Cosa succederebbe se scoprissimo che Gesù non era altro che un uomo in carne ed ossa? E' la domanda che ci si pose allora nel film THE BODY (vedi scheda sotto) nel 2001. Cambiando la domanda con quello che sostengono oramai molti quando davvero avverà il famoso contatto: Cosa accadrebbe se si scoprisse che Gesù, il Dio di una religione di milioni di adepti, in realtà era solo o una creazione aliena o un alieno egli stesso? Forse molti si suiciderebbero per avere dedicato una vita a qualcosa che non era assolutamente nel modo in cui la si immaginava come padre Lavelle nel film? Cosa faremmo se scoprissimo chi davvero ci ha creati, che la storia insegnataci sin da piccoli era solo una copertura? Questi ed altri interrogativi simili mi ponevo e mi pongo ancora oggi.
THE BODY : SCHEDA DEL FILM
In uno scavo a Gerusalemme, Sharon, giovane archeologa israeliana, trova la tomba di un ricco con i resti di un uomo crocifisso intorno al 33 d.C. Insinuatosi il sospetto che si tratti del corpo di Gesù, le autorità israeliane cercano una conferma dal domenicano padre Lavelle, a sua volta archeologo, il quale ha una forte crisi di fronte all'eventualità che si tratti del corpo di Gesù. Il Vaticano invia sul posto padre Matt Gutierrez, gesuita con un passato nei servizi segreti sudamericani, con il compito di fare chiarezza nella vicenda. La caccia alla verità è complicata dal fatto che Palestinesi e Israeliani cercano di trarre reciproci vantaggi dalla sensazionale scoperta. Il capo dei servizi segreti israeliani, Moshé, aiuta padre Matt ma insieme tiene sotto pressione il Vaticano e si intende con un alto prelato. Quando, dopo analisi e riscontri, sembra che si tratti proprio del corpo di Gesù, padre Matt lo riferisce a padre Lavelle che, in preda al delirio, si suicida. Intanto un terrorista palestinese rapisce i figli dell'archeologa per farsi i preziosi resti. Dopo ulteriori indagini però, padre Matt si convince che quello non è il corpo di Gesù, e poco dopo, un'esplosione programmata d'intesa tra l'israeliano e l'alto prelato fa saltare in aria tutta la tomba. Viene allora allo scoperto un'iscrizione che rivela non trattarsi del corpo di Gesù. Finito tutto, padre Matt prende le distanze dal prelato e resta solo in preghiera vicino a San Pietro, ricordando l'amicizia con Sharon.
Tratto da una storia vera, il film "Il Messaggero" racconta il terrificante episodio di una famiglia alle prese con le forze oscure del mondo soprannaturale.
Quando gli Snedeker (Campbell nel film - NB) si trasferiscono nel Connecticut, apprendono immediatamente che la loro bella casa vittoriana ha una storia inquietante: non solo in passato era una camera mortuaria dove accaddero incredibili fatti, ma scoprono che il figlio chiaroveggente del proprietario – Jonah – si prestava da messaggero demoniaco, fungendo da “"ingresso" al passaggio di spiriti sinistri. Un terrore inenarrabile si presenta quando Jonah ritorna per scatenare nuove paure, questa volta nell'innocente e ignara famigliola.
Dai contradaioli che si radunano ciascuno nella propria contrada a parlare davanti ad una tavolata all'aperto facendo pronostici, alla sofferenza di coloro che, pur di assistere dai colonnini della piazza del Campo per essere in prima fila, sono già sul posto dalla mattina presto sotto il Sole (anche il sottoscritto...dalla mattina no ma dalle ore 15,00 si - NB), alle migliaia di turisti che si accalcano, al bellissimo corteggio storico con i suoi simboli allegorici e non, tutto questo e molto di più è il Palio. Nella contrada si nasce, si vive, ci si sposa, ci si aiuta e si finisce la vita. Il Palio non è solo una corsa, è un insieme di vita e di storia che continua tutto l'anno. Soffre il pubblico in piazza al caldo torrido, soffrono i contradaioli per i propri colori, soffre il mossiere che deve gestire una mossa (la partenza - NB) spesso difficile ed infinita (come questa ultima) ma alla fine, come ho scritto su Facebook, il Palio ti rimane nel cuore e nell'anima.
Dal quotidiano locale LA NAZIONE del 17/08/09 :
Dopo trent'anni la nonna getta la cuffia. La Civetta vince il palio.
La Civetta ha vinto il Palio grazie ad Andrea Mari, detto Brio, che con Istriceddu ha levato la cuffia alla "nonna", ruolo che adesso passa alla Lupa. Era dal 4 luglio del 1979, e dunque da più di 30 anni, che la contrada del Castellare non riusciva a spuntarla sul tufo.
Siena, 17 agosto 2009 - La solita mossa infinita (70 minuti), piatta ed estenuante come un film di Kurosawa. Poi, quando il buio della sera si era oramai adagiato su Piazza del Campo, ricoprendola d’ombra, e la gente iniziava a levare i suoi buuu di protesta, il botto: un minuto e 15 secondi di adrenalina pura. Urla (stavolta di gradimento), emozioni concentrate ed esplosioni di palpito. Alla fine, per le vie di Siena fino al Duomo ad esultare e a levare inni di ringraziamento al Cielo, c’è andato il popolo della Civetta. A ragione. La Civetta, infatti, era la "nonna" del Palio. Dal 4 luglio del 1979 , e dunque da più di 30 anni, la contrada del Castellare non riusciva a spuntarla sul tufo. Per farla tornare a vincere 11.001 giorni dopo, c’è voluta una mossa snervante (talmente snervante da suscitare perfino le ire del sottosegretario Francesca Martini: "Un’ora e venti di stress per i cavalli per i fantini: dobbiamo riflettere"); i troppi errori di un mossiere, Giorgio Guglielmi di Vulci, che non è riuscito a gestirla; e un fantino che, invece, non ha sbagliato nulla.
