Translate

Cerca nel blog

giovedì 26 maggio 2011

Film e mistero : ESP

Fenomeni ESP

Con il termine ESP vengono definiti tutti quei fenomeni (extra sensorial perception) che si manifestano in un soggetto tramite una percezione extra sensoriale. 
La conoscenza quindi di eventi, oggetti, persone e contenuti che il sensitivo opera, avviene esclusivamente tramite l'uso dei sensi.



La particolare natura dei fenomeni ESP risiede nel fatto che tali fenomeni non possono essere indotti, ma - traendo la propria origine nell'inconscio del soggetto - essi si manifestano senza alcun preavviso.
I fenomeni ESP sono quindi irregolari e sperimentalmente instabili, il che significa che difficilmente possono essere studiati tramite la loro ricreazione in laboratorio, ma possono solamente essere inseriti all'interno di una casistica che ne determina la reiterata manifestazione. All'interno della categoria dei fenomeni ESP vengono segnalati:
In ognuna di queste tre manifestazioni extrasensoriali il protagonista - ed agente del fenomeno - non è cosciente delle proprie capacità.
In ogni caso lo studio di tali fenomeni può avvenire solo tramite lo studio del soggetto che provoca il fenomeno.


ESP - Fenomeni paranormali  - visualizza locandina ingranditaTrama del film ESP - Fenomeni paranormali :
Una troupe televisiva si occupa di documentare, in stile reality, luoghi infestati da fantasmi o presunti tali attraverso un programma intitolato "Grave Encounters". Per un episodio decidono di rinchiudersi dentro al Collingwood Psychiatric Hospital un vecchio ospedale psichiatrico abbandonato, noto per una grande attività paranormale. Sarà l'inizio di un vero viaggio...all'inferno.


ATTENZIONE! GENERE HORROR PERTANTO E' SCONSIGLIATA LA VISIONE AI SOGGETTI IMPRESSIONABILI.



Infestazioni di luoghi : quegli strani rumori, quelle strane ombre

Infestazioni luoghi demonioSpesso ad allarmarci è un rumore strano, un ombra inspiegabile, oppure un odore particolare di cui non riusciamo a spiegarci l’origine.
Ma l’infestazione dei luoghi, vale a dire la presenza di entità o demoni, in un luogo è così raro ?
Niente affatto , e qui non vogliamo spaventare nessuno, ma solo riferirci ad una realtà più diffusa di quanto si creda, al di là di ogni lecito scetticismo.
Intanto perchè un luogo, come una casa, un garage, una cantina dovrebbero essere “infestate” ?
Ci sono varie ragioni : può essere stato un luogo dove risiedeva una persona a cui è stata fatta un maleficio, una maledizione, può essere un luogo dove veniva praticata magia nera, sedute spiritiche, invocazioni di demoni, può essere un luogo maledetto perchè frutto di sorpruso, dove si è verificato un fatto di sangue grave.
Spesso sia la causa che le circostanze possono detrminare l’entità e la gravità dei fenomeni : cercare e trovare la causa spesso è essenziale per la risoluzione dei casi.
Ma come si manifestano ?
Spesso con strani rumori, provenienti in genere da altre stanze : rumore di passi, infissi che si aprono o si chiudono, stridore di mobili e sedie trascinati, gorgoglii d’acqua , rumore di oggetti che vanno in frantumi.
Poi è possibile che vengono accompagnati da strane ombre che si ha l’impressione di vedere muoversi con velocità e furtivamente : si va da ombre apparentemente umane a quelle di piccoli animali. Spesso sembra che qualcuno ci osservi e individuato il punto dove “sentiamo” che ci sia qualcuno si nota come una sorte di ombra molto leggera che si sposta svanendo, ancor più spesso passando davanti a uno specchio ci sembra che ci guardi da li o che lo specchio rifletta un altra immagine per una frazione di secondo.
In casi un pò più gravi ci può essere la rottura improvvisa e inspiegabile di oggetti : bicchieri e bottiglie che all’improvviso vanno in frantumi, piatti che si ritrovano incrinati, quadri che all’improvviso si staccano dai chiodi.
Ancora possono aversi sparizione o spostamenti di oggetti : una forbice che siamo sicuri aver lasciato in un cassetto la ritroviamo in un altro posto, oppure un mestolo sempre stato in un cassetto lo ritroviamo in una altro mobile della casa.
Ancora vi possono essere strani segni sulle pareti di casa,segni che a volte spariscono per poi ricomparire in altri punti, oppure a volte puzza insopportabile provenire da particolari angoli che dopo pochi minuti si dissolvono per ricomparire giorni dopo in altri punti.
Generalmente , quando i luoghi si prensentano con questi “segni” , si presentano anche insonnie inspiegabili negli occupanti il luogo, oppure comparsa di oggetti non appartenenti alla casa : non raro nei cuscini si apprezzano nodi o si ritrovano oggetti di cui non si conosce l’origine.
Ma è possibile ricondurre questi fenomeni alla causa e rimuoverli : certamente si, anche se spesso occorre un lungo studio e una lunga osservazione.
Ad esempio se quel luogo, o uno dei suoi occupanti,  è stato oggetto di un maleficio o maledizione, bisogna, attraverso una mappatura dei “segni” risalire alla persona colpita : spesso un maleficio diretto contro una persona genera una “infestazione di luoghi” quando non riesce a colpire il malcapitato.
Se invece il luogo è stato teatro di “sedute spiritiche” o altri tipi di evocazioni bisogna cercare di capire quanto tempo prima e possibilmnete l’intensità delle operazioni di occultismo che si praticavano.
Spesso si può cercare di capire l’entità e la causa dei fenomeni utilizzando i sacramentali : olio e sale esorcizzati possono aiutare tantissimo in questi casi.
In moltissimi casi l’uso dell’olio e del sale esorcizzati “amplificano” i fenomeni che sembrano aumentare in quantità, durata  e forza : questo è in genere un cattivissimo segno.
Significa che l’infestazione è molto radicata e molto più intensa di quello che vuol far sembrare.
Non ci dimentichiamo che la prima arma che i demoni usano è quella di far credere che queste cose non esistano : la presenza di sale e olio esorcizzato “scatena” le presenze o entità.
In molti casi si sente chiaramente l’odore di “benzoino” che brucia : il benzoino è un incenso particolare, usato durante i riti per compiere malefici o rituali dell’occulto.
Qualche volta, anche se più raramente, l’odore può essere quello di zolfo , più spesso invece quello di una carogna in putrefazione.
Un altro fenomeno osservato durante gli studi di qualche caso è l’abbassamento improvviso di luci in casa : a cielo sereno e senza spiegazione la luce dei lampadari si abbasa lievemente per tornare poi a brillare nuovamente, magari più volte nel corso della serata.
Se nel luogo infestato vi sono animali domestici spesso si assistono a fughe improvvise degli stessi : un gatto sembrerà essere spaventato e scappare via, oppure guardare in un punto fisso, gli uccelli all’improvviso si agitano senza un motivo per pochi minuti e poi torna tutto come prima.
La fenomenologia è molto ampia : in ogni caso dove si abbia il minimo sospetto è sempre ottima cosa far ricorso ad un esperto, evitando accuratamente i numerosi cialtroni che pur sono in giro.
Un buon esperto studierà il caso e sarà lui stesso ad accompganarvi o consigliarvi su ccosa fare fino al ricorso di un padre esorcista per benedire i luoghi.
In ogni caso, al di là del facile scetticismo moderno, è bene sapere che l’infestazione di luoghi è molto più diffusa di quanto si creda e che spesso la miglior arma dei demoni o “presenze” è proprio quelle di convincerci che non c’è.

http://predire.vos.it/2007/10/03/infestazioni-di-luoghi-quegli-strani-rumori-quelle-strane-ombre

domenica 22 maggio 2011

Film e mistero : Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare

In questa pellicola appaiono tre argomenti legati al mistero, Sirene , Zombie e Fonte della Giovinezza oltre ad un personaggio realmente esistito con un alone di leggenda : il temuto pirata Barbanera, l'incubo dei mari del tempo.








SIRENE

Le Sirene sono un'altra personificazione dei pericoli del mare, demoni marini, metà donne e metà uccelli; il loro padre era il dio-fiume Acheloo e la madre la musa Melpomene, oppure la musa Tersicore. Sono menzionate per la prima volta nell'Odissea, dove sono in numero di due; tradizioni posteriori ne nominano quattro, oppure, più spesso, tre, chiamate, nell'accezione più comune, Ligia Leucosia e Partenope, dalla quale il nome antico di Napoli. Nella tradizione sono musiciste squisite e, secondo Apollodoro, una suonava la lira, un'altra cantava, la terza teneva il flauto.
Secondo la leggenda l'isola delle Sirene era posta lungo la costa dell'Italia meridionale, al largo della penisola di Sorrento; con il fascino della loro musica esse attiravano i marinai che passavano nelle vicinanze; le navi si avvicinavano allora pericolosamente alla costa rocciosa e si fracassavano; e le Sirene divoravano gli imprudenti.

Ulisse e il canto delle Sirene
Mosaico (particolare) proveniente da Dougga, III sec., conservato presso il Museo del Bardo di Tunisi, tra i più prestigiosi musei archeologici al mondo e certo quello che ospita la più ricca collezione di mosaici romani. Rappresenta Ulisse sulla sua nave, legato all'albero maestro per non soccombere al canto delle Sirene, qui raffigurate come donne con zampe e ali di uccello.


Secondo la leggenda gli Argonauti passarono loro vicino, ma Orfeo cantò tanto melodiosamente, che i marinai della nave "Argo" non ebbero voglia di ascoltarle. Solo Bute si lanciò in mare, ma fu salvato da Afrodite.

Anche Ulisse solcò quelle acque ma, preavvertito da Circe, ordinò ai suoi uomini di tapparsi le orecchie con la cera; lui stesso si fece legare a un albero della nave, vietando ai compagni di slegarlo, qualunque supplica avesse loro rivolto. La storia racconta che le Sirene, indispettite dal proprio insuccesso, si buttarono in mare e affogarono.
Circa la loro origine e le loro ibride sembianze, le versioni sono diverse. Ovidio sostiene che un tempo esse erano donne comuni, ma chiesero agli dei il beneficio delle ali, per cercare sui mari una loro compagna rapita da Plutone. Secondo altri, erano state trasformate da Demetra, quale punizione per non essersi opposte al rapimento di sua figlia. Oppure che Afrodite le aveva private della bellezza, perché disdegnavano i piaceri d'amore.
Nelle leggende successive furono considerate divinità dell'aldilà e per questo motivo sono spesso raffigurate sui sarcofagi.



