbiamente una grande scoperta dell'uomo), che la sua civiltà (quella dei Nefilim) conosceva e che non voleva che le altre civiltà non conoscevano. Venne quindi punito dal suo popolo; come tutti sanno infatti la sua condanna fu quella di subire tutti i giorni l'attacco di un aquila che gli divorava il fegato per tutto il dì, fegato che durante la notte ricresceva pronto per essere divorato il dì seguente. Ma gli Jedi non punivano solo i loro simili, persino gli uomini subivano le loro punizioni. 
Alcuni studiosi, come Zecharia Sitchin, credono invece che la natura degli Annunaki non sia terrestre. Sitchin reputa infatti che gli Annunaki siano degli alieni provenienti da un decimo pianeta, che periodicamente si va a collocare tra Marte e Giove: Nibiru. Tale pianeta, secondo i testi sumeri studiati da Sitchin, ritornerebbe tra il pianeta rosso e il sole mancato ogni 3600 anni.
In ultima analisi, possiamo definire Nefilim, quella civiltà che civilizzò i popoli africani e della mezzaluna fertile (non solo questi popoli, gli Annunaki arrivarono a civilizzare le civiltà precolombiane e i popoli asiatici), insegnando loro l'arte della conoscenza. A mio parere , anche Osiride era un Nefilim, così come lo erano Iside, Thot e Set. Dunque gli Annunaki erano i colonizzatori che Atlantide mandava nel mondo per civilizzare quella parte di  umanità che era agli albori della civiltà.
la caduta (nafal) degli angeli

Ecco, qui di seguito, una parte del Documento di Damasco (CD II,14-III,1) in cui viene trattato il tema della caduta degli angeli, dei loro figli (i giganti) e degli uomini:

"Ed ora, figli, ascoltatemi ed io scoprirò i vostri occhi affinché possiate vedere e comprendere le opere di Dio, scegliere quanto gli è gradito e respingere ciò che odia, camminare alla perfezione in tutte le sue vie senza sgarrare secondo i desideri dell'istinto colpevole (yeser 'ashmah) e degli occhi lussuriosi (be'ene zenut) [cfr. Ezechiele 6,9]. Poiché molti, a causa di essi si sono smarriti, e hanno vacillato, a causa di essi, valenti eroi, dai tempi antichi ad oggi; avendo camminato nell'ostinazione del loro cuore, caddero i vigilanti del cielo; furono presi, a causa di essi, perché non avevano osservato gli ordini di Dio, e (a causa di essi) caddero i loro figli la cui altezza uguagliava quella dei cedri e i cui corpi erano come le montagne; ogni carne che era sulla terra esistiti, essendosi comportati secondo la loro volontà e non avendo osservato gli ordini del loro fattore, fino a quando arse contro di essi la sua ira. A causa di essi si sono smarriti i figli di Noè e le loro famiglie, a causa di essi furono recisi. Ma a causa di essi si sono smarriti i figli di Giacobbe e furono puniti secondo il loro errore".


Per l'autore di questo testo, gli angeli caddero (nafal) e peccarono, per non avere osservato i comandamenti (gli ordini) di Dio, e per lo stesso motivo caddero (nafal) i loro figli (cioè i giganti, i nefilim di Gen. 6; pur non citandoli espressamente con questo nome ce n’offre evidentemente un'etimologia).
Il termine nefilim cui qui c'è una chiara allusione, viene invece citato esplicitamente nell'Apocrifo della Genesi II,1: 
"Ecco, pensai allora in cuor mio, che la concezione viene dai vigilanti e dal seme dei santi, e che questo bambino assomiglierà forse ai giganti (nefilim)". 
Lamec è preoccupato dal sospetto che Noè sia nato da una relazione di sua moglie Bit-Enosh con i vigilanti, angeli a cui è dedicato un libro del pentateuco "enochico". 
Dato il carattere lacunoso del testo, non è possibile decidere con sicurezza se "nefilim" vada considerato come il nome dei giganti, o semplicemente un participio passivo di nafal e quindi da tradursi «i caduti», cioè gli angeli caduti.