No, Andrea Mari, detto Brio, senese di 32 anni, non ha sbagliato proprio niente. Chiamato a montare Istriceddu, un castrone baio di 6 anni, Brio è rimasto lucido per tutto il tempo infinito della mossa. Non si è rilassato un attimo. E quando Sgaibarre, chiamato a difendere i colori della Chiocciola, dopo 70 minuti di immobilismo renitente (e tre false partenze) ha finalmente deciso di entrare nei canapi di rincorsa, lui non ha fatto come l’Onda e la Pantera, rimaste sorprese e dunque fuorigioco da subito. No: Brio ha fatto scattare Istriceddu come una palla di obice trovandosi subito al comando. Tre giri di pista a testa alta, con la consapevolezza della propria forza e della propria fame di vittoria. Solo l’Aquila, con Luca Minisini detto Dè, ha provato a fermare la sua marcia trionfale. A metà del secondo giro sembrava quasi che il sorpasso fosse possibile. Ma un errore alla curva di San Martino ha fatto sbalzare di sella il De, lasciando il suo cavallo scosso a intralciare la corsa della Lupa, fin lì terza. A quel punto per la Civetta il gioco è stato fatto. Il ruolo di "Nonna" passa ora alla Lupa, che da 20 anni non trionfa sul bandierino. Auguri, ce n’è bisogno.
Al gran ballo dei debuttanti, dunque, l’ha spuntata un fantino al suo secondo palio vinto su 14 disputati, e un cavallo che di carriere a Siena ne aveva già corse due senza mai vincere. Già, il Gran Ballo dei Cavalli Debuttanti. Il Palio di Siena è una carriera anomala. Una corsa dove alla vigilia non ci deve essere un favorito certo. Qualcosa a metà fra lo spirito decoubertiano e l’ugualitarismo intransigente di Pol Pot. Se un cavallo negli anni dimostra di avere una marcia in più, invece di essere premiato, finisce a casa a vedersi la corsa in poltrona su Canale 3. E su ciò non si guarda in faccia a nessuno. Nemmeno se il proprietario dell’animale è il presidente del Monte dei Paschi. Il Palio è zona franca dalle raccomandazioni e dai potentati. Così, quest’anno, a godersi il pensionamento anticipato per manifesta superiorità, sono stati proprio il cavallo vincitore a luglio 2008 e 2009 Già del Menhir (di proprietà appunto del leader Mps Giuseppe Mussari) e Fedora Saura, esclusi alla vigilia dalla corsa perchè nettamente i più forti del campo. Sul tufo, alle 19 della sera di ieri, i cavalli esordienti erano dunque ben sei e gli altro quattro, compreso appunto Istriceddu, non avevano mai vinto una carriera.
Anche fra i fantini c’era del nuovo, con due esordi in Piazza: quello di Filuferro coi colori del Leocorno e quello del 21 enne Tremendo nella Torre. Per entrambi, un esordio senza infamia ma neppure lode. Se ne riparlerà. Perchè il Palio è storia di cavalli e di fantini, di uomini e delle loro storie. E’ gara pura, è vita, non è spettacolo. Non a caso a nessuno qui importa granchè di chi viene a vedere la corsa. Son passate inosservate le telecamere di James Bond, figurarsi se ieri qualcuno poteva scomporsi per Giuliano Amato, Guglielmo Epifani o per il regista Marco Bellocchio (che con Kurosawa a suo modo se la gioca). Con loro, fra gli ospiti c’era anche il principe olandese, Friso Van Oranje Nassau, che ha rinunciato all’asse ereditario, con tanto di moglie. Idem come sopra. Nessuno invece ha visto George Clooney con la di lui momentanea fidanzatina Elisabetta Canalis. Un boatos li avrebbe voluti in piazza nel pomeriggio. Nada de nada. Probabilmente sono rimasti dalle parti del lago di Como, fra bagni in piscina, notti galanti, gite in moto ai santuari e querele ai paparazzi. Tant’è.
Il Palio è festa toscana e, dunque, di antichi dissapori e antichissimi rancori. Così radicati al punto che il sindaco di Castelnuovo Berardenga, Roberto Bosi, alla vigilia di ferragosto aveva proposto di festeggiare i 750 anni della battaglia di Montaperti (quella in cui le truppe ghibelline di Siena massacrarono quelle guelfe di Firenze) con un palio straordinario nel 2010. "Di farne uno speciale non se ne parla neppure — ha tagliato corto il sindaco Cenni — Alla battaglia di Montaperti verrà però dedicato uno dei due palii del 2010". A dire: niente di straordinario, ma la memoria di quello schiaffo ai fiorentini non verrà certo dimenticato. Il culto della senesità contro lo spirito fiorentino. Non stupisca, dunque, se il giorno della presentazione del drappellone dipinto da Giuliano Ghelli, qualcuno abbia storto la bocca. Poteva piacere in una città che fa festa per Montaperti, un palio dipinto dal fiorentino Ghelli? Benedetti senesi, benedetti fiorentini, benedetti toscani. Benedetto Palio.
Dalla "Vita di Padre Pio": "Era il 1896 ed il piccolo Francesco aveva nove anni. Il padre lo portò ad Altavilla Irpina, alla festa di San Pellegrino. La Chiesa era gremita, come sempre accade nei paesi del Sud il giorno della festa locale. Messa lunghissima, baci e fiori al Santo. All' ite Missa est la folla cominciò a defluire, poco a poco. Anche Orazio Forgione fece per alzarsi, ma il figliolo lo trattenne. Non sapeva spiegare perché, ma sentiva che doveva rimanere ancora. A un certo punto una donna scarmigliata e col viso sconvolto dalla furia si aprì il passo tra la folla. Aveva tra le braccia una creaturina deforme e andava dritta verso l'altare maggiore. Francesco si inginocchiò ed incominciò a pregare. La donna, giunta a pochi passi dall'altare, gettò letteralmente il suo dolente carico sul piano di marmo, urlando al Cielo che se non voleva guarirlo tanto vale che se lo riprendesse. La creaturina piombò di peso sull'altare con un tonfo. Ma non solo non si fece nulla, anzi: distese le membra per la prima volta nella sua breve vita e discese da sola dall' altare, correndo tra le braccia della mamma inebetita. Naturalmente il clamore fu enorme e le campane cominciarono a suonare a stormo. Ma Francesco sgusciò fuori di Chiesa, tirandosi dietro il padre che adesso, invece, voleva rimanere a guardare".
Foto conosciute e meno conosciute del leggendario BIGFOOT. Nota : il sonoro in sottofondo è composto dai suoni originali registrati durante gli avvistamenti.
Estratto da "Il Sentiero Azzurro - Dizionario della Conoscenza" di Gennaro Anziano. Una anticipazione dell'ultima edizione non ancora in stampa.