Zombie


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

bussola Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Zombie (disambigua).


Uno zombie in una piantagione di canna da zucchero ad Haiti



Zombie (italianizzato Zombi) è un termine di origine haitiana legato ai riti del Vudù, che è entrato nell'immaginario comune attraverso il campo cinematografico e letterario per indicare la figura di un morto vivente.



Folklore haitiano


Nelle credenze popolari di Haiti, alcuni sacerdoti detti bokor sarebbero in grado di catturare una parte dell'anima di una persona detta piccolo angelo guardiano, producendo uno stato di letargia che rende come morto un essere vivente, e che anche anni dopo la sua sepoltura, essi siano in grado di riesumare il corpo rendendolo loro schiavo. Passando sotto il naso del morto una bottiglietta contenente il suo piccolo angelo guardiano lo si potrebbe far risvegliare e controllarlo a piacimento. Secondo alcune tradizioni se lo zombie dovesse assaggiare del sale per un qualsiasi motivo, riprenderebbe coscienza e la fattura verrebbe spezzata (Peter Kolosimo nell'introduzione a Tex contro Mefisto, Sergio Bonelli editore).

A partire dagli anni ottanta del Novecento si sono intrapresi studi a carattere scientifico sull'origine e la natura delle droghe che possono portare ai sopraccitati effetti. Trattasi di mix di sostanze neurotossiche di origine animale, probabilmente dal pesce palla (tetradotossina) e da molluschi gasteropodi della famiglia dei Conidi, che indurrebbero le vittime ad uno stato catatonico confondibile con la morte.

Si narra più realisticamente di individui haitiani del ceto povero, indotti ad uno stato di morte apparente da individui senza scrupoli, frettolosamente sepolti dai familiari e presto riesumati per venir loro somministrato un blando antidoto che ripristinerebbe le funzioni vitali senza però restituire la volontà. Le vittime incapaci di qualsiasi resistenza verrebbero asserviti come schiavi per le piantagioni di canna da zucchero.[senza fonte]

Le popolazioni haitiane, dunque, non temerebbero gli zombie in quanto minaccia, ma piuttosto di divenire zombie essi stessi.[senza fonte] Il regime dittatoriale della famiglia Duvalier, al potere fino agli anni ottanta, esasperava il clima di superstizione sugli zombie, conferendo ai capi della polizia segreta, i cosiddetti Tonton Macoutes, il potere di disporre delle droghe malefiche[senza fonte].

Reinterpretazione occidentale


Nella letteratura occidentale del passato, si indicavano per zombie individui privati di ogni volontà dalla dipendenza da droghe. Un ottimo riferimento filmografico è costituito da quello che viene riconosciuto come il primo film del genere [1], L'isola degli zombies (1932) con la star Bela Lugosi, dove una giovane vittima non è realmente morta. Zombie è anche una droga futuribile narrata nel racconto fantastico La porta sull'estate di Robert Heinlein, con la quale il protagonista viene totalmente asservito ai suoi falsi amici.

Il concetto di "morto vivente" pare una reinterpretazione di quello che lo zombie rappresenta nella religione vuduista ed è interessante come nel giro di una o due generazioni una parte di verità sia divenuta un mito sovrannaturale.

Contemporaneamente con la caduta della dittatura haitiana, negli anni ottanta si sia passati da superstizione a materia di studi scientifici, restituendo al pubblico la verità primeva. In un'intervista postuma su Rai 3, il regista Lucio Fulci, autore di Zombi 2, parlava di un concorso della Chiesa haitiana ad alimentare la superstizione.[senza fonte]

Nella figura dello zombie si intravede un'immagine speculare in negativo, di carattere diabolico del concetto cristiano di resurrezione finale (dei corpi integri). "Quando non ci sarà più posto all'Inferno" i corpi corrotti risorgono dandosi al cannibalismo, in letteratura sovente chiamato "eucarestia pagana", ovvero la disperata assunzione dell'anima, dell'energia vitale dalle proprie vittime.

Con La notte dei morti viventi del 1968, film cult capostipite del ciclo di George Romero, si inaugura l'immagine apocalittica di zombie quale la compagine di deceduti resuscitati e cannibali, decretando la fine di una civiltà. Tale soggetto si ispira al romanzo di Richard Matheson Io sono leggenda, dove un intero continente viene infettato da un patogeno che causa follia collettiva e violenza omicida (qui il termine zombie non era ancora usato). Un durissimo apologo satirico sociale, si evidenzia nel secondo capitolo del ciclo Zombi (1978), dove folle di zombie invadono un centro commerciale, mimando le gestualità dei vivi.

Nel libro Il serpente e l'arcobaleno di Wade Davis, da cui è stato tratto un film di Wes Craven, viene analizzata la relazione tra zombie e vudù nel caso Clairvius Narcisse.

Nel film Resident Evil, gli zombie sono persone colpite dal Virus "T", che ne provocherebbe una specie di morte parziale. Infatti, rimarrebbe attiva solo la parte del cervello che ci permette di assecondare i bisogni primari, che in questo caso è l'esigenza di mangiare.


Fonte della giovinezza


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


La fontana della giovinezza dipinta da Lucas Cranach il vecchio.



La Fonte della giovinezza è una leggendaria sorgente simbolo d'immortalità e di eterna gioventù che appare nella mitologia medievale e classica di molte culture.

Secondo la leggenda l'acqua della fonte, le cui sorgenti si troverebbero nel giardino dell'Eden, guarisce dalla malattia e ringiovanisce chi ci si bagna.

La locazione della mitica fonte è stata oggetto di discussioni sin dai tempi antichi, ma dopo la scoperta delle Americhe si è creduto che essa potesse trovarsi in Florida, terra scoperta all'inizio del XVI secolo dall'esploratore spagnolo Juan Ponce de León in occasione di una delle tante esplorazioni a nord di Cuba proprio alla ricerca della mitica fonte.

È tuttavia da chiarire, che i resoconti riportati dagli esploratori spagnoli dopo il contatto con le civiltà natie dell'America sono stati modificati nel corso del tempo e quindi la leggenda originale è stata soggetta a profondi cambiamenti.



Il racconto di Juan Ponce de León



Juan Ponce de León ritratto in un anomino dipinto del 1513.



Gli scritti stilati dall'esploratore Juan Ponce de León parlano della favolosa ricerca della fonte della giovinezza già attuata da molti uomini prima di lui.

Il primo governatore di Porto Rico sarebbe andato alla ricerca della fonte insieme ai propri cartografi nell'arcipelago dei Caraibi, poiché la credenza originale vedeva la fonte nascosta sopra un monte invalicabile situato in un'isola perduta.

Affascinato dai racconti dei nativi portoricani e aiutato da carteggi di antichi saggi, l'esploratore partì con la propria flotta alla ricerca della fonte, ma dalle esplorazioni si scopre però la Florida.

Nel libro Memoir (1575) di Hernando de Escalante Fontaneda, si dà credibilità al mito della fonte aggiungendo che León era sulla strada giusta, poiché la mitica fonte si sarebbe in realtà trovata in Florida.

Fontaneda ha vissuto per 17 anni a Puerto Rico, e verso l'età adulta il mercantile che lo trasportava naufragò vicino alla Florida, da qui inizia anche il racconto dell'italo-americano. Nel libro si parla del fiume Giordano, un corso d'acqua che attraversa la penisola paludosa e le cui acque dotate di poteri curativi e benefici venivano usate dai popoli indigeni per curare le ferite e le malattie; tuttavia Fontaneda durante l'intero racconto sottolinea il proprio scetticismo circa queste storie ma non critica la buona volontà dello spagnolo.[1]

Lo storico Antonio de Herrera y Tordesillas nel libro Historia general de los hechos de los Castellanos en las islas y tierra firme del Mar Oceano sostiene l'operato di De León narrando di indiani della Florida che regolarmente si recavano alla fonte per tornare giovani e avere figli.[2] Una testimonianza dello stesso Herrera parla di uomini anziani arrecanti i segni di una lunga vita, che per quanto malandanti tornavano giovani, forti e fertili una volta bagnatisi con l'acqua della fonte.[3]

Altre versioni della leggenda


Altre versioni della leggenda molto diverse da quelle caraibiche sono presenti nelle culture della civiltà europea e asiatica antica e medievale.

Una prima leggenda narrata da Erodoto parla di una fonte sotterranea introvabile situata in Etiopia, era infatti creduto che gli etiopi e gli abitanti dell'africa centrale in generale fossero molto longevi e con questo racconto si tentava di darne una spiegazione.[4]





Al-Khidr e Alessandro Magno mettono un pesce dentro la fonte per ridargli la vita.




Altri racconti concernenti una fonte di acqua miracolosa sono contenuti nei testi di Alessandro, e molti ricercatori di tesori sino all'età delle scoperte ne hanno letto i contenuti per trovare un'indicazione precisa.[1]

Nel racconto mediorientale e asiatico del romanzo di Alessandro si parla dell'"Acqua della vita", una mitica fontana possibile da trovare solo dopo aver superato le "Terre oscure", un mitico tratto dell'Abkhazia che si racconta essere patria di mostri e spiritelli.

Al mito della fonte della giovinezza si aggiungono altre leggende europee legate all'immortalità, come la Panacea dell'antica Grecia, la pietra filosofale di Nicolas Flamel fino all'elisir di lunga vita.

Un ulteriore racconto che si aggiunge alla lunga lista di fonti miracolose è la Piscina di Betzaeta, luogo cui si racconta nel Vangelo secondo Giovanni della guarigione operata da Gesù su un uomo colpito da paralisi.

Durante il medioevo, il Prete Gianni ha ridato notorietà alla leggenda così come altre storie mitiche circolanti intorno alla sua figura, aiutato anche dal romanzo Travels of Sir John Mandeville di John Mandeville.

Alcune storie riportate da esploratori spagnoli e portoghesi raccontano di sorgenti mitiche situate nel cuore dell'Amazzonia e dell'Etiopia di Prete Gianni; le versioni cinesi e giapponesi parlano del giardino dell'Eden nascosto nell'asia centrale.