In alcuni testi paralleli la colpa dei vigilanti consiste nell'aver rivelato agli uomini i segreti cosmici.
Alla tematica dell'unione con le femmine ci riconducono anche il già citato Apocrifo della Genesi: L'interpretazione si riferisce ad Azazel e agli angeli che... entrarono dalle figlie degli uomini e generarono loro gli eroi (ghibborim).

Il frammento n. 2 di Qumran (n. 180) contiene un riferimento allo stesso episodio, ma il testo è ancora più lacunoso e non si possono trarre conclusioni certe. 
La linea 2 cita la generazione dei giganti. e nella linea 4 si legge coloro che amano l'ingiustizia e trasmettono in eredità la colpevolezza
Si può infine ricordare il frammento n. 4 che ricorda la punizione dei giganti nel diluvio, insieme al resto dell'umanità. - Azazel che viene qui menzionato, è l'angelo che in Enoc VIII, svela all'umanità le scienze che la corromperanno e viene punito - (sua è tutta la colpa della corruzione della terra e degli uomini). Per l'unione degli angeli con le femmine nasce la generazione dei giganti - Enoc IX,8 s. e X,11 s.
A causa sempre dello stato lacunoso del frammento non si può dire se si accentui lo svelamento delle scienze segrete, o l'unione con le femmine. Per entrambi questi aspetti, sembrano comunque valere la tesi secondo cui:
 "Il vero disordine, nasce nell'universo, quando c'è un'unione indebita tra il divino e l'umano".
Ma questo disordine altro non è che una contaminazione: gli angeli che hanno trasgredito l'ordine di Dio, hanno anche infranto l'ordine della natura, si sono contaminati e hanno contaminato tutta la natura; l'hanno sciupata; per questo o è sorto il male o almeno il male è dilagato.
Ma come si può notare nel Documento di Damasco, esiste una certa riservatezza circa una caduta dell' essere umano. La caduta degli angeli sembra che interessi relativamente e sembra stare sullo stesso piano di quella degli uomini.
Un pensiero ebraico suppone che "è solo la dottrina dei due spiriti che sembra fornire una soluzione accettabile agli uomini della comunità. Bisogna fare risalire a Dio stesso la decisione di dare a questo mondo l'aspetto di un campo di battaglia tra le forze del bene e quelle del male, da lui stesso create, da lui stesso indirizzate a questo fine". 
In questo scontro Dio stesso interviene direttamente: "Ma il Dio di Israele e l'angelo della sua verità soccorrono tutti i figli della luce", come nella battaglia escatologica, quando: "La grande mano di Dio s'alzerà contro Belial e contro tutto l'esercito della sua dominazione con una disfatta eterna (Regola della guerra XVIII,1)", ma anche per liberare ogni individuo dalla sua contaminazione radicale è necessario l'intervento purificatore di Dio e dello Spirito Santo:
"Con la sua verità, Dio allora vaglierà tutte le azioni dell'uomo e si monderà alcuni figli dell'uomo eliminando ogni spirito di ingiustizia dalle viscere della loro carne e purificandoli nello spirito santo da tutte le opere empie, aspergerà su di essi lo spirito di verità".

In vero, cosa può essere la caduta degli angeli? 
Si tratta semplicemente della fuga dei coloni di Atlantide, che si staccarono dal cuore dell'impero Atlantideo, per formare nuove civiltà, per strappare le tribù indigene (quali, ad esempio, le popolazioni mesopotamiche, quelle precolombiane, etc.) dalla loro condizione barbara e non evoluta. 
Poco sopra, ho definito gli Annunaki i colonizzatori che Atlantide mandava nel mondo per civilizzare quella parte di  umanità che era agli albori della civiltà; ma questa affermazione è vera in parte. 
Mi spiego meglio: in principio il cuore dell'impero mando questi colonizzatori ai quattro angoli del nostro globo col preciso scopo di civilizzare e assoggettare le popolazioni indigene (sottolineo che secondo Sitchin i vigilanti erano e sono degli alieni che hanno creato l'uomo con l'unico scopo di assoggettarlo e sfruttarlo, questa è una chiara prova a mio avviso, che gli atlantidei non si spinsero nei territori barbari mossi solamente da uno spirito misericordioso nei confronti delle tribù indigene); ma quando queste colonie crebbero si ribellarono al controllo dell'impero, così da arrivare allo sdegno di Dio (l'impero) che non riconosce come suoi i propri figli (le colonie) e decide di distruggerli (prova di questa mia affermazione sono le 12 fatiche di Eracle, come affermato da Axel Famiglini in un suo articolo "le civiltà antidiluviane", o ancora di più il mito popolare che vuole Atene avversaria degli eserciti atlantidei che volevano conquistarla).