Il nome vero dell'Ecclesiastico irlandese Malachia era Maelmaedhog Ua Morgair, [Armagh 1094- Clairvaux 1148]. Nella forma ebraica Malachia deriva da Malak-Jahveh, ossia Messaggero di Jahveh. Malachia "non è uno scienziato, non è un medico o un alchimista. E' un uomo di chiesa, ossia proprio di quell'ente religioso che da sempre ha avversato le arti della divinazione, della profezia, dell'occultismo per intravedere che cosa succederà oltre il velo del tempo. E' un uomo religioso, un monaco che la Chiesa cattolica apostolica e romana dichiara santo". Egli fu abate di Bangor [1123] e vescovo di Condor [1125]. Canonizzato da Clemente III nel 1190, "per particolari meriti sul campo verso la Chiesa di Roma, cattolica e papista", San Malachia fu" arcivescovo e "primate d'Irlanda ad Armagh sua città natale nel 1132, ma con umiltà rinunciò alla carica per riprendere la vita di semplice monaco. Fu amico di S. Bernardo che divenne il suo biografo e tra le braccia del quale morì a Clairvaux il 2 novembre del 1148.
E' autore di una Profezia sui sommi Pontefici (Prophetia de summis pontificibus), scritta probabilmente nel 1139, che rimase però nella biblioteca dell'Abbazia di Clairvaux ignorata fino al 1590. La Profezia fu "pubblicata per la prima volta dal benedettino Arnoldo Wion nell'opera Lignum Vitae, stampata a Venezia nel 1505 e che costituisce oggi un'autentica rarità bibliografica. Fu intesa composta prima del travagliato Conclave da cui doveva uscire eletto Papa Celestino II, nel 1142. L'editore stesso, come molti elementi fanno ritenere, rimase perplesso e fu propenso a considerarla spuria, preoccupato anche delle conseguenze che poteva avere in seguito, una volta che fosse stata diffusa tra il popolo. Una manovra politica, una trovata di pochi religiosi oppure un'autentica profezia? Non sono pochi coloro che sostengono a spada tratta l'autenticità dell'opera di Malachia. Come altri profeti minori prima e dopo di lui, egli vide la successione regolare dei Papi sul trono di Pietro, sino al termine, all'ultimo dei giorni, ricollegandosi a quel tremendo 'mille e non più mille', che per tanto tempo ha turbato le coscienze attraverso i secoli". Con brevi motti, in questa Profezia sono descritti tutti i Papi da Celestino II (1143-44) a Pietro II, il cui avvento a Pontefice segnerà la fine del papato, di Roma e del mondo. Egli dice che "questo mondo finirà in un rogo immenso, pauroso, che divorerà tutto".
Di Pietro II, ultimo pontefice, Malachia dice: "Nell'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa, siederà Pietro Romano, che pascerà il suo gregge fra molte tribolazioni, dopo le quali la città dei sette colli sarà distrutta e il Giudice terribile giudicherà il suo popolo. Così sia". Le simboliche descrizioni, scritte in latino, sono 111. In esse spiccano le caratteristiche essenziali [uno stemma gentilizio, un particolare rilevante della vita, un'azione intrapresa, un nome, un anagramma, un periodo storico, una città di appartenenza, una fase lunare, oppure un'opera], dietro le quali si adombrano le identità dei futuri papi. Ecco qualche esempio:
-Innocenzo III (1198-1216): Comes signatus, cioè il conte segnato. Si trattava di Lotario dei Conti di Segni; -Giovanni XXII (1316-1334): De sutore osseo, cioè il calzolaio d'ossa. Si trattava di Jacques Duèse (Jacobuis de Osa), figlio di un calzolaio. (188, 731).
Pur criticata dagli storici, che non la ritengono autentica, la profezia si è finora dimostrata assolutamente attendibile. Chiunque può provare a "collocare ogni Pontefice con il suo motto e con le sue caratteristiche, al giusto posto, ossia al posto che effettivamente e storicamente ha occupato nella progressione dei pontefici" per scoprire quanto siano sconvolgenti le analogie e le affinità, fra ciascuno di questi motti ed il pontefice che gli corrisponde. La lista degli ultimi otto pontefici è la seguente:
105
Fides Intrepida
Pio XI
106
Pastor Angelicus
Pio XII
107
Pastor et nauta
Giovanni XXIII
108
Flos Florum
Paolo VI
109
De medietate lunae
Giovanni Paolo I
110
De labore solis
Giovanni Paolo II
111
De gloria olivae
Benedetto XVI
112
Petrus Secundus
?
Secondo questa lista dovremmo avere ancora un Papa e poi la fine. Personalmente credo che tra gli ultimi Papi ci sia stato un errore di identificazione, nel senso che la lista è sfalsata di un Papa e dovrebbe essere come quella che segue:
105
Fides Intrepida
Pio XII
106
Pastor Angelicus
Giovanni XXIII
107
Pastor et nauta
Paolo VI
108
Flos Florum
Giovanni Paolo I
109
De medietate lunae
Giovanni Paolo II
110
De labore solis
Benedetto XVI
111
De gloria olivae
?
112
Petrus Secundus
?
Ciò sta ad indicare che dovremmo avere ancora due Papi invece di uno. Andando a ritroso con l'interprertazione dei motti, troviamo per primo Benedetto XVI, che dovrebbe essere il De Gloria Olivae.