Nella cultura popolare


  • Il film Il mistero della fonte è interamente basato su una misteriosa fonte d'acqua immersa nel bosco di una cittadina sperduta negli Stati Uniti d'America, la cui acqua se bevuta o solo toccata cura malattie e ferite semplici, ma anche gravi e mortali.
  • Il film The Fountain racconta del viaggio di un conquistador in Guatemala alla ricerca di un albero la cui linfa donerebbe la vita eterna. Nel film sono presenti riferimenti sia alla mitologia maya che alla Bibbia.
  • Il film Cocoon - L'energia dell'universo, tratto da un romanzo di David Saperstein, racconta di una piscina che rende la giovinezza a chi vi si immerga, grazie alla presenza di alcuni bozzoli lasciati dagli alieni.




Barbanera


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

bussola Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo personaggio dell'anime e manga One Piece, vedi Marshall D. Teach.

bussola Disambiguazione – Se stai cercando "l'Almanacco di Barbanera", vedi Barbanera.


Barbanera (litografia del XVIII secolo)





Edward Teach, meglio noto come Barbanera (1680 circa – 22 novembre 1718), fu un celebre pirata britannico, che ebbe il controllo del Mar dei Caraibi per un breve periodo fra il 1716 e il 1718, durante la cosiddetta età d'oro della pirateria.





La bandiera di Edward Teach.



Storia e leggenda


I dati sulla sua vita sono molto incerti e influenzati dalle leggende che furono in seguito elaborate attorno al suo nome. Nacque probabilmente nel 1680, a Bristol secondo alcune fonti, a Port Royal secondo altre. Si è discusso anche del suo cognome; sarebbe Teach secondo la maggior parte degli storici, ma vi è chi sostiene si chiamasse in altri modi, tra cui Drummond, Thatch o Tirsh. Si sarebbe sposato 14 volte; l'ultima moglie sarebbe stata appena sedicenne.

Il suo ingresso nella pirateria fu forse sulle navi corsare giamaicane che combattevano per mare contro i francesi. Nel 1716 si alleò con Benjamin Hornigold, con il quale assaltò circa 20 navi in 18 mesi. Si impossessò in particolare di un vascello proveniente dalla Guiana francese, il Concorde, per ribattezzarlo Queen Anne's Revenge. Oltre ad arrembare le navi in alto mare, Barbanera assaltò porti in diverse regioni, fra cui Turkill, Grand Cayman, Bahamas, Carolina. Nel 1718 assediò il porto di Charleston nella Carolina del Sud; in quell'occasione catturò un amministratore della città con il figlio di quattro anni e chiese come riscatto un baule di medicine.

Aveva fama di essere uno dei pirati più feroci, e alla sua immagine e alle sue imprese (reali e leggendarie) si deve in gran parte lo stereotipo del "pirata cattivo" nella cultura. I suoi modi terrorizzavano le sue vittime ma anche lo stesso equipaggio; si dice che usasse sparare con la pistola alle gambe dei suoi uomini come misura punitiva o semplicemente per mantenere la disciplina a bordo. In una occasione avrebbe fatto riempire con fuoco e zolfo la stiva della sua nave allo scopo di creare un'atmosfera infernale, e avrebbe sfidato i suoi a una gara di resistenza in mezzo al fumo (ovviamente vincendo). Si dice che bevesse rum mischiato con polvere da sparo e che la sua barba fosse così lunga che egli se la attorcigliava attorno alle orecchie; che quando andava in battaglia si mettesse dei pezzi di miccia accesi sotto il cappello in modo da essere sempre avvolto da una fitta nuvola di fumo (particolare che rendeva il suo aspetto al tempo stesso bizzarro e spaventoso). I cronisti dicono che Blackbeard "durante le azioni indossava una fascia intorno alle spalle con appese tre paia di pistole nelle loro fondine a mo di bandoliera", ma soprattutto che nascondeva degli spezzoni di miccia sotto al cappello ai quali dava fuoco al momento dell'attacco, presentandosi al nemico avvolto dal fumo, risultando un'immagine terrificante.





La cattura di Barbanera




Il 20 luglio 1718 Barbanera rifiutò l'amnistia offertagli da Woodes Rogers, Governatore di Nassau e delle Bahamas. Il governatore della Virginia Alexander Spotwood ordinò al tenente di vascello della Marina inglese Maynard di catturare Barbanera, vivo o morto. A bordo della nave da guerra Pearl, Maynard raggiunse Barbanera il 21 novembre del 1718, nell'insenatura di Ocracoke, e riuscì a ucciderlo dopo una sanguinosa battaglia. Si racconta che Barbanera non morì prima di aver subito 25 ferite, di cui 5 da arma da fuoco, e che il suo corpo fece tre volte il giro della nave prima di inabissarsi. La testa mozzata del pirata venne infissa sulla punta del bompresso della Pearl. Nella sua carriera Barbanera aveva catturato quasi 140 navi.

Nel marzo 2007 i responsabili del Queen Anne's Revenge Shipwreck Project hanno annunciato l'intenzione di recuperare la Queen Anne's Revenge entro tre anni. La nave si trova al largo delle coste della Nord Carolina ed attualmente è coperta di coralli.[1]

Barbanera nella cultura


Il personaggio Barbanera ricorre spesso nella letteratura, nel cinema e in altre forme di finzione; in genere viene rappresentato secondo lo stereotipo del pirata crudele, depositario di un misterioso tesoro, e maledetto al punto di riapparire, non di rado, come fantasma.

 

 

 

Letteratura



Cinema



Videogiochi



Altro


  • Nel miniserie della DC Comics del 1986 Watchmen, è presente un fumetto inventato dal titolo "I Racconti del Vascello Nero". In questo esiste una nave pirata proveniente dall'inferno, con una ciurma di dannati e capitanata da Edward Teach.
  • Nel manga e anime One Piece (All'arrembaggio), Barbanera, alias Marshall D. Teach è uno dei principali antagonisti della storia, ex-membro della ciurma di Edward Newgate meglio noto come Barbabianca.

Note


  1. ^ Entro 3 anni recuperata la nave di Barbanera. Il Corriere della Sera. URL consultato il 04-03-2007.

Bibliografia




sabato 7 maggio 2011

Film e mistero : THOR






Nelle sale cinematografiche la leggenda di Thor (recensione http://www.mymovies.it/film/2011/thor/Il). Giove del Nord Europa, chiamato Odino o Wotan, era una divinità che risiedeva nel Wahalla; una sorta di paradiso extratemporale dove gli eroi norreni erano portati dalle Walkire a bordo dei loro cavalli. Odino era famoso per utilizzare la sua lancia che ritornava sempre indietro dopo aver colpito gli avversari, e il dio a lui più vicino, Thor, con un casco fiammeggiante con tanto di ali, non era da meno se poteva avvalersi di un potentissimo martello che scatenava fulmini.  Possiamo interpretare tutto questo come la presenza di potentissimi eroi dello spazio, divenuti dèi, che si avvalevano di sofisticate armi? E il Wahalla potrebbe essere stato un'astronave, dove le walkirie portavano in volo i meritevoli. Quella paleoastronautica è un´interpretazione corretta oppure gli dèi adorati dagli Scandinavi sono solo la manifestazione di antichissimi credi indoeuropei di cui gli stessi norreni farebbero parte? Non sappiamo dove risiede la verità ma certo è che certe caratteristiche in un'epoca così barbara lo danno a pensare.
 


I CELTI E GLI EXTRATERRESTRI
di Giorgio Pattera

da "UFO Notiziario" Nuova Serie - N. 72 del Dicembre 2007/Gennaio 2008

"lo conosco dei racconti che sono venuti dal Cielo..." (Taliésin, bardo gallese - V° secolo)

È ormai da oltre mezzo secolo che molti ricercatori dell'ignoto orientano i loro lavori nel tentativo di demitizzare i personaggi, strani e favolosi, che affollano le leggende, le tradizioni, le mitologie ed i "pantheon" religiosi dei popoli antichi. Alcuni di questi ricercatori, che definire "coraggiosi" è quanto meno riduttivo, sono giunti all'incredibile conclusione che la grande maggioranza di queste misteriose entità superiori, più o meno divinizzate dalle credenze popolari, altro non sarebbero stati che una specie di "coloni", venuti, se cosi si può dire, da pianeti lontani a bordo di "carri di fuoco", quegli stessi che oggi chiamiamo "dischi volanti", U.F.O., o, più "prudentemente", O.V.N.I. (oggetti volanti non identificati).
Ora, le ricerche di questi "picconatori di testi sacri" sono in grado di affermare che lo studio approfondito ed asettico della Tradizione Celtica può confermare tutto ciò che i colleghi "ortodossi" hanno scoperto nelle tradizioni degli altri popoli: Sumeri, Assiri, Babilonesi, Iranici, Indù, Maya, Egizi, Greci, Ebrei.
Il tutto, però, osservato con ottica diversa o, meglio, possibilista: in antitesi, cioè, con la classificazione di "oggetti e/o manufatti non riconducibili ad un'identificazione certa" mediante l'etichetta, frettolosa e superficiale, di "oggetto rituale" o "di culto", che i canoni dell'archeologia "ufficiale" sono soliti attribuire a tutto ciò che non si riesce a spiegare.
In questo modo si giunge a precisazioni estremamente interessanti sulle conoscenze scientifiche di quei "colonizzatori venuti dal cielo" che i nostri lontani progenitori chiamavano "gli dèi"; sulla loro particolare natura, a volte simile ed a volte diversa da quella umana; ed infine, dettaglio che si rinviene esclusivamente nella tradizione celtica, sulle coordinate spaziali di provenienza di quei "visitatori" che, in un remoto passato, s'insediarono nelle regioni pre-Celtiche.
A causa della mancanza di documentazioni - i Celti avevano un proprio alfabeto, l'Ogham, ma trasmettevano il sapere agli iniziati solo oralmente - e dell'ostracismo nei confronti della cultura celtica dopo la conquista da parte delle legioni di Cesare, nessuno finora aveva pensato di chiarire il mistero degli esseri che "operavano" prima degli uomini nel nord-Europa. Ed ora ci proveremo noi.