 

 

Trama del film

La scena iniziale del film presenta Acrisio, re di Argo, nell'atto di gettare una bara in mare dove ha rinchiuso la figlia Danae insieme al figlio neonato Perseo.
Dal Monte Olimpo, il re degli déi Zeus assiste irritato (essendo il padre di Perseo) alla scena e, tramite un sortilegio, uccide Acrisio mentre Poseidone rade al suolo Argo con il potentissimo mostro marino Kraken, dopodiché fa in modo che la bara con Danae e Perseo arrivi sana e salva all'isola di Serifo. Qui il piccolo Perseo cresce diventando forte e meraviglioso.
Sull'Olimpo, nel frattempo, Zeus è turbato per colpa di Calibos, il figlio crudele della dea Teti. Questi ha infatti fatto razzia di cavalli alati di Zeus e questo lo castiga tramutandolo in un orribile mostro simile a un Satiro. La madre Teti, per vendicarsi di Zeus, trasporta nel sonno Perseo nell'Anfiteatro della città di Giaffa, ma viene cordialmente accolto da un vecchio drammaturgo e attore: Ammon.
Il giorno dopo, Perseo riceve doni dal Monte Olimpo da parte di Zeus: una spada, uno scudo e un elmo capace di rendere invisibile. Il giovane eroe viene a sapere del problema della città di Giaffa: La principessa Andromeda, figlia della regina Cassiopea, rivolge a chi le chiede la mano dei difficili enigmi e chi non sa rispondere viene punito con la morte. Di notte, grazie all'elmo dell'invisibilità, Perseo scopre che ogni sera lo spirito di Andromeda viene portato via da un Avvoltoio gigante.
Per risolvere il mistero, Perseo riesce a domare Pegaso, uno degli ultimi cavalli alati e insegue l'avvoltoio la notte successiva. Scopre che Andromeda è portata in una lontana palude per venire messa al cospetto del mostruoso Calibos, che le assegna un nuovo enigma per notte e avrebbe smesso solo se Andromenda si fosse decisa di sposarlo. Dopo il ritorno della principessa, Perseo sfida in duello Calibos e riesce a sconfiggere il mostro mozzandogli una mano. Il mattino dopo Andromeda è libera e decide di sposare Perseo.
Durante la cerimonia però, Cassiopea si vanta della bellezza di Andromeda offendendo Teti e la rabbiosa dea, attraverso la testa di una sua statua, comanda che al termine di trenta giorni Andromenda venga data in pasto al Kraken, o la città di Giaffa ne pagherà le conseguenze. Perseo, volendo salvare l'amata, parte alla ricerca di un rimedio, ma il vendicativo Calibos aggrava la situazione catturando Pegaso.
Zeus allora ordina ad Atena di donare a Perseo la sua civetta Bubo per aiutarlo. La dea, non volendo separarsi dall'amata civetta, si fa costruire da Efesto un clone meccanico di Bubo, che invia a Perseo per indicargli la retta via. Perseo e i suoi uomini raggiungono l'antro delle Sorelle Forcidi: qui Perseo costringe le megere a rivelare l'unico modo per uccidere il Kraken, e cioè il potere della serpentiforme Medusa, che vive nell'Isola dei Morti, nel bel mezzo del fiume infernale Stige. Perseo e i suoi compagni attraversano il fiume maledetto con un passaggio di Caronte, il traghettatore di Ade.
Arrivati nei pressi della tana di Medusa, Perseo e i suoi vengono attaccati da Dioskilos, un mostruoso cane a due teste, ma l'eroe riesce a uccidere la bestia a fil di spada. La battaglia contro la gorgone sarà dura e moriranno molti uomini, ma alla fine Perseo taglia la testa della Medusa.
Di notte però, Calibos attacca Perseo e i soldati rimasti facendo sgorgare il sague di Medusa dal quale nascono degli Scorpioni giganti che nonostante vengano sconfitti provocano la morte dei compagni di Perseo. L'eroe alla fine uccide Calibos scagliandogli la spada nel petto. Bubo nel frattempo vola nella palude, libera Pegaso e dà fuoco all'antro di Calibos.
A Giaffa però, stanno legando Andromeda mentre fa la sua apparizione il gigantesco Kraken, pronto a divorarla. Perseo, al galoppo di Pegaso, arriva appena in tempo e usando lo sguardo di Medusa, pietrifica il Kraken facendolo collassare, per poi gettare la testa della gorgone in mare. Andromeda e Perseo si possono finalmente sposare mentre Ammon pensa di scrivere un poema sull'avventura dell'eroe.
Il film termina con Zeus che, per ricordare in eterno le imprese di Perseo, Andromeda, Pegaso e Cassiopea crea in loro onore delle costellazioni.