E' su questo Papa che si concentra l'idea del "De labore solis" e perciò della "guerra". Facciamo qualche annotazione. La sua elezione era quasi del tutto prevista. Perché? Con riferimento al nome scelto: Benedetto XVI, Egli diventa il successore di quel Benedetto XV che tentò si respingere la prima guerra mondiale. Verosimilmente anche questo Papa cercherà di respingere la "terza guerra mondiale", che pur è annunciata in molte profezie. Un'altra riflessione ci suggerisce che fu la Germania a scatenare la Prima Guerra Mondiale. Fu sempre la Germania a scatenare la Seconda Guerra Mondiale. Il Papa da eleggere si presentava come un possibile tedesco a rappresentare, sia pur nella pace, quel simbolo di guerra rappresentato proprio dalla Germania, come nota ripetitiva della "forzata indicazione dei tempi" o dei "tempi forti" come ama definirli la Chiesa. Torniamo per un momento alla ormai famosa "Omelia" di Ratzinger, nel corso della celebrazione della Messa, subito prima del Conclave. Egli pose l'accento su due parole molto significative: Verità e Carità, e poi ancora Carità e Verità, sviluppate con un elegante sillogismo teologico. La quasi certa possibilità che doveva essere un tedesco ad essere eletto, mi ha portato a considerare bene le parole espresse dal pontefice. Scrutando fra i cardinali tedeschi ho visto risplendere le illuminanti parole del Papa nel motto di un altro cardinale tedesco. Si tratta del Cardinale Walter Kasper, Segretario prima e Presidente poi del Consiglio Pontificio di Promozione dell'Unità del Cristianesimo, e Cardinale diacono di Ognissanti in via Appia Nuova a Roma, il cui motto è proprio "VERITATEM IN CARITATE". Cosa significa tutto ciò? Quella citazione, nel mentre sembrava voler dare un indirizzo al futuro pontificato, nascondeva in realtà un chiaro "invito" ai Cardinali. Quale? Questo: "Se proprio non volete eleggermi Papa a causa della mia età non più giovanissima, allora vi indico con il motto "VERITATEM IN CARITATE" il più giovane settantaduenne Cardinale Kasper", sempre un tedesco. Poi le cose sono andate come sappiamo e perciò ogni cosa è tornata più giustamente al suo posto, essendo la figura del Cardinale Ratzinger una chiara "emanazione" di Giovanni Paolo II il quale per oltre 24 anni lo ha tenuto al suo fianco. Ratzinger restava comunque una figura dominante e molto nota nell'ambito del Conclave. I molti e "freschi Cardinali" che certamente non avevano una profonda conoscenza l'uno dell'altro, ben conoscevano la figura possente del Cardinale Ratzinger perché la stessa potesse essere offuscata da un altro nome. Per questi motivi, non è stato difficile seguire il corso naturale delle cose e avere uno scrutinio facile oltre che repentino. E' proprio su queste "movenze" che si anima e riflette l'inconscio degli uomini. A corredo di questa argomentazione, c'è da aggiungere che l'elezione di Benedetto XVI è avvenuta nel giorno di Marte, espressione del dio pagano della guerra che dà l'esatta misura del guerriero sassone.
A Giovanni Paolo II, non corrisponde il motto De Labore Solis. Ma è proprio da questo Papa che si possono ristabilire le cose. Egli corrisponde al motto De medietate lunae, chiamato così, non solo perché è stato eletto in giorno di luna piena, ma soprattutto perché in tale fase lunare sono accaduti i principali episodi del suo pontificato tra cui il terremoto dell'Irpinia del 23 novembre 1980, e molti altri avvenimenti tragici di portata mondiale, tzunami compreso. A proposito di quest'ultimo Papa, "un libretto diffuso nel 1897 in Bretagna per opera di un gruppo di protestanti, stampato in poche centinaia di copie, non solo asseriva che Malachia aveva visto tutto e che aveva fatto uno sforzo per contenersi e per essere, diciamo, telegrafico, con lo scopo di non turbare troppo le coscienze, di non ingenerare panico negli animi, ma che disse, fra le righe, ben di più di quanto sappiamo. Il libretto dice, per esempio, cose interessanti sul Papa che, secondo Malachia, prenderebbe il motto De medietate lunae, ossia del Pontefice che verrà subito dopo Paolo VI. Scrive il libretto protestante: "Non sarà un papa italiano ma verrà da oltre i monti e quand'egli siederà sul trono di San Pietro, l'uomo, prodigiosamente, sarà già riuscito a compiere un lunghissimo viaggio aereo scendendo fin sulla Luna dove costruirà anche abitazioni, ma il tutto durerà poco perché la Luna è destinata a scomparire dallo spazio, anche se l'uomo ancora non lo sa". "Quando il giorno sarà diventato lungo quanto un mese, non si avvertirà più sulla Terra l'effetto delle maree lunari ma proseguirà invece l'azione dello splendente sole; [sarà questo il De labore solis?} allora il giorno diventerà più lungo di un mese. Infine la Luna si riavvicinerà alla Terra da cui si separò tanti anni fa e diventerà così grande per gli uomini che se la vedranno arrivare addosso che tutti urleranno impietriti dal terrore. Nulla di grave, poiché la Luna si avvicinerà molto ma non toccherà affatto la Terra perché a breve distanza da noi esploderà e andrà in pezzi. Allora non la vedremo mai più e questo sarà il primo di tanti segni che accompagneranno la fine del mondo dopo che, per una sensazionale scoperta, si sarà sprigionato sul nostro pianeta un calore terribile e mortale più potente di quello del sole! E' facile oggi pensare all'energia atomica". La descrizione che il libretto fa del Papa con il motto De medietate lunae è chiaramente riferibile a Giovanni Paolo II, Papa, non italiano ma Polacco "venuto di lontano", come egli stesso disse alla sua presentazione, dal balcone della Basilica di S. Pietro, subito dopo essere stato eletto, e non ha niente a che vedere con Giovanni Paolo I come la maggior parte dei critici crede.
La sera che precedette l'elezione di questo Papa, le telecamere inquadrando la Basilica di S. Pietro, lasciavano chiaramente intravedere, sullo sfondo, una suggestiva Luna piena. Su di essa le telecamere effettuarono delle ripetute zumate, quasi che l'inconscio del cameraman volesse evocare il motto De medietate lunae che Malachia aveva previsto per questo Papa straniero e volesse suggerire: "osservate il tempo della Luna che accompagna il nuovo Papa!". Per scoprire i misteri delle cose segrete occorre possedere i barlumi dell'intuizione più che sfoggiare ghirigori intellettuali, che spesso a nulla approdano. Mentre in molti perdurava ancora l'incertezza sull'arrivo della fumata bianca, in me, che ero consapevole della diversa datazione da quella che gli storici riportano, nacque la certezza che l'indomani avremmo avuto il Papa. Così fu! Eletto proprio in quella notte di Luna piena.
Chi lo precede è Giovanni Paolo I che è chiaramente Flos Florum, il Fiore dei Fiori, per essere stato Papa per soli 33 giorni.
Prima ancora c'era Paolo VI, il quale, primo fra i Papi, ha "inaugurato" la serie di "lunghi viaggi in aereo", e, come "Pastor et Nauta", "ha visitato quasi tutti gli angoli del mondo, è stato in Terrasanta, negli Stati Uniti, in India, a Fatima, in Portogallo, dove ha incontrato la veggente superstite, Suor Maria Dolores; è stato a Bogotà e in Asia. Nelle Filippine è anche sfuggito prodigiosamente ad un attentato quando un folle travestito da prete gli si è avvicinato contro all'aeroporto di Manila, e per poco non lo ha pugnalato".