ANCHE GLI DEI CELESTI HANNO I LORO "CARRI"
Al!'epoca dei Celti, come in tutti i tempi lontani, i comuni mortali usavano il cavallo per gli spostamenti. I più fortunati (pochi, in verità) possedevano anche un carro, cui attaccavano un cavallo o (i personaggi importanti) eccezionalmente due.
Ma i "carri" di coloro che venivano chiamati "gli dèi accorsi dal cielo" erano molto diversi dal tipo classico; sentiamo come li descrive Arbois de Jubainville nel trattato "Druides et Dieux en forme d'animaux": "...La dea Badb si muoveva con un carro al quale era attaccato un solo cavallo rosso. Questo cavallo aveva una sola zampa; il timone del carro gli passava attraverso il corpo e la sua punta usciva dalla fronte del cavallo stesso, che ne faceva al contempo da sostegno. Alla fine del carro c'era un mantello rosso, che ricadeva al suolo e spazzava il terreno...".
Certo che avere una zampa sola dev'essere ben "fastidioso" per un animale che deve galoppare!
Soltanto per stare in piedi, il "cavallo ad una gamba" è obbligato, per sostenersi, ad appoggiarsi al carro e visto che il timone gli attraversa il corpo, sarebbe più semplice dire che questo singolare "equino" faceva tutt'uno col veicolo.

A questo punto, tralasciando le allegorie mitologiche che circondano la presunta "divinità", derivate dal substrato culturale delle popolazioni cui si manifestavano quelle strane apparizioni, non è contraddittorio azzardare l'ipotesi che il "carro" con cui si spostava la dea Badb non fosse altro che un "velivolo", in cui il "cavallo" ad una zampa corrisponde allo scafo dotato di puntello (come descritto in alcuni OVNI) ed il "timone" ad un alettone direzionale o ad un albero d'elica.
Curiosamente simile è la ricostruzione effettuata da Joseph Blumrich, ingegnere NASA, circa il "carro di fuoco" descritto dal Profeta Ezechiele nell'Antico Testamento, (Ezechiele 1, vers.1-2Cool.
Quanto al "mantello rosso" trascinato posteriormente, è fin troppo facile individuare in esso il bagliore infuocato emesso dal sistema di propulsione.

Se ciò fosse vero, si comprenderebbe il motivo per cui i "carri degli dèi" raggiungessero velocità vertiginose, con le quali "...nessun altro carro poteva rivaleggiare..."

"Improvvisamente - prosegue l'autore irlandese nella sua ricostruzione - il carro (letteralmente) "s'involò a velocità prodigiosa, in quanto la dea si era mutata in un grande uccello nero".
Da quel momento in poi, i Bardi irlandesi, allorché dovranno descrivere quegli "oggetti volanti" mai visti prima, li chiameranno uccelli neri".

 
In un altro lavoro del predetto autore, la stessa dea Badb, al momento di "involarsi", viene accompagnata da un'espressione pittoresca: "...sparì in una Gloria...".
Questo termine inconsueto, "Gloria" (si ritrova anche nella dizione "un cielo di gloria"), si traduceva nei tempi antichi come '"un irraggiamento di porpora e d'oro", descrizione molto simile a quella usata da Ezechiele nel momento di avvistare ciò che riteneva, appunto, "la Gloria del Signore"; ed anche, facendo un parallelo con i giorni nostri, ai resoconti dei testimoni di fenomeni UFO, che confermano il comparire e lo scomparire dei misteriosi oggetti come "avvolti da un alone luminoso, cangiante dal rosso fuoco (porpora) al giallo-aranciato (oro)".

Ma oltre che in cielo, anche in mare gli "dèi celtici" detenevano un dominio incontrastato; anzi, addirittura sotto il mare: sembra infatti che per gli spostamenti nell'ambiente liquido utilizzassero "...vascelli d'argento che navigavano sotto le acque..."
Questo ci riporta alla mente l'incredibile viaggio del Profeta Giona nel ventre di quell'animale marino che egli necessariamente identificò in una balena; una balena davvero strana, tuttavia, in quanto provvista di "occhi sui fianchi" (oblò?).
E come non ricordare il Tripura vimana, che ritroviamo nel "Vymaanika Shaastra", descrivente un veicolo aereo indù risalente a circa 4.000 anni fa?

LE ARMI DEGLI DEI
"...I loro compagni erano spariti, senza lasciare traccia..." (da Manawyddan)

Da "Dieux et héros des Celtes", di M.L.Sjoestedt, attingiamo: ..."Il vestiario da guerra" degli dèi celtici era alquanto diverso da quello dei comuni guerrieri. Una delle divinità-guerriere più temibili era Balor: si trattava di un "ciclope". Il suo unico "occhio", tuttavia, possedeva una straordinaria peculiarità: quando si apriva (a riposo era protetto da una pesante "palpebra"), "...il suo sguardo abbracciava l'insieme delle .forze avversarie, che cadevano. folgorate dal lampo che ne scaturiva..."

Traslazioni mitologiche a parte, siamo convinti che Balor, in realtà, calzava un casco particolare, provvisto d'apposita schermatura che gli consentiva di vedere attraverso, tanto da farlo sembrare privo degli occhi; casco sormontato da un'apertura, regolata da un otturatore (palpebra), che, aprendosi, lasciava partire una radiazione micidiale (lampo), probabilmente un raggio laser, azionato da chi indossava quell'elmo inusitato. Tutto questo può far pensare ad una produzione fantascientifica "ante litteram", se non fosse che, ai giorni nostri, le truppe speciali di sicurezza di molti Paesi sono dotate, per l'appunto, di casco sormontato da puntatore laser, di cui basterebbe variare la frequenza per trasformarlo in arma letale.
Di questo particolarissimo copricapo non abbiamo il nome, mentre conosciamo la denominazione di un'altra terribile arma: Gaebolg, ovvero "la lancia magica". Perché magica? Perché, a quei tempi, una lancia (perlomeno creduta tale) che "si allungava a volontà e non mancava mai l'avversario" non poteva che guadagnarsi tale appellativo, da parte dei "comuni" guerrieri che, pur valorosi e possenti, erano abituati a brandire lance "comuni", costituite cioè di robusto legno e di una punta di temprato metallo.

Anche in questo caso, dunque, siamo in presenza di un'arma non convenzionale: probabilmente si trattava di un "tubo" (di materiale ignoto) dalla cui estremità scaturiva, ancora una volta, un raggio laser, in grado di colpire il nemico, anche in movimento, a qualunque distanza. Arma talmente pericolosa che, a riposo, "era necessario mantenerne l'estremità immersa in un paiolo pieno d'acqua".
Quest'ultimo dettaglio conferma l'esattezza dell'intuizione di non poter circoscrivere tutte queste narrazioni nell'ambito dell'inflazionata "mitologia", poiché anche la tecnologia moderna adotta per certi generatori Laser un'analoga precauzione, differente solo per il liquido utilizzato.
Recita infatti Raymond Channel nel trattato "Le laser et ses applications"; "...È sconsigliato, quando non si desideri utilizzare la potenza del fascio, lasciare permanentemente in funzione l'apparecchiatura laser, perché in tal modo la temperatura del cristallo s'innalza pericolosamente...".
Oggi il raffreddamento si ottiene con l'aria liquida, che viene conservata in un apposito contenitore a doppia parete, argentato all'interno, chiamato "vaso di Arsonval": che fosse qualcosa di simile, il "paiolo" di celtica memoria?

Concludiamo questo "arsenale" con quella che, in un passato non troppo lontano, è stata realizzata dalla moderna tecnologia bellica, la cosiddetta "arma finale" o "arma totale": quella nucleare.
Dal "Manawyddan" estrapoliamo: "...Quella sera, mentre ci trovavamo a Gorsedd Arberth, scosse l'aria un gran colpo di tuono, seguito da una nuvola cosi spessa che non si poteva vedere oltre. Quando la nube si dissipò e tutt'intorno si schiarì, gettammo lo sguardo sulla campagna che avevamo attraversato prima: bestiame, dimore, persone, tutto scomparso. Anche i nostri compagni erano spariti, senza lasciare traccia..."

Che dire? Non sembra di riascoltare, purtroppo, la descrizione delle distruzioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki?
Fu l'identica sorte toccata a Mohenjo-Daro apparentemente bombardata dai "vimana" (i celesti" carri divini" dell'India protostorica), magistralmente descritta da David Davemport, nel suo ormai introvabile capolavoro "2000 a.C. distruzione atomica"?

DA DOVE GLI DEI?
Abbiamo citato all'inizio un passo di Taliésin, bardo gallese del V° secolo. Bardo (poeta), sì, ma anche druido (iniziato), lo afferma lui stesso. E, probabilmente, anche qualcosa di più: un mutante, frutto quindi d'incrocio fra una donna ed un'entità superiore sovrumana e pseudo-divina, d'origine extraterrestre.
Un po' quello che si legge nel capitolo VI della Genesi, quando si parla dell'unione dei Nefilim, i "caduti dal cielo", con le "figlie degli uomini".
Taliésin, quando parla dei "colonizzatori", li chiama "Tuatha di Danann": "tuatha", in Gaelico, significa ''tribù'' e ''Danann'' "del dio di Dana". In Bretone popolare, Dana diventa "Dan" e, in Gallese, Don. E qui interviene uno dei più noti studiosi della cultura celtica, J.Markhale, che, nel suo libro "Les Grantls Bardes gallois" ci svela. l'enigma: " Llys Don significa 'la corte di Don', che serve a designare la costellazione di Cassiopea".
Ecco individuata, quindi, la provenienza dei "colonizzatori": la costellazione ("Corte" = insieme di stelle) del dio di Dana, di cui ovviamente, come sottintende la denominazione stessa, Dana è il pianeta maggiore.
Se in una notte limpida contempliamo la volta celeste e puntiamo la stella polare, un po' più a destra (si fa per dire...) compare una "macchia bianca": è Cassiopea, alias "la Corte di Dana", come la chiamavano gli antichi Celti, dal cui pianeta principale (Dana, per l'appunto) i nostri extraterrestri verosimilmente partirono in un remoto passato, in direzione nord-Europa.
Taliésin, infatti, prosegue: "...Dana ha riunito i suoi figli e ha detto loro di scendere sulla Terra, dove regna il disordine...".
Se era necessario che "i figli di Dana" scendessero sulla Terra per ristabilire l'ordine, è evidente che questi abitavano un altro pianeta ed il fatto che si parli di un sito geografico come di una persona, è consuetudine acquisita da tempo: oggi non si dice, infatti, "La Terra ha inviato i suoi figli alla conquista dello spazio", "L'Europa si scontra con altre civiltà", ecc.?