Perseo (mitologia)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Perseo, Andromeda e Ceto, vaso corinzio, Altes Museum (Berlino)


Pèrseo (latino: Perseus) è un eroe argivo della mitologia greca, figlio di Zeus e di Danae, quest'ultima figlia del re di Argo Acrisio. Attraverso la madre discende da Linceo e Ipermestra, perciò da Danao e da Egitto.
Il bisnonno Abante, re dell'Argolide, nella sua giovinezza, era stato un guerriero così temuto che, dopo aver avuto la meglio sui tanti nemici, anche negli ultimi anni di vita riusciva a terrorizzare gli avversari solo mostrando le proprie armi custodite nel palazzo.
Abante sposò Aglaia e dalla loro unione nacquero due gemelli: Preto e Acrisio. Ma i due fratelli non si amavano ed erano sempre in lotta fra loro. Si dice anzi che l'invenzione dello scudo sia dovuta a questi due irriducibili nemici che avevano iniziato le contese fin da quando si trovavano ancora nel grembo materno. Infine, dopo una lunga lotta, Acrisio ebbe la meglio e cacciò il fratello, il quale partì per la Licia, dove sposò Antea, la figlia del re Iobate. Quest'ultimo riportò Preto in Argolide, e lo insediò a Tirinto.
Così Preto e Acrisio, eredi del regno dell'Argolide, si disputarono il diritto di regnare: Abante in un primo tempo riuscì a stabilire dei turni, ma poiché le contese per la supremazia continuavano, si addivenne alla spartizione del regno: Acrisio avrebbe avuto Argo e Preto Tirinto.
Preto, temendo un attacco del nemico, e soprattutto del fratello, fece realizzare dai Ciclopi un'opera di fortificazione immane: essi circondarono la città con un muro di pietre grandissime, che nessun mortale sarebbe mai riuscito a muovere.

Il mito di Perseo 

Nascita e infanzia 


Danae e Perseo rinchiusi nella cassa, 1862, olio su tela, di John William Waterhouse