Prima di Paolo VI c'era Giovanni XXIII. Egli si chiamava proprio Angelo. Non è un caso che oggi, dopo trentotto anni dalla sua tumulazione, abbiamo scoperto che questo "Pastor Angelicus" ha conservato incorrotto il suo corpo.
Prima ancora c'era Pio XII [Fides intrepida], dotato proprio di Fede intrepida. Anche Alfred Tyrel, nel suo "Le profezie di Malachia" della Casa Editrice M.E.B., pur attribuendo il motto Fides Intrepida a Papa Ratti, cioè Pio XI, non può fare a meno di sottolineare che per Pio XI la "Fides intrepida va benissimo ma coinvolge… anche il pontefice che venne subito dopo" e cioè Pio XII. Anche l'inconscio di Tyrel sente di dilatare la Fede intrepida che viene da tutti attribuita a Papa Ratti, fino a spostarla su Pio XII, com'è giusto, e perciò colpendo sia pure inconsapevolmente nel segno.
Il motto "De labore solis". non si riferisce a Giovanni Paolo II come la critica vorrebbe, essendo chiara l'allusione che il motto stesso fa ad una guerra di tipo nucleare, e sarà sprigionato sul nostro pianeta un calore terribile e mortale più potente di quello del sole! E' facile oggi pensare all'energia atomica pur se appaiono possibili riferimenti a fenomeni solari di particolare rilevanza. E tutto ciò non è ancora accaduto. Ma il fatto che il successivo Papa sia menzionato con il motto De gloria olivae fa pensare, con più verosimiglianza, ad una pace dopo un conflitto bellico.
Per ultimo ci sarà l'avvento di Petrus secundus con il quale s'interromperà il lignaggio papale. Non bisogna dare per scontata l'eventualità che l'ultimo Papa assumerà il nome di Pietro II, perché si tratta pur sempre di un aforisma, e sarebbe la prima ed unica volta, nelle profezie di Malachia, che il motto finisse per coincidere con il nome del pontefice. Inserendo l'aforisma nella colonna dei motti, non possiamo fare a meno di osservare che rimane bianca, con un punto interrogativo, la casella del nome del Papa futuro.
E' assai probabile che ancora una volta si dovrà interpretare la sibillina definizione. L'ultimo Papa potrebbe già avere in famiglia il nome di Pietro, e potrebbe essere il secondo figlio, o il secondo Pietro della sua casata. Ciò salverebbe l'analogia con il primo Pietro, anche se il Papa dovesse assumere un nome diverso dal motto che lo definisce. Poiché ci corre l'obbligo di essere aperti a tutto, siamo parimenti convinti che potremmo trovarci di fronte all'eccezione che confermi la regola cosicché l'ultimo Papa potrebbe chiamarsi proprio come il suo motto indica, e cioè Pietro II.
Iniziatosi con Pietro, il lignaggio Papale si concluderebbe proprio con un altro Pietro, il Secondo, in analogia con l'altro aforisma dell'Alfa e l'Omega. Malachia dice che sul trono di Pietro "siederà Pietro Romano, che pascerà il suo gregge fra molte tribolazioni". Questo ci dice che egli sarà un romano di Roma? O Romano è un nome? Per quanto riguarda il destino di quest'ultimo Pontefice, ricordiamo che "Nostradamus annuncia che un Papa verrà ucciso nel mese di maggio in una città bagnata da due fiumi". Tale previsione coincide con quella della stigmatizzata monaca agostiniana Anna Katharina Emmerich la quale dice di Pietro II che il suo papato non supererà la durata di un anno e che egli terminerà con la distruzione della città che raccoglie la tomba del primo apostolo, ossia di San Pietro.
Queste ultime previsioni coincidono anche, con la terza parte del segreto di Fatima, rivelato il 13 luglio 1917 nella Cova di Iria a Lucia Dolores e agli altri due bambini che erano con lei.
Il testo è il seguente:
"Scrivo in atto di obbedienza a Voi mio Dio, che me lo comandate per mezzo di sua Eccellenza Reverendissima, il signor vescovo di Leiria e della Vostra e mia Santissima Madre. Dopo le prime due parti che ho già esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: penitenza, penitenza, penitenza. E vedemmo in una luce immensa che è Dio. Qualcosa di simile come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti, un vescovo vestito di bianco, abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia. Il Santo Padre prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinano a Dio".
Questa visione di Lucia sembra proprio la descrizione dell'uccisione di Pietro II, come ci dice Malachia, in contemporanea con la distruzione della città di Roma. E' assolutamente puerile la strumentalizzazione che ne fa il Vaticano pretendendo di associare la morte di un pontefice e la strage che ne segue con l'attentato a Giovanni Paolo II.
Esso è diverso dalla marcia tra cadaveri e dalla strage esposta nella profezia di Lucia. In essa si dice che, come il Papa, "allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni". Nella visione di Fatima il Papa muore insieme a molti altri rappresentanti della fede ed altre persone secolari di varie classi e posizioni. E' una imperdonabile forzatura voler intendere che la strage vista da Lucia si possa accomunare all'attentato subito da Giovanni Paolo II nel corso del quale egli non perde affatto la vita, non si trova a salire alcun monte, non cammina affatto tra cadaveri. Quello che maggiormente differisce dall'attentato è la strage di "vescovi sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni", che seguiranno il Papa nella morte sulle le rovine di una città distrutta. Mentre da un lato la Cristianità parla del Giudizio finale, Universale, da un altro lato sembra volerlo eludere. Malachia, con profonda religiosità, si ricollega, come tutti i profeti, proprio all'idea del Giudizio e della Fine dei Tempi, espressioni che sono tutte intere inserite nei Testi Sacri della Chiesa stessa. In gioco è la paura dell'uomo, il quale è ancora incapace di prendere consapevolezza della sua miseria e del suo limite e che non osa travalicare la soglia della Verità. La puerile difesa da parte della Chiesa di avvertire di "non diffondere il panico" non è affatto considerata dai Testi Sacri, i quali, diretti a tutti, hanno anticipato la notizia da millenni. Il coraggio dell'uomo è consistito fino ad oggi, nel considerare che tale catastrofe avrebbe sempre riguardato altri di là da venire. Ma il tempo deve pur finire e quel tempo riguarda proprio tutti noi. E' bene sapere perché, come è scritto, "la verità vi farà liberi". Tutte queste cose purtroppo, dovranno ancora accadere e saranno le dolorose, conclusive pagine della storia di questa umanità sulla Terra.
