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giovedì 24 luglio 2008

Dal Regno di Sardegna ad oggi - Storia di un torbido passato

Il Regno di Sardegna

Il Regnum Sardiniae et Corsicae ebbe inizio nel 1297, quando Papa Bonifacio VIII lo istituì per dirimere le contesa tra Angioini e Aragonesi circa il Regno di Sicilia (che aveva scatenato i moti popolari passati poi alla storia come Vespri siciliani). La realizzazione della licentia invadendi così concessa ebbe inizio nel 1323, col re Giacomo II e poté dirsi conclusa nel 1420 sotto Alfonso V d'Aragona. Attraverso varie fasi, la storia del Regno sardo percorre l'ultimo periodo del medioevo e giunge alla sua conclusione tra il 1847 (Unione Perfetta con gli stati di terraferma) e il 1861 (proclamazione del Regno d'Italia).

La Sardegna e la Corona d'Aragona

Per approfondire, vedi la voce Storia della Sardegna aragonese.
Stendardo aragonese
Stendardo aragonese

Il periodo che va dagli inizi del XIV secolo a circa la metà del secolo successivo rappresenta per la civiltà occidentale un periodo di transizione dal Medioevo all'età moderna. La società si svincola dai miti e dalle tradizioni medievali e si avvia verso il Rinascimento. Purtroppo, questi cambiamenti non si riscontrano in Sardegna: questo periodo corrisponde infatti all'occupazione aragonese; (ebbe inizio nel 1323 - 1324) ed è considerato da molti come il peggiore di tutta la storia dell'isola. Il cammino verso l'età moderna viene bruscamente interrotto e tutta la società isolana regredisce verso un nuovo e più buio Medioevo. Le maggiori cause furono viste nelle continue guerre contro il Regno di Arborea e nel regime di privilegio, di angherie e di monopolio esclusivo di ogni potere, instaurato a proprio favore dai Catalano-aragonesi e poi dagli spagnoli.

Una testimonianza evidente della situazione creatasi è fornita dagli stessi Catalani, che ancora nel 1481 e nel 1511 chiedevano al Re - nel loro Parlamento - la conferma in blocco degli antichi privilegi, ricordando che erano stati concessi «per tenir appretada e sotmesa la naciò sarda» (mantenere bisognosa e sottomessa la nazione sarda). Con il dispotismo e la confisca di tutte le ricchezze si arrestò bruscamente il processo di rinnovamento economico, culturale e sociale che gli Arborensi, i Genovesi, i Pisani e la Chiesa stessa, con i suoi ordini monastici, avevano suscitato nei primi tre secoli dopo l'anno Mille.

In realtà gli aragonesi non disponevano dei mezzi per una tale invasione e riuscirono solo dopo un secolo di guerre e di sanguinose battaglie ad unificare il Regno di Sardegna e Corsica, che fu composto - per lungo tempo - unicamente dalle città di Cagliari e di Alghero. I due popoli sconteranno duramente - in epoche successive - il loro combattersi accanitamente fino ad annullarsi a vicenda. Sia i sardi che i catalano-aragonesi saranno assorbiti in realtà nazionali sostanzialmente estranee alla loro storia.

La Sardegna e la Corona Spagnola

Per approfondire, vedi la voce Storia della Sardegna spagnola.

Con la riconquista di Granada - il 2 gennaio 1492 - si realizzò pienamente la riunificazione dei regni iberici, assiduamente perseguita da Ferdinando II di Aragona e da Isabella di Castiglia.

Dopo il loro matrimonio celebrato a Valladolid il 17 ottobre 1469, con un accordo conosciuto anche come la concordia di Segovia, nel 1475, i due sovrani avevavo giurato di non fondere le due corone in un unico Stato e ciascuna entità conservò le sue istituzioni e le sue leggi. Entrambi infatti si chiamarono: re di Castiglia, di Aragona, di Leòn, di Sicilia, di Sardegna, di Cordova, di Murcia, di Jahen, di Algarve, di Algeciras di Gibilterra, di Napoli, conti di Barcellona, signori di Vizcaya e di Molina, duchi di Atene e di Neopatria, conti di Rossiglione e di Serdagna, marchesi di Oristano e conti del Goceano.