Ad Argo, Acrisio, nonno di Perseo, temeva per le sorti del proprio regno perché, avendo avuto dalla moglie Euridice una sola figlia femmina, Danae, in assenza di eredi maschi non sapeva a chi avrebbe trasmesso il titolo di sovrano. Spinto dal desiderio di conoscere il destino della sua città, aveva chiesto all'oracolo come avrebbe potuto avere figli. Il dio gli rispose che sua figlia Danae avrebbe avuto un figlio che lo avrebbe ucciso. Preso dal più grande sconforto e anche dal terrore, rinchiuse la figlia in una torre ben fortificata, con porte di bronzo guardate da cani ferocissimi.
Egli pensò che in questo modo non avrebbe avuto più nulla da temere, ma si sbagliava; il suo destino era già stato stabilito dagli dèi. Infatti, nonostante queste precauzioni, Danae concepì un figlio. Gli uni sostengono che questo bambino era nato per opera di Preto, fratello d'Acrisio, e che qui è da ricercare l'origine della disputa sorta fra i due fratelli; ma, per lo più, si racconta che il seduttore fu lo stesso Zeus, il quale, trasformato in pioggia d'oro, penetrò attraverso una fessura del letto e ottenne l'amore della ragazza. Molto spesso, questa versione del mito era invocata per simboleggiare l'onnipotenza del danaro sui cuori, tanto che apriva le porte custodite più solidamente.
Danae era rinchiusa nella prigione con la propria nutrice, e poté avere il figlio di nascosto e allevarlo per vari mesi. Ma un giorno il bambino, giocando, emise un grido, e Acrisio lo udì. Non sapendo chi fosse il responsabile di questa nascita misteriosa, pensò che lo stesso Preto, per fargli dispetto, gli avesse sedotto la figlia. Danae insisteva nel dire che il padre del bambino non era un mortale, ma Acrisio non le credette e, terrorizzato dalla rivelazione dell'oracolo, cominciò con l'uccidere la nutrice, come complice, e fece chiudere Danae e il figlioletto in una cassa di legno che mise su una nave lasciata alla deriva.
La cassa navigò così, a caso, con la madre e il bambino e fu gettata sulla riva dell'isola di Serifo. L'imbarcazione fu fermata da un pescatore di nome Ditti, fratello del tiranno dell'isola, Polidette che, vedendo la cassa e credendo che contenesse qualcosa di prezioso, la portò a riva. Apertala, vi trovò Danae e Perseo ancora miracolosamente vivi. Il pescatore li aiutò a riprendere le forze e li condusse al cospetto del re che, preso da pietà per i due naufraghi, offrì loro ospitalità.
Passarono gli anni e Perseo, circondato dall'amore della madre, cresceva forte e valoroso divenendo ben presto un giovane bellissimo e fortissimo. Danae, che la maturità aveva reso ancora più bella, era oggetto dei desideri del re Polidette che cercava in tutti i modi di convincerla a sposarlo; ma Danae, il cui unico pensiero era il figlio Perseo, non ricambiava il suo amore.