Va ricordato, inoltre, che il termine ''Dana'' nella tradizione celtico-irlandese significa "la madre degli dèi" ed è presente anche nella forma "Ana".
Quest'ultima dizione viene ricollegata dai proto-linguisti ad "An" o "Anu", che nella simbologia sumerico-accadica sta ad indicare "l'alto", "il cielo" e nell'alfabeto cuneiforme è scritto con lo stesso ideogramma della parola "dio" (DIN.GIR). Quindi, letteralmente, "il dio che sta in alto, nel cielo", la stessa denominazione che usa il "Pater noster" della religione cristiana. Il che sta a confermare, se mai ce ne fosse bisogno, che il detto "tutto il mondo è paese" è vecchio quanto l'Uomo...

CONCLUSIONI
La tradizione celtica localizza il punto d'approdo degli extraterrestri nel Nord-ord-Ovest dell'Europa e riporta le date del loro arrivo, coincidenti quasi sempre, secondo il calendario celtico, con le ricorrenze di Beldan (1° maggio) e di Saman (1° novembre). Perché?
Non crediamo che a quei tempi esistessero già le agenzie di viaggio, che offrivano i pacchetti "low cost" fuori stagione... La spiegazione, forse, è un'altra ed in questo la Geofisica può esserci di supporto.
Il nostro pianeta è circondato da una specie di schermo, chiamato Fascia di Van Allen, che lo protegge dall'eccessivo bombardamento da parte delle particelle cosmiche, molto dannose perché ionizzanti, e delle radiazioni ultraviolette, micidiali per i microrganismi: senza la Fascia di Van Allen, la vita sulla terra non sarebbe possibile.
Potrebbe darsi che questa cintura, in qualche modo, arrecasse "disturbo" (per le radio-comunicazioni?) alle cosmonavi aliene. Tuttavia esistono tre "corridoi", in corrispondenza dei quali la fascia sembra attenuare la propria attività: questi si trovano sulla perpendicolare del Polo Sud, al disopra dell'Africa e, giustappunto, sulla perpendicolare del Polo Nord.
Ma perché proprio il 1° maggio ed il 1° novembre? Potremmo ipotizzare che, per leggi di natura ancora sconosciute (forse legate all'inclinazione dell'asse terrestre?), nei due periodi indicati l'attività della suddetta fascia si riduca ulteriormente, favorendo in tal modo l'ingresso delle navi spaziali nella nostra atmosfera.

In conclusione, la tradizione celtica rafforza la convinzione che, similmente all'India, al vicino ed estremo Oriente, al bacino del Mediterraneo e all'America precolombiana, anche l'estremo nord dell'Europa abbia conosciuto in epoche remote la visita di entità aliene, a dimostrazione che l'intero nostro pianeta è stato (e continua ad essere) oggetto d'attenzione, a ripetute ondate, da parte dei "Signori del Cielo".
Applicando un'interpretazione della tramandazione gaelico-britannica scevra da preconcetti e luoghi comuni, abbiamo potuto conoscere i loro mezzi di locomozione, le loro armi, le loro tecniche medico-chirurgiche e fito-farmacologiche, convincendoci sempre più che, migliaia d'anni or sono, essi erano detentori d'una scienza pari (per alcuni aspetti) o addirittura superiore (per altri) a quella terrestre del XX e, perché no, anche del XXI secolo.

Tutte e solo fantasie? Può darsi, ma agli ultra-scettici, ai super-positivisti ed ai maxi-nichilisti che affollano da sempre l'umano consesso vogliamo ricordare, a conclusione di questa ricerca, che Karla Tumer, nel libro "Rapite dagli UFO", al paragrafo "Retroterra personali", evidenzia: "...Tutte le otto donne (protagoniste di IR4; N.d.R.) hanno dimostrato di possedere facoltà parapsicologiche superiori alla media. I dati sull'origine etnica tendono a dimostrare che la discendenza celtica e dai nativi americani, rispetto ad altri specifici gruppi etnici, è prevalente nei resoconti di IR4 avvenuti in America..."

Il che starebbe a dimostrare che quei "Signori del Cielo", oltre che in tecnologia, erano superiori anche sotto l'aspetto delle promesse: avevano preannunciato "un giorno ritorneremo" e sembra proprio che, quella promessa, la vogliano mantenere...

(richard)
domenica 21 dicembre 2008 18.06
Questa ricca ed esaustiva documentazione sul popolo dei Celti e degli
extraterrestri non è altro che la riprova che il nostro pianeta
fin dai tempi piu' lontani è sempre stato oggetto di visite cicliche
e monitoraggi da parte dei nostri fratelli delle stelle i quali naturalmente dai nativi di allora non potevano non essere riconosciuti se non come delle divinita' visto l'immenso divario tecnologico esistente allora.

ufostar
domenica 21 dicembre 2008 21.14
si ma ormai e chiaro che e da tanto che gli extraterrestri ci visitano anche se cercano di tenerci tutto nascosto...cavolo quanto c era da leggere

Lachaise-L-N-
domenica 28 dicembre 2008 22.12
Ancora ufo nel passato
un video mostra varie testimonianze riguardanti la presenza di ufo e alieni nel nostro remoto passato.
www.youtube.com/watch?v=N7iy2_SO3fo


Lachaise-L-N-
mercoledì 31 dicembre 2008 11.35

Sulle tracce degli eroi
Dal profondo nord, miti ancestrali e uomini straordinari costituiscono
l´essenza di un mondo genuino e pagano dove la fantasia si mescola alla realtà, dove la magia fa da padrona e gli dei vivono tra gli uomini.
Dove il mistero regna sovrano...


(Statuette della Prussia del 2000 a.C.,
secondo alcuni i personaggi raffigurati
sarebbero antichi astronauti)

EXTRATERRESTRI NELLE SAGHE TIROLESI


Mondo fantastico e genuino quello del Nord Europa, raccontato dalle saghe che numerose caratterizzavano questi territori. Non possiamo non riconoscerne l´originalità e la bellezza; un tipo di letteratura intessuta con lo spirito dei racconti e delle tradizioni più sacre di questi popoli. Spunto prima di quel movimento romantico del XIX sec. e poi di quella letteratura e cinematografia fantasy tanto cara agli appassionati di tempi mitici e di magia. È il mondo germanico che in primis ha queste caratteristiche appena elencate. Gnomi, elfi, fate, draghi, anelli fatati, castelli incantati, principi e principesse, regni perduti, spade magiche, guerrieri dalla forza sovraumana, troll, streghe e stregoni costituiscono il patrimonio più antico di queste terre. Basterà sfogliare qualsiasi manuale di Filologia Germanica e Scandinava per rendersi conto di come questi popoli si riconoscano in elementi folklorici precisi, in una nota tipicamente nordica. Il Tirolo, la nota zona comprendente parte dell´Austria meridionale (nord Tirol) e parte dell´Italia settentrionale (Alto Adige o sud Tirol), è inserita al pieno nella tradizione folk lorica tedesca e quindi in un certo senso il tipo di letteratura, i canti, i balli e il folklore sono gli stessi di quelli della Germania nonché della vicina Svizzera tedesca.
Cosa può avere di misterioso lo studio della demologia e della letteratura locale, vecchia almeno di qualche secolo, tale da incuriosire noi cacciatori del mistero? Secondo gli studiosi, la mitologia e il folklore di un certo periodo storico sono preziose perle che racchiudono dei precisi segnali, forse provenienti da altri mondi. Il folklore di questa piccola zona di mondo non fa eccezione e dietro alle leggende tipiche che vede protagonisti taglialegna, fate, streghe, elfi e quanto altro ci potrebbero essere troviamo indizi che suggeriscono un'interpretazione "spaziale". Le saghe del XIX sec. raccontano del ritrovamento, in uno dei numerosi boschi del Tirolo, di misteriosi cerchi attribuiti alle fate. Parliamo dei famosi fairy circels che, si dice, siano eseguiti da misteriosi esseri allo spuntare della luna piena. Le già citate fate, le streghe e gli orchi sarebbero i responsabili di questi cerchi reputati da alcuni magici. In molti sono convinti che questi esseri siano extraterrestri giunti in qualche modo sulla Terra in un preciso momento oppure entità spaziali residenti da millenni su queste terre e entrati a far parte del folklore per la loro capacità di aiutare o danneggiare uomini. Protagonisti quindi non soltanto del folklore tirolese ma anche delle favole delle numerose vallate e provincie della vicina Svizzera e Germania nonché degli stessi paesi di lingua scandinava e celtico-anglosassone. Potremmo stabilire un parallelismo anche con le famose ninfe mediterranee anch'esse residenti nei boschi o presso le fonti, aiutando, anche loro, gli umani come nel caso di Numa Pompilio. Orchi, streghe, fate e ninfe potrebbero essere stati esseri di altri pianeti giunti sul nostro in seguito a uno sbarco di fortuna?

Tornando alle nostre saghe tirolesi è possibile tuttavia riconoscere, secondo alcuni ufologi, dietro ai nomi di orchi, fate e streghe in realtà astronavi avanzate che si presero la briga di creare questi cerchi misteriosi: qualche analogia con i cerchi nel grano? Sicuro, e diverse cronache di viandanti notturni asseriscono di aver notato fuochi misteriosi proprio nelle vicinanze di questi cerchi, scoperti l´indomani al manifestarsi di questi fenomeni. Nella Valle dell´Inn, dove i racconti di misteriosi cerchi abbondano, si narra dell´Alber come di una scopa volante responsabile della creazione di questi cerchi. Sarebbe opera di streghe o di altri esseri misteriosi, che non è escluso che possano essere stati i diretti responsabili della creazione dei cerchi, se un racconto della valle del ´Inn non ci riportasse di un rapimento di un sarto da parte dell´Alber. Questo Alber potrebbe essere identificato come un'astronave responsabile della scomparsa dello sfortunato uomo? Potremmo anche pensare a un ufo sigariforme visto che l´Alber è descritto proprio come una scopa volante o fiammeggiante. La figura dell´orco responsabile della sparizione di bambini e di uomini potrebbe essere interpretata come un'astronave che nel Tirolo del XIX sec. o anche del XV o XVI sec. effettuava abductions; infatti, alcuni viaggiatori ma anche falegnami e taglialegna delle stesse epoche citate asseriscono, durante visioni di questi presunti esseri, che l´orco aveva capacita di tramutarsi in sfera.
Al di là della possibile lettura di un orco come di un´astronave potremmo benissimo pensare agli orchi come dei veri e proprio esseri maligni giunti dallo spazio e rifugiatisi nel Tirolo divenendo esseri spietati, viste le privazioni che potrebbero aver subito una volta giunti su questo pianeta. I racconti delle nonne delle provincie tirolesi poi parlano di misteriosi nani grigi, classificati da alcuni come spiriti alpestri, che si manifestano all´improvviso nelle case dei contadini e dei taglialegna. Si racconta che avessero la capacità di congelare le persone, di sparire nel nulla etc. Molti identificano i nani grigi negli alieni alfa, ovvero nei noti "grigi", i quali sono stati descritti in possesso di capacità misteriose come quello di creare dei veri e propri bagliori di fuoco o sfere di luce dal nulla.