Monteriggioni di Torri si Corona 2009 3, 4 e 5 – 10, 11 e 12 luglio 2009
L’edizione 2009 delle Feste Medievali di Monteriggioni, realizzate dalla “Monteriggioni A.D. 1213” sotto la direzione artistica di Massimo Andreoli e Massimiliano Righini del CERS, avrà come tema principale la vita del Castello “tra storia e leggenda”, attraverso la riproposizione di alcuni tra i più significativi avvenimenti storici che coinvolsero la cittadina senese tra medioevo e rinascimento.
Il primo week end sarà infatti dedicato alle celebrazioni per la vittoria ottenuta alla Battaglia di Montaperti del 1260, scontro di grande importanza tra Siena e Firenze per il controllo della via Francigena.
Quello successivo ricorderà invece l’occupazione dei Noveschi: nel 1482 alcuni fuoriusciti senesi della famiglia dei Noveschi, sostenuti da Firenze, occuparono il castello di Monteriggioni. La repubblica senese mosse subito ad assediare il castello. La vicenda si concluse con la resa degli assediati che sotto scorta senese furono esiliati in territorio fiorentino.
Le Feste saranno contraddistinte dalla convivenza tra l’aspetto più prettamente ricostruttivo - sia militare (evoluzione delle tattiche militari, delle armi, dei sistemi difensivi) che civile (la vita quotidiana di un borgo assediato, la sua alimentazione, i suoi mestieri, ecc…) – e quello spettacolare (saltimbanchi, musici, giocolieri), che quest’anno intende proporsi come vero e proprio festival nazionale dello spettacolo storico sotto la direzione Artistica di Gabriele Bonvicini di Musica Officinalis. Tra gli artisti presenti il Giullar Cortese Gianluca Foresi, Metenio Atrippa e la sua creatura fantastica, Alessandro Martello di Hocus Pocus Circo Teatro, i Giullari del Diavolo, l’ensemble musicale degli Errabundi Musici, il Mago Paolo della compagnia dei Ligrittieri, il Teatro Agricolo, la Schola Tamburi Storici di Conegliano, la Compagnia de “La Giostra”, Petricinus Arcanus e Zorba Officine Creative che presenterà in anteprima una produzione dedicata al mondo mitologico, con fauni che si materializzeranno all’improvviso tra i visitatori.
Due le novità di quest’edizione:
* l’allestimento, nel campo dei tornei, di due Giostre Cavalleresche dedicate, rispettivamente una nel primo e l’altra nel secondo fine settimana, alla tradizione del XIII e del XV secolo. Tale suggestivo spettacolo è realizzato dai Cavalieri Cenedesi con il Coordinamento artistico di Mauro Guidolin; * la presenza al Castello, dal 10 al 12 luglio di gruppi storici provenienti non più solo dall’Italia, ma anche dall’estero. Grazie così alla Compagnie de la Rose (Svizzera), all’Hansevolk zu Lübeck (Germania) e ai terribili Lanzichenecchi di Bretten (Germania), le Feste Medievali di Monteriggioni entreranno a far parte a tutti gli effetti del circuito internazionale delle feste storiche del CERS-Consorzio Europeo
VIDEO MA ME GIRATI E PUBBLICATI SUL MIO CANALE YOU TUBE (VEDI LINK).PRESENTAZIONE DEI NOBILI E DELL'AVVENIMENTO STORICO :
GIULLARE E MUSICI ALLIETANO LA FOLLA AL CASTELLO :
SFILATA CON I DRAPPELLI DEI CAVALIERI PRIMA DELLA GIOSTRA CAVALLERESCA :
GIOSTRA CAVALLERESCA :
CARICAMENTO CANNONE MEDIEVALE AD AVANCARICA.SPIEGAZIONE E DIMOSTRAZIONE :
PRESENTAZIONE E SALUTO DEL GRUPPO STORICO DI SCHERMA :
DUELLO : IL GIUDIZIO DI DIO.
ALLA FINE DELLA FESTA, I MUSICI ALLIETANO IL POPOLO. FINISCE UNA INDIMENTICABILE MANIFESTAZIONE. CANTI E BALLI :
Changeling, il film tratto dalla seguente vera storia di Christine Collins. Che fine fece il figlio Walter?
Christine Collins
Il 10 marzo 1928 Walter Collins, figlio di Christine scompare nel nulla dopo che la madre è andata al lavoro. Circa 5 mesi dopo, alla donna viene riconsegnato un bambino che non è suo figlio. La polizia di Los Angeles, già nell'occhio del ciclone per corruzione e costante incapacità, cerca di tenere allo scuro i cittadini di questo grave errore.
Christine Collins porta prove schiaccianti riguardanti l'identità di suo figlio. Il dentista e la maestra del piccolo affermano con certezza che quel bambino non è Walter Collins.
Il Capitano JJ Jones inizierà una personale battaglia contro Christine al fine di difendere il suo onore e la reputazione del dipartimento.
Dopo circa tre settimane, durante le quali il "nuovo figlio" visse con Christine, quest'ultima torna dal capitano JJ sostenendo che quel ragazzo non è suo figlio. La minaccia di parlare con i giornalisti e diffamare ancora una volta il dipartimento spinge Jones a rinchiudere Christine Collins in manicomio.
Nel frattempo il Capitano di Polizia interroga il presunto Walter che afferma di non essere il piccolo Collins ma di essersi spacciato per un'altra persona al fine di raggiungere Hollywood e incontrare il suo attore preferito. Grazie all'aiuto di un pastore e alle prove ormai schiaccianti, Christine Collins esce dal manicomio e fa causa al Dipartimento di Polizia di Losa Angeles.
La signora Collins vincerà la causa contro JJ Jones, il quale non verserà mai la somma di $ 10.800 a Christine. Suo figlio Walter, con buone probabilità, venne rapito da Gordon Northcott, che era solito uccidere i bambini nel suo Ranch. Cinque anni dopo l'esecuzione di Northcott, un bambino scappato dal Ranch ritrova la sua famiglia e raccontando la sua storia afferma che anche Walter Collins riuscì a fuggire dal porcile quella notte. Le speranze di ritrovare il figlio vivo però diminuiscono con il passare dei mesi.
Nel 1941, Christine Collins ha fatto nuovamente causa a JJ Jones tramite il tribunale superiore cercando come risarcimento una somma di $ 15562.