La proposta e l'impresa di Perseo

Allora Polidette pensò di eliminare Perseo con un piano astuto: disse di aspirare alle nozze con Ippodamia per il bene del regno e, dopo aver radunato gli amici confinanti e lo stesso Perseo, annunciò i suoi propositi di nozze e chiese a tutti un regalo: da ognuno dei presenti avrebbe gradito un cavallo. Perseo, mortificato perché non possedeva nulla di simile da donargli, affermò che se il re non avesse più insidiato sua madre Danae, gli avrebbe procurato qualunque cosa avesse chiesto. Polidette fu molto lieto in cuor suo pensando che questo fosse il mezzo per liberarsi di lui. Espresse pertanto l'estroso desiderio di avere come dono di nozze la testa di Medusa, una delle tre Gorgoni.
Per poter raggiungere Medusa, Perseo doveva assolutamente procurarsi tre cose: dei sandali alati per spostarsi a gran velocità, una sacca magica per riporvi la testa recisa e l'elmo di Ade che rende invisibili. Intanto Atena gli aveva fornito uno scudo lucido come uno specchio, raccomandando all'eroe di guardare Medusa solo di riflesso. Ermes gli regalò un falcetto di diamante affilatissimo, col quale l'eroe avrebbe decapitato il mostro. Quegli oggetti erano custoditi dalle ninfe dello Stige che abitavano in un luogo noto solo alle Graie, sorelle di Medusa: nate già decrepite e grinzose, esse erano in tre, ma disponevano di un solo occhio e di un solo dente che usavano a turno, e abitavano in un palazzo custodito da Atlante.
Allorché Perseo le raggiunse, attese il momento dello scambio di questi due vitali strumenti e li rubò entrambi. Così le Graie, prive dei loro organi, si trovarono in grande difficoltà e accettarono lo scambio loro proposto da Perseo: avrebbe restituito il maltolto se esse gli avessero indicato dove risiedevano le ninfe Stigie.
Dopo essersi rifiutato di rendere l'occhio e il dente alle Graie, e quando le Ninfe consegnarono i sandali, la sacca e l'elmo, Perseo si diresse verso il paese degli Iperborei, una popolazione che abitava nelle regioni fredde e spoglie del Nord. Quel luogo sembrava dominato dalla più grande desolazione e dalla più profonda tristezza: la terra, le erbe, il cielo e la natura in generale avevano un colore grigio e sinistro. La foresta nella quale si incamminò per giungere presso Medusa era pietrificata e cosparsa di strane statue color piombo rappresentanti uomini e donne in diversi atteggiamenti. Perseo si accorse subito che quelle non erano statue, ma esseri che avevano avuto la sventura di guardare il volto di Medusa.
Resosi invisibile grazie all'elmo di Ade, avanzò camminando all'indietro, guardando nello scudo sorretto da Atena; quando fu abbastanza vicino al mostro da sentirne sibilare i serpenti che gli si agitavano sul capo, lo decapitò col falcetto mentre dormiva. Dal collo mutilato della Medusa scaturirono un cavallo alato, Pegaso e un gigante, Crisaore. Perseo sollevò la pesante testa e la mise nella sacca, poi si alzò in volo con i suoi sandali alati per allontanarsi il più in fretta che poteva da quel luogo sinistro. Perseo raccolse pure il sangue che colò dalla ferita. Questo sangue aveva proprietà magiche: quello che era colato dalla sinistra era un veleno mortale, mentre quello colato dalla sua vena destra era un rimedio capace di resuscitare i morti. Inoltre, un solo ricciolo dei suoi capelli, mostrato a un esercito assalitore, aveva il potere di sconfiggerlo.

La liberazione di Andromeda 


Perseo e Andromeda, olio su tela di Anton Raphael Mengs, San Pietroburgo, Ermitage


Forte della testa del mostro, ora nelle sue mani, si recò da Atlante che non aveva voluto aiutarlo nell'impresa: estratta la testa micidiale dalla sacca, lo trasformò in montagna. Sulla via del ritorno, deviò sopra il deserto libico, dove fece cadere il dente e l'occhio delle Graie e alcune gocce del sangue di Medusa, popolando in tal modo il deserto di serpenti, scorpioni e orribili animali dotati di un veleno micidiale.
Mentre volteggiava sul territorio della Filistia, vide incatenata a uno scoglio una fanciulla, nuda e bellissima: Andromeda, figlia del re di Etiopia Cefeo e di Cassiopea. Era condannata a essere divorata da un mostro marino perché sua madre, orgogliosa dell'avvenenza di sua figlia, aveva affermato che superava in bellezza tutte le Nereidi: le ninfe del mare si erano offese e Poseidone, oltre ad avere mandato sulle coste una forte mareggiata che aveva spazzato via l'abitato, aveva inviato un orribile mostro che faceva stragi e terrorizzava gli abitanti: l'integerrimo Cefeo, per salvare il suo popolo, consultato l'oracolo, fu costretto a offrirgli la propria figlia per placarne l'ira. E quando Perseo giunse, Andromeda era ormai rassegnata alla sua terribile sorte. Perseo si offrì di liberare la fanciulla e il luogo da quella calamità purché il re gli consentisse di sposare Andromeda. Cefeo e Cassiopea sulle prime non erano favorevoli: avrebbero preferito maritarla a un pretendente più ricco e più potente, ma furono costretti dagli eventi ad acconsentire.
Perseo, grazie alle armi magiche che possedeva, non fece alcuna fatica a uccidere il mostro marino che doveva divorare Andromeda, e riportò la giovane dai genitori. Tuttavia l'uccisione del mostro fu ben poca cosa, a paragone di quel che successe dopo: durante i festeggiamenti di nozze, Agenore, un ex pretendente alla mano di Andromeda, giunse alla reggia accompagnato da uomini armati, pronto a tutto pur di averla. Fu Cassiopea, che non gradiva Perseo come genero, a dare il segnale della battaglia. L'eroe, per difendersi, estrasse ancora una volta la testa di Medusa ottenendo l'effetto voluto: Cassiopea divenne una statua inerte come del resto tutti quelli che avevano assalito Perseo per ucciderlo.
Secondo una diversa tradizione, accolta anche da Ovidio nelle sue Metamorfosi fu invece Fineo, zio e aspirante sposo di Andromeda, a fomentare disordini; scontento del matrimonio con Perseo, ordì un complotto contro di lui, avendo contro anche Cassiopea oltre che Cefeo. La reggia divenne così un grande campo di battaglia, finché Perseo, mostrando la testa della Gorgone a Fineo e ai suoi amici ancora in vita, li trasformò in altrettante statue di pietra. Il vincitore, presa per mano Andromeda, grazie ai sandali alati fece rotta verso la Grecia atterrando a Serifo.