Le manifestazioni di esseri ignoti nelle case degli uomini non solo hanno un forte parallelismo con altri racconti dello stesso tipo, comuni nell´Europa rurale dei primi secoli del Cristianesimo, di quella medioevale e moderna, ma anche con i numerosi casi di manifestazioni di demoni tipici del mondo mediterraneo ed islamico. Molti sono arrivati alla conclusione che questi esseri siano in realtà creature aliene che da secoli si divertono con l´uomo sia mediante le apparizioni mariane, di Gesù o dei santi, di angeli e sfere luminose (tipiche apparizioni del mondo cristiano mediterraneo) sia chiedendo loro rapporti di natura erotica, penetrando di notte nelle case di campagna o di provincia.

Numerose leggende delle Alpi Orientali raccontano poi di draghi e di basilischi come creature abitanti nelle foreste e il più delle volte affrontati e sconfitti da eroi aventi anche loro caratteristiche soprannaturali. L´arte tirolese del XIV sec. ritrae spesso questi eroi in procinto di battersi con i draghi, abilmente santificati visto l´opera compiuta. Vi è così il mito di San Giorgio che sconfigge il drago, di San Michele o di altri santi che si incaricarono di eliminare il male in quella zona; il drago è visto come il diavolo e l´eroe, come il santo, incarnazione di Dio, che domina il male e lo abbatte: una vera e propria opera di santificazione della leggenda in puro stile medioevale visto che tutto ciò che recava danno in quell´epoca era attribuito al maligno. Non ci limitiamo soltanto ai draghi; si racconta infatti dei bis serpenti alati, dotati di veleno, e degli aspi, esseri a metà tra le salamandre e i pipistrelli, che erano soliti infestare la zona di Trento durante il Medioevo. Questa è una zona geo-culturale non troppo lontana dal Tirolo.

Ma chi erano questi esseri? Forse l'averli concepiti era solo un modo per spiegare certi fenomeni naturali oppure si trattava di qualche tipologia d´animale chissà come sopravvissuta ai secoli e ancora residente in quelle zone. Viene da pensare tuttavia a qualche razza aliena chissà come capitata nelle Alpi. Del resto, la Val Camonica, non poi così distante, ci proietta verso un passato dove misteriose genti del cosmo erano protagoniste della vita di quei tempi.

Un più interessante caso è quello riferito a un misterioso uomo selvatico che si dice vivesse nelle foreste di queste zone come un animale coperto di peli e con una lunga barba. Molti sono convinti che si tratti di antichi individui montanari vissuti in solitudine per secoli tali da rimanere a uno stato paleolitico; c´è chi invece crede che si trattasse di un presunto naufrago spaziale capitato per caso nel Tirolo e chi ancora un´incarnazione di un presunto spirito rappresentante i pericoli della foresta, che numerosi cavalieri, come il celebre Ivano, avrebbero dovuto affrontare passando per le foreste del nord. Nel racconto, il cavaliere affronta un determinato percorso simbolico che lo porta alla maturazione e l´uomo selvatico, che rappresenta la sua voce interiore, gli appare e lo consiglia sul da farsi.

Chi erano questi uomini? Spiriti, saggi della foresta oppure alieni dall´aspetto umano e conoscitori del nostro mondo, tali da mettere in guardia i giovani sventurati? Forse non lo sapremo mai e come nel miglior stile del folklore nordico anche in queste zone si narra di giganti buoni che vissero sulla Terra al riparo da occhi indiscreti. Le tradizioni del Tirolo e delle Carinzia, nonché delle Alpi Orientali, sono ricche di racconti concernenti questi uomini colossali residenti nei luoghi più profondi delle foreste. Questi non erano tuttavia cattivi tanto che si racconta del loro aiuto nel costruire numerose chiese ed abbazie. Se ne parlava nei boschi di San Candido, dove un gigante di nome Aunoldo vi avrebbe trovato asilo e avrebbe poi aiutato i monaci locali a innalzare proprio un´abbazia. Alla sua morte, alcune spoglie furono riposte nella Chiesa tanto che oggi si può ancora ammirare un femore custodito.

Che dire poi di presunte battaglie di giganti combattute al Nord? Si narra infatti di Aimone, un gigante che abitava la valle del Reno, che si scontrò con Tirso un suo simile, abitante la valle dell´Inn (dove sono apparsi numerosi ufo conosciuti come Alber) uccidendolo. L´assassinio non andò giù al popolo locale che gli chiese di riparare uccidendo un mostro, e con abilità e coraggio il gigante ebbe anche la meglio su di lui. Il racconto termina poi con il gigante che aiuta i monaci a costruire l´abbazia di Wilten, risalente al XVII sec., tempo in cui la saga avrebbe preso piede, e l´aiuto fu tanto apprezzato che i monaci dedicarono due incisioni ai memoriali giganti che lottarono tra di loro. Giganti nel Tirolo e nelle Alpi Orientali? Le cronache sembrano fedeli, sta a noi crederci o meno.

Extraterrestri, giganti e altri esseri fantastici nel Tirolo, divenuti con il tempo protagonisti di fiabe, ballate e racconti? Gli indizi forniti ce lo farebbero sospettare tranquillamente anche se la verità difficilmente viene a galla.

UOMINI STRAORDINARI NELLE SAGHE DEL NORD

Nella ricerca di altri segnali spaziali del Nord Europa spostiamoci dal Tirolo verso la Germania dove vi è un panorama folklorico tipicamente rurale e provinciale, non molto diverso dal paese appena descritto. Tutti gli esseri citati con numerose varianti sono protagonisti dei racconti tedeschi.
Ancora più che nel Tirolo i popoli germanici hanno sviluppato un tipo di civiltà che concerneva divinità antropomorfe in possesso di poteri straordinari. Le loro caratteristiche anatomiche hanno forti parallelismi con divinità chiare dei racconti di tutto il mondo, il che ha fatto pensare, visto il costante riferimento ai presunti Pleiadiani, a una possibile origine aliena degli dèi del pantheon tedesco.

Sebbene questo mito di un'origine della razza germanica da presunti extraterrestri biondi abbia alimentato in passato teorie politiche non belle, certe caratteristiche di questi dèi così simili a quelli dei presunti Pleiadiani hanno fatto sì che si pensasse a una loro origine extraterrestre. Nella ricerca di altri reperti archeologici che potrebbero confermare la presenza di esseri di altri mondi ci giungono curiose statuette, come possiamo vedere in alto, del 2000 a.C., ritrovate in Prussia. Secondo numerosi studiosi i cappucci indossati da queste figure sarebbero stilizzazioni di antichi caschi spaziali: antichi astronauti quindi anche in Prussia?

Un più interessante quadro sugli ufo e gli occupanti di questi ci giunge dalla Germania del XVI, del XVII e del XVIII secolo. Lì si raccontava dell´apparizione nei cieli del "cacciatore selvaggio", da alcuni identificati come Odino/Wotan, responsabile del rapimento di numerose persone. Se guardiamo le immagini ricorrenti nei libri di questo periodo si scorgono alcune rappresentazioni curiose, e troviamo il "cacciatore" ritratto come un uomo scuro a bordo di un cavallo. Anche in questo caso è possibile pensare che il cacciatore selvaggio sia solo un nome per chiamare gli ufo, che nella Germania rinascimentale e dei regimi assolutistici rapivano gli uomini. Questo cacciatore selvaggio sarebbe stato visto anche su numerose città austriache dello stesso periodo o di periodi cronologici anteriori, come nel Trecento o nel Quattrocento, sia in tempi molto più vicini a noi, come nel XX sec.

Ufo nei cieli delle città tedesche ed austriache dal profondo medioevo fino alle soglie del XX sec. che si dilettavano a rapire gli umani? Potrebbe anche essere, e non escludiamo che questi ufo potrebbero essere anche i responsabili delle apparizioni mariane, che anche nei paesi di lingua tedesca abbondano.

Il dott. Malanga nel suo studio sugli ufo dichiara che dietro alle apparizioni mariane o comunque religiose ci sarebbero degli alieni cavalletta e altre tipologie di razze aliene. I primi, secondo Malanga, farebbero ciò per nutrirsi e preservare così la loro specie essendo quello l´unico mezzo di sopravvivenza; utilizzando le teorie di Malanga potremmo spiegare non solo tutti fenomeni religiosi misteriosi quali apparizioni della Vergine, di santi, di Gesù, di ostie semivomenti o sgorganti sangue, di luci divine nei paesi di lingua tedesca, ma lo potremmo fare anche per quei paesi che vantano una lunga tradizione di fenomeni di questo tipo: Italia meridionale, Spagna e Portogallo, ad esempio. Immaginiamoci pertanto un periodo storico che va dai primi secoli dell´era Cristiana, passando per il Medioevo, l´età moderna, le fasi storiche prima dell´avvento del´età contemporanea, tutto l'Ottocento e il primo Novecento, e immaginiamo un'Europa rurale e urbana costituita da centinaia di chiese, di cattedrali, di parrocchie, di comunità sacerdotali rurali e urbane: in questo contesto, alieni cavalletta a caccia di sensazioni di cui sfamarsi giunsero presso i luoghi sacri e con abilità diedero vita a questi trucchi per ingannare il popolo. Nelle chiese di campagna di tutt´Europa, specialmente di quella centrale e meridionale, questi fenomeni risultano essere spesso i più interessanti e non escludiamo che qualche cosa del genere possa essere accaduta anche durante le numerose processioni religiose che da secoli caratterizzano l´antropologia religiosa di molti paesi, specialmente mediterranei.