La Sardegna e i Savoia


Il regno di Sardegna
Per approfondire, vedi le voci Regno di Sardegna, Storia della Sardegna sabauda e Lista dei re di Sardegna.

In seguito agli aggiustamenti territoriali seguiti alla Guerra di successione spagnola, finita nel 1713, per un brevissimo periodo, tra il 1713 ed il 1718, l'isola passò agli Asburgo austriaci che la cedettero poi al duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, che ottenne in questo modo il relativo titolo regio.

Per più di cento anni mantenne lo status di regno autonomo, fino al 1847 quando fu poi pienamente integrata nell'amministrazione piemontese (Unione Perfetta): questo significò de iure l'annessione piena del Piemonte alla Sardegna, de facto la scomparsa di quel che restava delle istituzioni autonome dell'isola di Sardegna all'interno del Regno (carica viceregia, parlamento degli Stamenti, tribunale supremo della Reale Udienza).

In quel periodo varie riforme provocarono forti cambiamenti nell'assetto del territorio e delle strutture produttive: l' editto delle chiudende («tancas serradas a muru») introdusse la proprietà privata ponendo fine alla gestione collettiva dei terreni e determinando forti malumori e rivolte.

Il Regno di Sardegna fu poi,dal punto di vista istituzionale, la culla del Risorgimento italiano.

La Sardegna contemporanea

Per approfondire, vedi la voce Storia della Sardegna contemporanea.

La Sardegna tra Otto e Novecento è una regione marginale, povera e spopolata del nuovo stato italiano. La modernizzazione forzosa e superficiale e i conflitti commerciali con altri paesi europei (specie con la Francia) ne condizionano pesantemente l'assetto produttivo e sociale. A ciò si accompagna poi il fenomeno del banditismo.

Contemporaneamente tuttavia emergono anche pulsioni ed espressioni culturali al passo con i tempi e di livello assoluto (scrittori, artisti, uomini politici). Le contraddizioni accompagnano tutto l'arco della storia contemporanea dell'Isola, a fasi alterne tra momenti di crisi e momenti di crescita, sia pure problematica.

La Grande Guerra (nel corso della quale i sardi vennero arruolati nella Brigata Sassari, quasi un corpo militare a base etnica) fa emergere tra i sardi stessi tutta la portata della questione identitaria e del rapporto con lo Stato italiano. Ne nasceranno fermenti politici nuovi, che però il fascismo soffocherà o ingloberà (vedi la vicenda del Partito Sardo d'Azione).

Con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, parallelamente alla Costituzione repubblicana italiana, viene promulgato lo Statuto di autonomia della nuova Regione sarda, una delle cinque a statuto speciale previste nel nuovo ordinamento statale.

Il dopoguerra, caratterizzato dalla battaglia vinta contro la malaria e dalle richieste e rivendicazioni di condizioni economiche migliori, vede da un lato l'imporsi delle servitù militari (come pegno agli assetti geopolitici internazionali cui l'Italia deve far fronte) dall'altro la politica dei così detti Piani di Rinascita, misure legislative speciali per il finanziamento dell'industrializzazione della Sardegna.

Ne conseguono sostanziali fallimenti socio-economici e limitazioni a quella stessa autonomia pure costituzionalmente riconosciuta. A ciò si accompagna un nuovo fenomeno migratorio e il ripresentarsi del problema del banditismo, che imperverserà . Cresce e si afferma intanto il settore turistico, fino a fare dell'Isola una delle mete più appetite a livello italiano e internazionale. Rimangono inoltre sempre vivi i fermenti culturali, sia nel senso di una costante riproposizione delle tradizioni sia in quello dell'espressione di talenti artistici e letterari e di figure politiche ai massimi livelli.

Alla fine del ventesimo secolo, la Sardegna, come regione dello Stato italiano, risulta attestarsi a mezza via tra le regioni a più alto reddito annuo pro capite del nord peninsulare e quelle meridionali a reddito pro capite più basso. Altri indicatori ne sanzionano gli innegabili progressi sia economici, sia sociali, ma non annullano le obiettive difficoltà di crescita e di sviluppo ancora presenti.

Negli anni più recenti, l'espansione delle nuove tecnologie e il miglioramento dei collegamenti con l'esterno (specie quelli aerei, grazie alle compagnie c.d. low cost) sembrano tendere ad attenuare lo storico svantaggio dell'insularità.

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