La vendetta di Perseo a Serifo e il ritorno ad Argo 

Nell'isola, Perseo trovò la situazione cambiata. Presso un tempio, trovò la madre Danae nascosta insieme a Ditti, come in un asilo inviolabile. La causa di ciò era infatti Polidette che, non avendo nessuna intenzione di sposare Ippodamia, non aveva smesso di insidiarla. Perseo allora fu preso da un'ira incontenibile, e dopo aver nascosto Andromeda, si avviò alla reggia di Polidette: giunto al palazzo e portando il dono di nozze, venne deriso ed insultato dal sovrano. Per vendicarsi dei torti subiti, Perseo tirò fuori ancora una volta dalla sacca magica la testa della Medusa pietrificando il re. Perseo consegnò allora al padre adottivo Ditti il potere sull'isola di Serifo. Restituì poi i sandali, la bisaccia e l'elmo di Ade ad Ermes. Questi li rese alle Ninfe, loro legittime padrone, mentre Atena poneva la testa di Medusa in mezzo al proprio scudo.
Poi Perseo, insieme alla moglie Andromeda e alla madre Danae ritornò ad Argo, volendo rivedere suo nonno Acrisio. Ma questi, venendo a sapere le intenzioni dell'eroe e temendo sempre l'oracolo che gli aveva predetto la morte per mano di un figlio di Danae, partì per Larissa, nel paese dei Pelasgi, all'altra estremità della Grecia. Perseo, raggiuntolo, lo rassicurò perché non gli portava rancore e riuscì a farlo tornare ad Argo. Ora, a Larissa il re Teutamide dava giochi in onore di suo padre, e Perseo vi giunse come competitore. Al momento di lanciare il disco, s'innalzò un vento violento, e il disco lanciato da Perseo, deviato malauguratamente, colpì Acrisio, che assisteva allo spettacolo, alla testa e lo uccise. Cosicché il verdetto dell'oracolo si era compiuto. Pieno di dolore, Perseo gli tributò onori funebri e lo fece seppellire fuori dalla città di Larissa. Egli, divenuto signore di Argo, non se la sentì di regnare su quella terra e, recatosi a Tirinto, propose a Megapente succeduto a Preto, di scambiarsi i regni. Poi fondò Micene, facendo costruire ai Ciclopi delle mura invincibili come quelle di Tirinto. A Tirinto, Perseo ebbe da Andromeda molti figli maschi e una femmina: Perse, Alceo, Stenelo, Eleio, Mestore, Elettrione e Gorgofone.
Alla morte di Perseo, la dea Atena, per onorare la sua gloria, lo trasformò in una costellazione cui pose a fianco la sua amata Andromeda, Cefeo e Cassiopea, la cui vanità aveva fatto sì che i due giovani si incontrassero. Ancor oggi queste costellazioni portano i loro nomi.

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