Un caso che si avvicina molto a quanto detto potrebbe essere quello accaduto alla badessa Ildegarade di Bingen nel 1141. La donna dichiarò che mentre si trovava nella sua stanza una sfera di luce apparve sopra di lei invadendole lo spirito e la mente. Negli intrigati giochi artistici delle chiese europee si scorgono rappresentazioni artistiche di questi fenomeni: siamo sicuri che non ci sia lo zampino di esseri alieni? Che dire poi di tutti quei protagonisti quali santi, mistici, parroci, fedeli che asseriscono di esseri trovati di fronte a manifestazioni del sacro a dir poco soprannaturali?

Lasciando la Germania ci rechiamo nell´estremo nord Europa, dove vi è una continuità culturale in quanto qui troviamo la stessa cultura, lo stesso folklore e anche le stesse ipotesi per quanto riguarda i fenomeni del misticismo religioso; ne approfitteremo tuttavia per parlare degli dei del pantheon dei popoli scandinavi, così simili a quelli tedeschi e con caratteristiche che ancora una volta ci permettono di associarli ad esseri di altri mondi.

Il Giove del Nord Europa, chiamato Odino o Wotan, era una divinità che risiedeva nel Wahalla; una sorta di paradiso extratemporale dove gli eroi norreni erano portati dalle Walkire a bordo dei loro cavalli. Odino era famoso per utilizzare la sua lancia che ritornava sempre indietro dopo aver colpito gli avversari, e il dio a lui più vicino, Thor, con un casco fiammeggiante con tanto di ali, non era da meno se poteva avvalersi di un potentissimo martello che scatenava fulmini.
Possiamo interpretare tutto questo come la presenza di potentissimi eroi dello spazio, divenuti dèi, che si avvalevano di sofisticate armi? E il Wahalla potrebbe essere stato un'astronave, dove le walkirie portavano in volo i meritevoli. Quella paleoastronautica è un´interpretazione corretta oppure gli dèi adorati dagli Scandinavi sono solo la manifestazione di antichissimi credi indoeuropei di cui gli stessi norreni farebbero parte? Non sappiamo dove risiede la verità ma certo è che certe caratteristiche in un'epoca così barbara lo danno a pensare.

Dalla Finlandia ci giunge il mito del fanciullo divino Kullervo, la cui saga fa tanto sospettare un abbandono sulle Terra da parte di genitori-viaggiatori dello spazio capitati per caso nella nostra galassia. Ecco cosa ci dice il mito:

"I nemici cercarono di annientare Kullervo con tre mezzi che sembrano simboleggiare le forze della natura: acqua, fuoco e aria. Infatti lo misero in una botte e lo gettarono in mare, ma il fanciullo, dopo tre notti, si adeguò all´elemento liquido, tanto che lo si trovava seduto in mezzo ai flutti, che impugnava uno strano arnese "dal manico di rame, che regge un filo di seta" con il quale misurava l´acqua ("Una sonda? Un´arma? Un ignoto mezzo di sopravvivenza?" Si chiede Kolosimo). Viene buttato allora nel fuoco: di lì a tre gironi lo si vede illeso, intento ad ammucchiare i carboni con un altro strumento fabbricato dal nulla. In seguito è impiccato, ma ancora non muore: eccolo subito dopo occupato ad incidere sulla corteccia di un albero strane figure, con qualcosa che pare un punteruolo" (Un messaggio spaziale? Si chiede ancora Kolosimo).

Una famiglia spaziale giunta chissà come nell´orbita della nostra Terra abbandona per caso il proprio figlio nella Finlandia antica e questo, guardato con sospetto e aggredito dai nativi, ricorre alle sue capacità aliene per imporsi? Sembra proprio di sì, e il ricordo di quell´avvenimento divenne mito, prendendo il nome di Kalevala, il poema epico finnico che contiene centinaia di racconti del genere.

Finiscono per il momento le incursioni spaziali nel mondo del Nord anche se non sarebbe male dare un´occhiata alle isole Britanniche, anche loro geograficamente collocate nel Nord Europa. La Gran Bretagna racchiude tanti misteri: dall´origine dei megaliti e dei suoi edificatori, alle ipotesi spaziali dei Celti, dalla presenza di possibili esponenti di civiltà antidiluviane, ai racconti locali che parlano di gnomi, fate, elfi ed esseri simili. Nell´Inghilterra medioevale o quella celtica ci colpisce l´uso di possibili laser. Sebbene il mito sia presente per lo più nel folklore irlandese è possibile che anche in Inghilterra antichissimi esseri facessero scoppiare guerre con tecnologia avanzata su quelle che saranno le contee inglesi. Si parla di esseri, come i Fomor e i Thuata de Dannan, capaci di sprigionare fulmini da un occhio posto sulla fronte; a una rilettura, è possibile pensare a dispositivi simili a caschi, capaci di lanciare proprio laser. Si fa poi riferimento a una serie di mezzi di spostamento degli Dei come la barca senza vele del mago dell´Isola di Man o del carro nero della dea Badb ,si racconta del re Bran che usava un veicolo che non sfiorava mai l´acqua e di numerosi veicoli ancora come la freccia di Apollo che il sacerdote Abaris usava per spostarsi in aria. Che dire poi del riferimento ai dragoni rossi che sfrecciavano nei cieli dell´Inghilterra da poco divenuta Anglosassone? Si narra infatti nelle Cronache Anglosassoni:

"Luci abbaglianti si mostrarono nei cieli di Northumbria nel 793 e lampi terrificanti scossero gli abitanti e si videro draghi rossi volare nell´aria".

Astronavi viste come draghi nell´Inghilterra Alto Medioevo? Sembra proprio di sì, e non rimarremo a mani vuote cercando altre cronache di avvistamenti di presunti veicoli scambiati per angeli, diavoli, santi e quant´altro nei cieli dell´Europa medioevale. Interessante sarebbe poi accennare a una tradizione delle lontane Faer Or, dove si raccontava di un misterioso popolo di grigi abitanti il mondo sotterraneo, in perenne lotta con il popolo degli gnomi. I poteri dei grigi hanno fatto sospettare a una loro similitudine con gli alieni alfa, ovvero i noti grigi: anche in questo sperduto luogo si fecero vedere diventando parte del folklore locale?

Nella vicina Irlanda dove le radici culturali celtiche si sono mantenute di più rispetto a qualsiasi luogo della Terra, scorgeremo più o meno gli stessi enigmi presenti in Gran Bretagna; ci colpisce il riferimento a veri e propri guerrieri divini in possesso di una tecnologia a dir poco fantascientifica. I conosciutissimi Fomor con l´occhio di Balor, i Thuata de Dannan con armi sofisticate come quelle capaci di scovare il nemico ovunque si nascondesse, le loro note lance solari usate anche da un certo Lugh; che dire poi dell´eroe celtico irlandese Cu-Chulain, con la lancia di luce Gaelbog, la cui forza si era manifestata già in tenera età (un altro fanciullo divino abbandonato sulla Terra?). È molto probabile che le isole Britanniche abbiano fatto parte di un'antica civiltà scomparsa. Diversi simboli religiosi incisi su rocce o ancora presenti nelle incisioni delle chiese anglosassoni medioevali così simili a certi simboli presenti nell´arte dell´Europa meridionale hanno portato a pensare che a un certo punto l´Europa abbia conosciuto un vero e proprio arrivo di genti di un´antichissima civiltà. Qualche esempio? Nell´isola di Man ad esempio la trinacria, il simbolo a tre gambe, rappresenta il mago omonimo; questo simbolo è uguale alla trinacria siciliana la quale, rispetto a quella del nord, include al suo interno il volto di medusa, il mostro anche lei in possesso di poteri anomali, quali la capacità di pietrificare gli uomini. La parola Thuata de Dannan ha un corrispettivo con l´anonimo popolo Shardana, che avrebbe potuto introdurre presso gli Egizi e gli Ebrei lo Shamir, il laser omonimo simile a quello lanciato dagli eroi irlandesi e anglosassoni e simile a sua volta a quello di Medusa. Che dire poi delle stele scandinave, anche loro rappresentanti misteriosi esseri monocchio, quella stilizzazione dell´occhio capace di cose tremende come l´occhio di Balor.

Tutti questi parallelismi vogliono forse accennare a un´antichissima razza, magari proveniente dall´ipotetica Atlantide o perché no da un pianeta lontano, che a un certo punto invase l´Europa utilizzando apposite armi laser? Sembrerebbe proprio di sì e tutti gli eroi o figure mitiche dal Mediterraneo all´Europa del Nord sembrano confermalo. Scendendo di nuovo nell´Europa continentale arriveremo in Bretagna, regione francese ricca di megaliti di origine sconosciuta. Molti si domandano ancora come sia stato possibile "mettere su" queste enormi pietre, visto la misera tecnologia dell´epoca, e come sia stato possibile incidere le misteriose corone solari che qui, nei megaliti della Bretagna, sembra abbondare. Si tratterrebbe di incisioni con misteriosi raggi identificate appunto come stilizzazioni di raggi solari: chi le incise e con che cosa?Alcune leggende vogliono che i responsabili dei megaliti siano stati presunti giganti o un misterioso popolo della notte o anche ancora la casta dei Druidi con i loro misteriosi poteri ESP, dono di presunti uomini dello spazio o di gente di antichissimi imperi chissà come sopravvissuta e presente ancora nell´Europa del Neolitico. Dal mondo del Nord Europa ci giungono storie mitizzate di un tempo scomparso e magico, lontano e impercettibile ma tanto affascinante da rimanerne catturati :Quale è il vero segreto di queste saghe?