Davvero il bambino riuscito a scappare dall'assassino era sicuro che si trattasse proprio di Walter? Riuscì a scappare realmente oppure morì per mano di Gordon Northcott come tutti gli altri? Se, invece, riuscì a fuggire perchè non si fece mai avanti per cercare la madre? Forse incontrò nuovamente qualche altro balordo? Christine Collins continuò a cercare il figlio per il resto della sua vita, ma morì senza mai conoscere il destino di Walter.
Nel 1995 esisteva un gioco con carte che riportavano esattamente le illustrazioni di quello che sarebbe accaduto l'undici Settembre. Fu ideato nel 1990 da Steve Jackson ed il gioco si chiamava, appunto, “Illuminati-The New World Order”.
28/11/2008
Anche se ci vorranno giorni, se non settimane, per riuscire a mettere insieme fatti e informazioni in modo coerente e ricostruire uno scenario plausibile sui tragici fatti che stanno accadendo in India proprio in queste ore, ho notato la frenesia con cui i media si sono gettati a recitare il mantra di “al Qaeda” e ad evocare un “11 settembre indiano” le cui conseguenze sono al momento imprevedibili. D’altra parte, ricorderete che da molte parti in queste settimane era stato evocato un imminente attacco terroristico: ad esempio, fonti dell’intelligence israeliano hanno rivelato che nel corso dell’incontro dei G20 a Washington i capi di stato europei e russo erano stati informati di un probabile attacco di al-Qaeda in tempi brevi. Lo stesso Obama e il suo staff erano stati messi sull’avviso della possibilità di un attentato contro bersagli chiave in Europa, Nord Africa o Medio Oriente. L’evento veniva definito “più catastrofico dell’11 settembre”. Sono pronto a scommettere che man mano che si chiariranno molti dettagli e collegamenti, salterà fuori che questa sofisticata e sanguinosissima operazione criminale è stata organizzata e manovrata dai servizi segreti di uno o più paesi che al momento non voglio nominare, ma che potete benissimo immaginare da soli semplicemente basandovi sui precedenti e sul “modus operandi”. Devo comunque riconoscere una sinistra genialità nello schema che abbiamo di fronte: non solo si è riusciti a spostare geopoliticamente il fulcro della crisi dal Medio Oriente all’area indo-pakistana, ma in questo momento anche la gravissima crisi economica mondiale passa in secondo piano. Ed è proprio dal campo dell’economia che giungono segnali tutt’altro che rassicuranti, in particolar modo per gli USA: a titolo di esempio, il “guru” finanziario elvetico Marc Faber non solo pronostica grandi turbolenze nei mercati azionari, ma anche la bancarotta dello stato federale statunitense, con tutte le conseguenze del caso. I cinesi, d’altro canto, pare stiano valutando l’acquisto in blocco della General Motors e della Chrysler, almeno stando a quanto afferma un articolo pubblicato da una delle più autorevoli riviste finanziarie della Cina, il Century Business Herald, il quale illustra anche quali enormi benefici ricaverebbe l’industria automobilistica cinese grazie alla penetrazione nel mercato globale con una serie di marchi affermati e all’accesso a tecnologia estera. Oltretutto, con la montagna di riserve in dollari che si ritrovano, per i cinesi qualche centinaio di miliardi per l’acquisto sono poco più che spiccioli… A sottolineare quanto sia profonda la crisi, i concessionari Dodge dell’area di Chicago adesso offrono a chi acquista un veicolo nuovo un secondo veicolo per un dollaro. E sentite questa: nella zona di Denver, a Weld, una famiglia di contadini aveva invitato la popolazione a raccogliere e portarsi via le loro eccedenze agricole; patate, carote, porri… Be’, si sono presentati in più di 40.000! E non vi sto a raccontare le storie dei furti di tacchini per il giorno del Ringraziamento… Scene come queste non fanno presagire nulla di buono, così come le circa 500.000 “bare” in plastica, atte a contenere due o tre cadaveri ognuna, ammassate in speciali “campi” gestiti dalla FEMA (l’agenzia federale per la gestione delle emergenze) intorno ad Atlanta, in Georgia.
Qualcuno le mette in relazione coi campi di concentramento già pronti per l’imminente instaurazione della legge marziale, in seguito a una crisi economica senza precedenti. Certo, fa accapponare la pelle osservare le carte per un gioco sviluppato da un tale Steve Jackson nel 1990 e pubblicato nel 1995 col titolo “Illuminati-The New World Order”. Le due carte che seguono, ad esempio, sono assai “illuminanti” (!) e quanto mai profetiche rispetto al periodo che stiamo vivendo:
Ma ancor più profetiche sono senz’altro queste, pensando agli eventi dell’11 settembre 2001 e al fatto che queste immagini sono state concepite e realizzate nel 1995!
Per concludere con una nota più positiva, l’astrofisico David Sibeck del Goddard Space Flight Center ha recentemente rivelato ad un convegno tenutosi ad Huntsville, in Alabama, USA, l’esistenza di un “portale magnetico” che collega periodicamente e direttamente la Terra al Sole, attraverso il quale scorrono grandi quantitativi di particelle ad alta energia.
Denominato FTE, ovvero Evento di Trasferimento di Flusso, si verifica periodicamente ogni otto minuti per tempi assai brevi ma è molto potente e dinamico, e si suppone si suddivida in due modalità: “attiva” o “passiva”. Tutto bellissimo, ma non è forse esattamente il concetto divulgato disperatamente per decenni dal geniale, bistrattato e compianto PierLuigi Ighina?
Come abbiamo visto nel precedente post, Mozart era un affiliato alla Massoneria tanto da comporre un'opera in merito, IL FLAUTO MAGICO. In questa divertente "interpretazione musicale" de LA LINEA, ascolteremo alcuni brani del compositore al pianoforte.
Il duello di Dio, detto anche duello giudiziario, duello ordalico o combattimento giudiziario, era una forma di duello diffusa durante il Medioevo in Europa, in particolare presso i popoli di ceppo germanico. Si trattava di una forma di ordalia, istituto tipico del diritto germanico, nella quale una contesa giudiziaria veniva risolta attraverso il combattimento tra i due contendenti o i loro campioni: si riteneva che l'esito del duello, condotto secondo precisi rituali, non dipendesse tanto dal valore dei combattenti, quando dal giudizio di Dio, che non poteva che premiare colui che era nel giusto. Si distingue quindi dalla faida, poiché questa era una mera forma di regolamentazione dei conflitti privati tra due individui o due gruppi, senza implicazioni né sovrannaturali né di validità giuridica. La progressiva affermazione dei poteri statuali e la crescente opposizione della Chiesa portarono al declino del duello di Dio, che scomparve definitivamente tra XII e XIII secolo. Come ogni ordalia, il duello di Dio era considerato, all'interno degli ordinamenti giudiziari germanici, una forma di giudizio divino ("iudicium Dei") che veniva concessa dal giudice alle parti contendenti, sia in ambito civile sia in ambito criminale[1]. La concezione che stava alla base di tale istituto era quella, "barbarica", che vedeva i campi del diritto, della morale e della religione come un tutt'uno inscindibile[2]; inoltre, al culto di Dio si accompagnavano quelli, altrettanto caratteristici, della forza fisica e delle armi[3]. Le ricostruzioni più complete dei duelli giudiziari riguardano quelli combattuti durante il Basso Medioevo, sia presso le corti feudali sia presso i comuni. Castelli e città erano stabilmente attrezzati con appositi campi chiusi dalle caratteristiche e dalla forme definite, all'interno dei quali si schieravano i due campioni. Le armi erano determinate dai giudici e lo scontro poteva protrarsi per più giorni; la morte non era l'esito necessario, e anzi ricorreva piuttosto raramente: di norma, la sconfitta era sancita dal toccar terra con il capo, dalla fuoriuscita dal campo di battaglia o dalla resa di uno dei due campioni. I primi riferimenti al duello come strumento di risoluzione delle contese tra i Germani risalgono agli storici romani che, da Velleio Patercolo a Tacito, sottolineano l'incompatibilità di tale prassi con la concezione romano dello Stato ("res publica")[3]. Il combattimento giudiziario era presente presso numerosi popoli germanici e nelle leggi dei relativi regni romano-barbarici (Goti, Dani, Anglosassoni, Sueoni, Longobardi, Franchi, Sassoni, ecc.), per essere infine ancora attestato nei comuni medievali.
Il duello di Dio presso i Goti : Il combattimento giudiziario era regolarmente praticato presso i diversi rami della grande famiglia gotica, salvo poi declinare in seguito alla stabilizzazione dei regni romano-barbarici dominati da Goti. Così, una volta insediato il suo Regno ostrogoto tra Italia e Illiria, Teodorico invitò i Goti rimasti in Pannonia ad abbandonare il ricorso al duello per dirimere le loro contese, suggerendo loro di prediligere invece le normali vie giudiziarie.
Il duello di Dio presso i Longobardi : La prima testimonianza di un duello giudiziario in Italia è quella riportata dallo storico franco Fredegario[5]: nel 624 Pittone, campione della regina Gundeperga, uccise Adalulfo, che aveva accusato la sovrana di adulterio e di aver ordito una congiura insieme al duca Tasone, in un duello di Dio voluto dai legati franchi intervenuti a favore di Gundeperga, che a causa dell'accusa era stata rinchiusa nel castello di Lomello dal marito Arioaldo. L'esito del duello comportò la completa riabilitazione della regina, che poté tornare a fianco del re. Il duello di Dio fu in seguito dettagliatamente normato dall'Editto di Rotari, fin dai primi articoli. Rotari riconosceva il duello, condotto in prima persona o attraverso un campione, quale prova giudiziaria definitiva di istanza superiore al giuramento (art. 9). L'art. 198 precisa la possibilità di ricorrere al combattimento, sempre come seconda e definitiva istanza rispetto al giuramento, nel caso specifico della calunnia nei confronti di una ragazza soggetta a mundio, qualora questa fosse accusata di essere prostituta o strega. Altri articoli indicano il campo di applicazione del duello di Dio nei casi di una moglie accusata di tramare per la morte del proprio marito (art. 202) o di adulterio (art. 213), mentre l'art. 368 prescrive il divieto per i duellanti di portare su di sé erbe malefiche. Il ricorso a tale pratica fu in seguito fortemente limitato; in particolare, fu la legislazione di Liutprando a tentare di limitare i duelli, esplicitamente appellandosi alla fallacia del preteso "giudizio di Dio: «incerti sumus de iudicio dei»[6]. Il fatto che lo stesso sovrano abbia potuto soltanto sconsigliare anziché vietare il duello di Dio attesta tuttavia quanto la pratica fosse radicata presso i Longobardi.
Il declino del duello di Dio in Italia : Con l'evolversi del Regno longobardo il duello di Dio era stato dunque progressivamente limitato a favore delle prove testimoniali e documentali; la caduta del regno (774), tuttavia, e la sostituzione della classe dominante longobarda con quella franca, ancora più ancorata alle tradizioni germaniche, ridiede ampia diffusione alla pratica. I Carolingi prima (VIII-IX secolo) e gli Ottoni poi (in particolare Ottone I, X secolo) sostennero apertamente il combattimento giudiziario[8], cui si fece quindi ampiamente ricorso fino alla crisi definitiva dell'isituto dell'ordalia, nel XIII secolo[9]. Il Liber Augustalis di Federico II circoscrisse drasticamente l'applicazione del duello di Dio, limitandolo ai casi in cui si dibattesse, in assenza di altre prove, di omicidi commessi con veleno o tradimento e di lesà maestà. Analoghi provvedimenti furono adottati da Luigi IX di Francia e da Alfonso X di Castiglia, anche se parallelamente l'istituto conobbe ampia diffusione presso i primi liberi comuni[9]. Sempre a partire dal XII secolo era andata anche crescendo l'opposizione della Chiesa cattolica, con i decreti di Niccolò I, Gregorio IX e Alessandro III: il duello, azniché "di Dio", iniziò a essere considerato empio, giacché supponeva la pretesa di imporre a Dio di manifestarsi attraverso un miracolo dietro richiesta umana.
Il duello di Dio presso i popoli germanici settentrionali : Saxo Grammaticus, nella sua Gesta Danorum, testimonia l'ampia diffusione del duello di Dio presso i Dani: secondo re Frotone III qualsiasi controversia doveva essere decisa attraverso il combattimento, del quale prescrisse minuziosamente le regole. Le antiche cronache anglosassoni e vichinghe rimarcano non solo la diffusione del combattimento giudiziario, ma anche la particolare enfasi sull'abilità come duellanti dei sovrani delle varie stirpi germaniche settentrionali.
Video da me girato a Monteriggioni durante la bellissima festa medievale: IL GIUDIZIO DI DIO