PASQUALE ARCIUOLO

BIBLIOGRAFIA:

Erik von Däniken, I misteri dell'archeologia. Alla ricerca di «tracce cosmiche» sul nostro pianeta, Newton & Compton;
Peter Kolosimo, Italia mistero cosmico, Sugarco Edizioni;
Borzaga Giovanna, Le più belle leggende del Trentino, Manfrini;
S. Bertino, Guida alle Alpi misteriose e fantastiche, Milano 1972;
M. Caminiti, Castelli dell´Alto Adige, Trento 1988;
L. Zeppegno, Guida ai misteri e segreti del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia;
U. Cordier, Guida ai draghi e mostri in Italia, Milano 1986;
C. Kappler, Demoni mostri e meraviglie alla fine del Medioevo, Firenze 1983;
E. A. Thompson, Una cultura barbarica: I Germani, Bari-Roma 1976;
Minutti, Mitologia tedesca, Ulrico Hoepli editore;
N. Francovich Onesti, Filologia germanica, Roma 1991;
A. M. Luiselli Fadda, Tradizioni manoscritte e critica del testo nel Medioevo, Bari 1994;
M. G. Saibene, Le lingue germaniche antiche - Origine e sviluppo, Bologna 1996;
Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici. Milano, Longanesi, 1991;
Mario Polia, Le rune e gli dèi del nord Il Cerchio, Rimini, 1994;
H. R. Ellis Davidson, Myths and Symbols in Pagan Europe, Manchester, 1988;
J. Graham, Campbell, Viking Artefacts, A Select Catalogue, London, 1980;
Domenico Comparetti, Il Kalevala o La poesia tradizionale dei Finni: studio storico critico sulle origini delle grandi epopee nazionali, Milano, Guerini, 1989;
Erla Bergendahl Hohler, Norwegian Stave Church Sculpture, Oslo-Stockholm-Copenaghen-Oxford-Boston, 1999;
Coarer, Kalondan, Gwezenn, Dana, I Celti e gli e.t., Faenza, 1976;
M. L. Sjoetedl, Dieux et Heros del Celtes;
Arbois de Jubainville, Dieux en forme d´animaux;
J. Loth, Manawyddan, fils de Llyr Les Mabinogion;
M. Green, Le divinità solari dell´antica Europa, Genova 1995;
Wernick, Gli uomini dei megaliti, Roma 1985;
Rodney Castledon, The Stonehenge People - An exploration of life in neolithic Britain 4700-2000 BC. Routledge, London 1987;
J. & C. Bord, Britannia misteriosa, Sugarco Edizioni Milano;
L. Koch, Il Beowulf, Torino, 1992;
G. Mazzuoli Porru, Manuale di inglese antico, Firenze 1977;
Ditte e Giovanni Bandini, Il fantastico mondo dei Nani;
H. Glassie, Leggende popolari irlandesi, Mondadori, Milano 1999 (New York 1985);
H. Glassie, Fate e spiriti d´Irlanda;
W. B. Yeats, Fiabe irlandesi, Newton & Compton Editori, Roma 1994;
Varvaro Alberto, Apparizioni fantastiche. Tradizioni folcloriche e letteratura nel Medioevo;
Barnay Sylvie, Specchio del cielo. Le apparizioni della Vergine nel Medioevo, Marietti;
C. Kappler, Demoni mostri e meraviglie alla fine del Medioevo, Firenze 1983;
Roberto Pinotti, Dei dallo spazio. Apparizioni religiose e intelligenze extraterrestri, Mondadori;
R. Buxton, La Grecia dell'immaginario, Firenze, La Nuova Italia, 1997;
M. Barra Bagnasco, Il culto delle acque in Magna Grecia;
Walter Raymond Drake, Gods and spacemen of Greece and Rome;
Walter Raymond Drake, Spacemen in the Middle Ages;

 http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/Ufo-nel-passato-remoto-/D8159545.html

Thor


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Thor raffigurato sul suo carro mentre brandisce il martello Mjöllnir (dipinto di Mårten Eskil Winge, 1872)




Thor (norreno Þórr, alto tedesco antico Donar, anglosassone Þūnor , faroese Tórur, svedese Tor, tedesco Donner, in danese Asator) è una delle principali divinità dei Vichinghi, noto come il dio del tuono. La mitologia norrena è ricca di racconti sulle gesta di Thor e sulla sua perenne lotta contro i giganti.



Origini mitologiche


Figlio di Odino, re degli dèi, e di Jörð, dea della terra, era il più forte degli Æsir e di conseguenza dimorava ad Ásgard, nel regno di Þrúðvangar nel castello Bilskirnir.

Mentre Odino era considerato re degli dei, il rosso Thor dalla fluente barba e dai possenti muscoli, era un po' più il dio degli uomini, infatti era molto amato dagli scandinavi, probabilmente più di Odino, tanto che i Vichinghi si definivano Popolo di Thor. Thor presentava due aspetti della personalità prominenti: il primo era quello del gigante accigliato e brutale, mentre dall'altra faccia della medaglia, emergevano la bonarietà e una rappresentazione dai contorni comici. Sua moglie, dea della fertilità,[1] si chiamava Sif, ma poco si conosce di lei a parte che avesse i capelli d'oro come il grano, fabbricati per lei dai nani dopo che Loki le aveva tagliato quelli originali. Thor ebbe molti altri amori oltre alla moglie: la gigantessa Járnsaxa partorì suo figlio Magni mentre con Sif ebbe Þrúðr e Móði; aveva anche un figliastro Ullr che era in realtà solo figlio di Sif.

Gli oggetti di Thor


La sua forza, già leggendaria, era aumentata da tre oggetti che non abbandonava mai e che lo rendevano quasi invincibile: una cintura che raddoppiava la forza di chi la indossava, un paio di guanti di ferro ed il leggendario martello Mjöllnir, strumento usato per colpire i mostri e i nemici, dal funzionamento analogo a quello di un boomerang, che simbolicamente rappresentava il fulmine e quindi il preannunciava le piogge; i contadini solevano indossare catenine con appesi martelletti proprio per ingraziarsi la divinità. Il suo mezzo di spostamento era un carro trainato da due capre (Tanngnjóstr e Tanngrisnir). Anche questi animali avevano proprietà portentose: spesso Thor quando era in viaggio li mangiava per cena visto che, conservando la pelle e le ossa, il mattino dopo sarebbero stati di nuovo vivi.

Nelle sue soventi scorrerie era spesso accompagnato da Loki. Nelle sue epiche gigantomachie, traspare il senso di una mitica iniziazione che gli consentirà, dopo aver dimostrato tutto il suo valore, di ottenere i meritati "gradi".[2]

Nel corso del Ragnarök, Thor ucciderà e sarà ucciso da Miðgarðsormr (o anche Jörmungandr), il serpente di Miðgarðr (la Terra): Thor ucciderà il serpente e, ammorbato dal suo soffio velenoso, farà solo nove passi prima di cadere a sua volta a terra morto, quasi a voler simboleggiare l'eterna lotta fra il bene ed il male.[3]


Thor con il suo martello Mjöllnir e la cintura della forza.

Epiteti


  • Ása-Þórr, che significa Thor degli Æsir, il dio più importante.
  • Öku-Þórr (Thor la guida), un riferimento al carro, trainato dalle capre magiche, col quale viaggia per la terra e per il cielo

Influenza culturale


Del mito di Thor oggi sono rimaste alcune testimonianze in alcuni nomi che derivano proprio dalla parola Thor:

  • In molte lingue germaniche il nome di Thor è identificabile come radice nel nome del giorno di giovedì: Thursday in inglese, Donnerstag in tedesco, Donderdag in olandese e Torsdag nelle lingue scandinave. Anche in finlandese, che pure non è una lingua germanica, ritroviamo Torstai.
  • La parola inglese per tuono (thunder) sembra collegata alla parola Thor poiché quando il dio colpiva qualcosa con il suo martello, si udivano rombi di tuono.[senza fonte]
  • Il nome Þor è tuttora usato come nome proprio in Islanda e nelle Fær Øer.
  • Nelle Dolomiti orientali, al confine fra il Cadore e il Friuli esiste un gruppo montuoso detto Spalti di Tóro che prende il nome dal culto dei popoli germanici che abitavano la zona per il dio Thor.[senza fonte]

Nella cultura contemporanea





  • Dalla versione 4.0.1 del software di produzione musicale Reason, distribuito da Propellerhead (casa di produzione svedese), fra i vari plug-in e strumenti virtuali presenti, è possibile selezionare un sintetizzatore polifonico chiamato appunto Thor. Le caratteristiche del nuovo sintetizzatore sono infatti la potenza dei suoni, definiti "tempestosi", proprio come i tuoni del dio mitologico.

  • Thor è uno degli dei principali dei nordici nel videogioco Age of Mythology che aiuta la raccolta di oro con il potere divino "Miniera dei Dwarf" e riducendo il costo dei Dwarf stessi.





  • Dopo i titoli di coda del film Iron Man 2 vi è una scena che mostra presumibilmente un piccolo cratere nel deserto del Nuovo Messico e l'ultima immagine ritrae il Mjöllnir il martello di Thor, poggiato a terra. È un riferimento al film Thor uscito successivamente nel 2011.

  • Thor appare anche nell'anime dei cavalieri dello zodiaco (saint seiya) durante la saga di Asgard.

  • Nella serie televisiva Buffy l'ammazzavampiri il martello di Thor è in possesso della squadra della Cacciatrice e viene usato da Buffy (alla fine della Quinta Stagione) per debilitare Glory, una Dea malvagia sopraggiunta da un'altra dimensione.

  • Tutta la mitologia scandinava è ampiamente rappresentata nel videogioco MMORPG Dark Age of Camelot. Difatti nel Reame Midgard troviamo molte citazioni riferite a Thor, la sua storia ed i suoi oggetti come per esempio il Martello di Thor, che si presenta come reliquia della forza.

  • In Italia, il nome del dio è stato assegnato al 117º corso A.U.P.C. (nato nel 1996 a Pozzuoli), e rappresentato tramite "toppa", da indossare sulle relative tute da volo.
  • Michael Myers protagonista della saga di Halloween è stato maledetto dal dio Thor, questo viene menzionato su Halloween VI

Note


  1. ^ "Miti e leggende nordiche", di Salvatore Tufano, Newton&Compton, Roma, 1995 (alla pag.56)
  2. ^ "Miti e leggende nordiche", di Salvatore Tufano, Newton&Compton, Roma, 1995 (alla pag.117)
  3. ^ "Miti e leggende nordiche", di Salvatore Tufano, ed.Newton&Compton, Roma, 1996 (alla pag.114)